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La Stampa Rassegna Stampa
23.11.2011 Tel Aviv Fashion Week, la moda italiana si lega a quella israeliana
Cronaca di Antonella Amapane

Testata: La Stampa
Data: 23 novembre 2011
Pagina: 29
Autore: Antonella Amapane
Titolo: «Terra promessa per la moda a caccia di talenti»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 23/11/2011, a pag. 29, l'articolo di Antonella Amapane dal titolo " Terra promessa per la moda a caccia di talenti".


Yaniv Persy, Sasson Kedem

Israele crede nella moda. E all’improvviso il cappotto ricamato oro del rabbino ultraortodosso Ovadia Yosef diventa super trendy; il kibbutz fonte d’ispirazione e Golda Meir un’icona di eleganza.

La prima fashion week organizzata a Tel Aviv esalta le sue radici e si lega a doppio filo con l’Italia facendo imbufalire i francesi. Grazie alla nostra ambasciata ha firmato con la Camera Nazionale della Moda una collaborazione che prevede l’arrivo degli stilisti israeliani sulle passerelle milanesi oltre a scambi e stage per i nuovi talenti (lo Shenkar Institute, dove ha studiato anche Alber Elbaz, è una delle scuole più prestigiose al mondo dopo quella di Anversa e la St. Martin School). Poi, come padrino della kermesse ha scelto Roberto Cavalli che con questa terra ha un debito di riconoscenza. «Ci vengo dal ‘74. Tutto è cominciato per via di una fidanzata (ex miss). Mi ha portato fortuna, qui ho trovato i miei collaboratori più validi che ancora oggi lavorano con me. Da Tamara Jones a Victor Belaish. E mi guardo intorno per trovarne altri fra questi giovani molto creativi e con un’ottima conoscenza della sartorialità».

Promesse da pescare nel vivaio di emergenti che lo stilista fiorentino ha tenuto d’occhio assistendo ad alcuni show come un semplice spettatore. Assediato, però, come una rock star a ogni passo, tempestato di domande anche sulla sulla sua vita privata. Tre giorni intensi, orchestrati dall’imprenditore Lev Otfir, con 18 défilé alla vecchia stazione turca Tahanà, consumati sotto i tendoni montati sui binari dismessi, 100 giornalisti di settore arrivati da tutto il mondo e un migliaio fra compratori, studenti e celebrity locali. Exploit di un settore fatto di piccole realtà (tutto prodotto nei laboratori locali) che vuol espandersi su altri mercati e ha un giro d’affari di 150 milioni di dollari l’anno.

Fra le griffe più interessanti cinque sono da non perdere di vista.

Ispirazione ortodossa Doppio ruolo, attrice e stilista per Dorin Bar Or, una rossa tutto pepe che ha debuttato con la linea «Pas Pour Toi», gioco di parole usato per non svelare alle amiche chi ha firmato l’abito che s’indossa. Ispirazione bizzarra: «Il guardaroba del rabbino integralista Ovadia Yosef total black con ricami oro cuciti dal gruppo di donne ortodosse che serve il religioso. Lo trovo il massimo dello chic» Ma non solo: su questo mood s’innesta lo stile Callas d’Egitto, pantaloni cappe e abiti citano lo stile etnico di Um Kultum quando cantava vestita da berbera. «Condito però da quel guizzo mascolino e severo della mia musa, Golda Meir», racconta la stilista che vende i suoi capi a Firenze da Luisa via Roma e vuole un negozio a Milano.

Chi sono le personalità in platea? Ad applaudire lo show bon ton di Frankfurt in prima fila c’è un’ultranovantenne corteggiatissima dai flash. E’ Ruth Dayan, prima moglie di Moshe. Spiritosa, racconta che con la moda ha sempre flirtato. Negli Anni ‘60 per il Ministero del lavoro cercava in Medio Oriente il meglio di accessori, abiti e gioielli che poi venivano etichettati con il brand «Mazkit».

Profumo di kibbutz Eccentrica (nella sua boutique c’è il manifesto di Rabin) e carissima (nulla sotto i mille euro) Tovale ha vissuto tanti anni nel kibbutz Mishmarot, a nord di Israele. E quella realtà le è rimasta nel cuore. «Non credo nel sexy, le uniformi sono più pratiche e femminili - basta farle con tessuti meravigliosi - nei kibbutz nascevano continuamente straordinarie storie d’amore senza tante civetterie», spiega la creativa anti-velina con la stella di David tatuata sul viso. E pare che abbia ragione a giudicare dal successo che ha fra le donne impegnate.

Dal gotico al curvy Nero come il carbone, ossessionato dalle code di pesce che diventano segno caratteristico di frac e abiti sirena, Yaniv Persy è un dark intorcinato che piace alle giovani. Ex collaboratore di Cavalli, Galliano e Elbaz l’inguaribile romantico sogna di sbarcare in Italia. Il black imperversa anche da Yossef, lo stilista più glamour in zona. Ha anche disegnato il packaging di sigarette, gomme da masticare, lattine di Pepsi e ha collaborato con la Fiat. Veste cantanti e attrici con borchie e pelle nera, molto american gothic, ma ha anche un debole per le stampe stile Cavalli. Le sue fan? Magre come acciughe. Le curvy preferiscono Sasson Kedem che, avendo vestito una moglie in carne ha dimestichezza con le forme generose, è capace di ironizzare con ampi tagli Japan, usa tessuti economici da lavare e non stirare che vanno alla grande fra le sessantenni.

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