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Il Foglio Rassegna Stampa
23.11.2011 Ci si può fidare della Turchia? La risposta negativa è scontata
ma alcuni 'esperti' della Farnesina sostengono il contrario

Testata: Il Foglio
Data: 23 novembre 2011
Pagina: 9
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Ci fidiamo di Erdogan? Gli esperti (e la Farnesina) rispondono»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 23/11/2011, a pag. V, l'articolo dal titolo "Ci fidiamo di Erdogan? Gli esperti (e la Farnesina) rispondono".


Recep Erdogan

Chi ha scritto l'articolo si chiede se sia possibile fidarsi della Turchia e scrive : " ci si può fidare? L’Italia è convinta di sì, spiegano al Foglio fonti della Farnesina, che confermano “pieno sostegno agli sforzi di Ankara nella crisi siriana”. ". Il fatto che Erdogan si stia muovendo contro la repressione siriana, non cambia la realtà. La mano sempre tesa all'Iran, il fatto che la Turchia non sia più, di fatto, un Paese laico, l'assenza di alcuni diritti fondamentali, come la libertà di parola, la negazione di aver perpetrato il genocidio degli armeni, il deterioramento dei rapporti con Israele. Questi sono tutti fattori che rendono impossibile considerare la Turchia un interlocutore affidabile, nè, tanto meno, appoggiare la sua adesione all'Unione Europea.
Ecco il pezzo:

Roma. La Turchia del premier Recep Tayyip Erdogan è diventata un punto di riferimento per molti popoli in rivolta del vicino oriente. Dalla Tunisia alla Libia, dall’Egitto alla Siria, le opposizioni al tiranno di turno si appellano al modello turco come fonte di ispirazione per un futuro più democratico. E l’occidente ha ripreso a domandarsi se sia possibile fidarsi di Erdogan, dopo la sua mano tesa all’Iran in cerca dell’atomica e la quasi rottura diplomatica con Israele. La svolta è arrivata con la crisi siriana, dove Ankara ha assunto un ruolo centrale nel tentativo di regime change ai danni del rais Bashar el Assad. Secondo molte fonti d’intelligence, le ultime operazioni contro il partito Baath a Damasco e contro basi dell’esercito regolare del regime sono state condotte grazie al contributo militare della Turchia. Di certo Ankara non risparmia nulla ad Assad. Il presidente, Abdullah Gül, in visita nel Regno Unito è stato intervistato dai grandi media britannici ai quali ha detto: “Non c’è più spazio per regimi dittatoriali, è indispensabile accelerare sulle riforme”. Ankara tenta così anche di “capitalizzare la rendita di posizione acquisita negli ultimi dieci anni”, spiega al Foglio Carlo Frappi, dell’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano. Come ha ricordato lo stesso Gül, la Turchia “è paragonabile a un ponte tra Europa ed Asia”, non può fare a meno di guardare all’occidente, “visto l’antico rapporto che la lega alla Nato”. Molti tra i leader occidentali, però, non sono affatto convinti che i giri di valzer di Erdogan in politica estera siano terminati. Troppe le ambiguità manifestate nel passato, troppe le alleanze sospettose intrecciate nell’ultimo decennio alla guida di quella che è stata ribatezzata “la Cina del Mediterraneo”. Gül invoca un credito di fiducia, chiede che “l’Europa consideri il potenziale della Turchia”, quanto potrebbe dare (anche in termini economici) al vecchio continente in crisi perenne. E’ un refrain che ha a lungo scandito i rapporti tra Bruxelles e Ankara, prima che la Turchia voltasse le spalle a un’Europa ostile e s’occupasse dei vicini a est. E allora: ci si può fidare? L’Italia è convinta di sì, spiegano al Foglio fonti della Farnesina, che confermano “pieno sostegno agli sforzi di Ankara nella crisi siriana”. Un appoggio pressoché incondizionato che prevede anche il “via libera all’adozione di sanzioni economiche in grado di isolare Assad”. Questi temi saranno oggetto dell’incontro tra il neoministro degli Esteri, Giulio Terzi, e il suo omologo Ahmet Davutoglu per l’VIII Foro italoturco, che si apre domani a Istanbul. “L’Italia appoggia il Consiglio nazionale siriano, e sostiene l’associazione della Turchia ai processi di consultazione sulle principali questioni mediorientali”, aggiungono dalla Farnesina. Secondo Frappi la fiducia è ben riposta: “Erdogan è un interlocutore credibile, il suo obiettivo primario è la stabilizzazione dell’area mediorientale e mediterranea” e l’Ue dovrebbe cogliere al volo l’occasione. Ma non lo fa, perché la Turchia non si è rivelata così affidabile, non sempre almeno. Eppure anche Hugh Pope, membro dell’International Crisis Group e grande conoscitore della Turchia, sostiene che, “nonostante la volontà del premier turco di mantenere una linea indipendente sulle grandi questioni di politica estera, alla fine rimane pur sempre un leader pragmatico e politicamente vicino agli Stati Uniti”. Bisogna fidarsi di Erdogan anche perché “di fatto la Turchia indica ai popoli mediorientali molti valori propri dell’Unione europea”. Dunque, una stretta alleanza con Ankara potrebbe essere utile a un’Europa alla continua ricerca di legittimazione internazionale. “Erdogan – aggiunge Pope – è un leader con cui vale la pena di cooperare, ma che mai si piegherà ai diktat occidentali”. Non è un alleato malleabile, insomma. Ma molti sostengono che non sia nemmeno un alleato, che Erdogan faccia una politica indipendente di leadership regionale, a seconda degli interessi da difendere. Oggi gli interessi sono vicini a quelli occidentali, domani chissà.

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