Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 16/11/2011, a pag. 50, la risposta di Sergio Romano dal titolo " L'Iran e l'arma nucleare. Le reazioni di Israele ".
Sergio Romano, Mahmoud Ahmadinejad
Sergio Romano esprime perplessità circa il grado di avanzamento del programma nucleare iraniano : "Mi chiedo ancora, d'altro canto, se i progressi fatti in questi ultimi tempi permettano davvero a Teheran di possedere un ordigno fra un paio d'anni. ". Il dossier pubblicato dall'AIEA non lascia spazio a molti dubbi, ma Romano scrive : "nel dicembre del 2007, il «National Intelligence Estimate» (un rapporto preparato dall'organismo che raggruppa i Servizi di spionaggio e controspionaggio degli Stati Uniti) ci ha fatto sapere, con grande stupore di tutti gli osservatori internazionali, che l'Iran aveva rinunciato sin dal 2003 al suo programma nucleare militare. Dobbiamo credere a questo rapporto o a quello recente dell'Agenzia Internazionale dell'energia atomica?". Che cos'è più affidabile, il dossier dell'Aiea pubblicato da pochi giorni che mette in rilievo anche gli esperimenti condotti in passato, grazie all'aiuto di El Baradei, o un dossier vecchio di 4 anni?
Romano continua e arriva a sostenere che probabilmente il nucleare iraniano viene utilizzato da Israele per sviare l'attenzione dalla questione palestinese : "Dopo lo scoppio delle rivolte arabe, lo Stato d'Israele è più isolato, quindi più insicuro, e teme che i prossimi governi della regione si occuperanno della questione palestinese molto più di quanto non abbiano fatto i loro predecessori. Il dibattito sulla possibilità di un attacco preventivo contro i siti iraniani servirebbe quindi a creare una maggiore attenzione per i suoi timori. ".
Quindi che cosa dovrebbe fare l'Occidente? Restare fermo e aspettare che l'Iran entri in possesso di ordigni nucleari pronti da puntare contro Israele?
E' meglio permettere agli ayatollah di diventare una potenza nucleare, facendo sì che tutti gli Stati limitrofi che ancora non l'hanno fatto, inizino una corsa al nucleare per tutelarsi?
Romano continua : "Un'ultima osservazione. Si combatte in Iran, ormai da parecchi mesi, una battaglia politica fra il presidente Ahmadinejad e la guida suprema, l'Ayatollah Khamenei, sostenuto dalla potente organizzazione dei guardiani della rivoluzione. Mentre il primo sembra oggi più disponibile a un'intesa con l'Occidente, i pasdaran pensano che una maggiore tensione internazionale gioverebbe alla loro battaglia politica.". Ahmadinejad sarebbe incline a trovare un'intesa sull'Occidente? Basta ascoltare uno qualunque dei suoi discorsi per rendersi conto che la realtà è ben diversa. Ahmadinejad ha un unico obiettivo, e non manca mai di specificarlo tutte le volte che apre bocca in pubblico. In Iran, di recente, è stato approvato un provvedimento che stabilisce che chiunque viaggi in Israele deve scontare 5 anni di carcere. Questo sarebbe il segnale che Ahmadinejad vuole un'intesa con l'Occidente?
Ecco lettera e risposta:
Stando ai media occidentali, l'Iran è pronto a colpire Israele ed è capace, già adesso, di produrre almeno quattro ordigni nucleari, un numero che è indubbiamente sufficiente a sterminare i pochi milioni di ebrei residenti oltreconfine. Per raggiungere il cuore d'Israele sono sufficienti poche centinaia di chilometri. Israele, che secondo alcune stime ha a sua disposizione circa cinquanta testate, per parte sua tace e prepara, a quanto pare, un attacco preventivo contro Teheran. In tutto ciò è realmente difficile distinguere il piano della propaganda da quello della realtà. Si spera che la distinzione sia sostanziale: in un momento di grande crisi economica quale quello corrente, una deflagrazione in Medio Oriente sarebbe pericolosissima: il prezzo delle materie prime schizzerebbe verso l'alto e l'instabilità politica indurrebbe un'ulteriore stretta del credito. Che cosa sarà in grado di decidere il Consiglio di Sicurezza di fronte a tutto questo?
Giorgio Prosperi
giulio.prosperi@email.it
Caro Prosperi,
In un mondo dove le potenze nucleari sono ormai numerose, vale ancora, come all'epoca della guerra fredda, la regola dell'equilibrio del terrore. L'arma atomica non serve a colpire un nemico che potrebbe, all'occorrenza, reagire con le proprie armi o contare, come nel caso di Israele, su quelle di un potente alleato. È un deterrente che rafforza la sicurezza del proprietario e che lo rende politicamente meno vulnerabile. Dobbiamo cercare di impedire che l'Iran disponga di un ordigno nucleare per evitare che la voglia dell'arma si propaghi attraverso la regione e contribuisca a renderla ancora più instabile e febbricitante. Ma la prospettiva di un attacco iraniano contro Israele (anch'essa potenza nucleare) sembra alquanto improbabile.
Mi chiedo ancora, d'altro canto, se i progressi fatti in questi ultimi tempi permettano davvero a Teheran di possedere un ordigno fra un paio d'anni. Nell'ultimo decennio siamo stati bombardati da una lunga serie di previsioni basate su calendari molto diversi. Poi, nel dicembre del 2007, il «National Intelligence Estimate» (un rapporto preparato dall'organismo che raggruppa i Servizi di spionaggio e controspionaggio degli Stati Uniti) ci ha fatto sapere, con grande stupore di tutti gli osservatori internazionali, che l'Iran aveva rinunciato sin dal 2003 al suo programma nucleare militare. Dobbiamo credere a questo rapporto o a quello recente dell'Agenzia Internazionale dell'energia atomica? Qualcuno comincia a pensare che questa improvvisa riapparizione dello spauracchio iraniano sul palcoscenico internazionale risponda a intenzioni e strategie politiche. Dopo lo scoppio delle rivolte arabe, lo Stato d'Israele è più isolato, quindi più insicuro, e teme che i prossimi governi della regione si occuperanno della questione palestinese molto più di quanto non abbiano fatto i loro predecessori. Il dibattito sulla possibilità di un attacco preventivo contro i siti iraniani servirebbe quindi a creare una maggiore attenzione per i suoi timori. Gli Stati Uniti lo considerano troppo rischioso e si sono già espressi pubblicamente in questi termini con le dichiarazioni del loro segretario per la Difesa. Ma pensano che il miglior modo per ostacolare il programma nucleare iraniano sia quello di rafforzare le sanzioni e, se possibile, sabotarlo. L'attacco cibernetico, sferrato nelle scorse settimane contro uno dei maggiori siti dell'Iran, ha provocato l'esplosione di parecchie centrifughe e potrebbe avere la paternità congiunta di Israele e degli Stati Uniti.
Un'ultima osservazione. Si combatte in Iran, ormai da parecchi mesi, una battaglia politica fra il presidente Ahmadinejad e la guida suprema, l'Ayatollah Khamenei, sostenuto dalla potente organizzazione dei guardiani della rivoluzione. Mentre il primo sembra oggi più disponibile a un'intesa con l'Occidente, i pasdaran pensano che una maggiore tensione internazionale gioverebbe alla loro battaglia politica. Un attacco israeliano contro l'Iran è probabilmente il fattore che maggiormente contribuirebbe alla loro vittoria.
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