Assad arrogante, continua a massacrare i suoi cittadini, non bada alle deboli proteste di una Lega Araba che non conta nulla, respinge gli osservatori, mentre la reazione dell'Occidente e caratterizzata dalla solita parola: assenza.
Riprendiamo una agenzia dalla STAMPA, di oggi, 21/11/2011, a pag.5, e dal CORRIERE della SERA, a pag.3, il commento di Guido Olimpio
Per una analisi completa della Lega Araba, ecco il link al pezzo di Mordechai Kedar, uscito il 19/11 su IC:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=42332
La Stampa- " Il piano della Lega Araba: No della Siria agli osservatori, violazione della sovranità "
La Siria ha minimizzato l’ultimatum imposto dalla Lega Araba - che minaccia Damasco di sanzioni se non cesserà la repressione delle proteste - ritenendo ancora possibile un accordo con l’organizzazione panaraba: lo ha detto il ministro degli Esteri siriano, Walid Muallem. «Non riteniamo l’ultimatum una questione importante, è importante il contenuto e conta giungere a un accordo con la Lega Araba», ha spiegato in conferenza stampa. In precedenza Muallem aveva respinto la proposta della Lega Araba dell’invio di 500 osservatori per verificare la situazione sul terreno, in quanto «comprende degli articoli che riflettono le posizioni non equilibrate adottate de alcuni Stati membri dall’inizio della crisi». Secondo Muallem il protocollo proposto dalla Lega «dà agli osservatori prerogative troppo ampie, che possono arrivare fino alla violazione della sovranità nazionale»: «Nella storia delle organizzazioni regionali non vi sono precedenti di un'organizzazione che lavori contro uno dei suoi Stati membri», ha concluso.
Corriere della Sera-Guido Olimpio: " Siria sull'orlo della guerra civile, razzi contro la sede del partito di Assad "
WASHINGTON — Gli americani avvertono che la Siria sta scivolando verso la guerra civile mentre il regime lo nega. Ma le notizie fanno pensare che il Paese abbia ormai raggiunto il punto di non ritorno. L'opposizione ha aumentato le incursioni nelle città. Con agguati alle forze dell'ordine e attacchi contro luoghi simbolo. Dopo aver colpito la sede dei servizi segreti dell'aviazione, è toccato agli uffici del Partito Baath (al potere) in uno dei quartieri più protetti di Damasco. Un commando, forse arrivato in moto, ha lanciato una granata assordante e tirato dei razzi anticarro. Pochi i danni ma grande l'effetto propagandistico. Tanto è vero che il ministro degli Esteri siriano Walid Muallem ha dapprima smentito l'attentato ma poi lo ha confermato indirettamente. Lo stesso esponente governativo, sottolineando la gravità del momento, ha affermato: «Se ci vogliono costringere a combattere, combatteremo». Discorsi bellicosi comparsi anche in un'intervista del presidente Bashar Assad. Dopo aver versato lacrime di coccodrillo — «Sono addolorato per lo spargimento di sangue» —, ha ribadito la sua intenzione di «resistere».
La parole del regime si rispecchiano nei comportamenti sul terreno. Damasco ha finto di accettare il piano per l'invio di osservatori, poi ha opposto una serie di emendamenti respinti dalla Lega araba. E sabato è scaduto l'ultimatum lanciato dalla stessa Lega sulla fine della repressione. Il governo oppone il suo muro anche se sostiene che vi sarebbero ancora margini di trattativa. Alla pressione diplomatica segue quella degli insorti che agiscono su più fronti. A Nord ci sono gli elementi dell'Esercito libero siriano — composto da disertori — che beneficiano dell'appoggio turco. A Sudovest operano altri nuclei che hanno le loro basi nelle zone di confine libanesi. Sono ancora realtà minori che tuttavia guadagnano punti con il trascorrere dei giorni. In queste condizioni i pericoli di una lotta tutti contro tutti sono concreti. Quanto avviene ad Homs ne è la dimostrazione. Uno scontro militari-ribelli accompagnato da molte faide, anche etniche.
Non si contano più le sparizioni, i rapimenti, gli omicidi compiuti da diverse fazioni. Nelle strade sono comparsi diversi cadaveri decapitati. Il timore di molti osservatori è che Damasco non abbia più la capacità di imporre il suo ordine ma che neppure i ribelli (da soli) possano sperare di prevalere. Uno scenario che inquieta molti perché significa instabilità perenne e soddisfa, invece, chi spera che la Siria resti imbrigliata nei suoi problemi e non sia più in grado di fare da sponda all'Iran.
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