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Il Foglio Rassegna Stampa
15.11.2011 Israele: bloccare i finanziamenti esteri alle Ong superiori ai 5200$ l'anno
Approvato il disegno di legge per difendersi dalla delegittimazione

Testata: Il Foglio
Data: 15 novembre 2011
Pagina: 3
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Israele contro il 'cavallo di Troia'. Basta fondi esteri alle ong»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 15/11/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Israele contro il 'cavallo di Troia'. Basta fondi esteri alle ong".

Roma. Se il disegno di legge appena approvato dal gabinetto del primo ministro Benjamin Netanyahu non sarà annullato dalla Corte suprema, Israele potrà bloccare i finanziamenti esteri alle ong per cifre superiori a 5.200 dollari all’anno. Il governo israeliano ha concepito questo disegno di legge come la mossa di reazione più dura contro la delegittimazione dello stato ebraico, assieme alla norma approvata lo scorso luglio che proibisce a enti o cittadini israeliani di prendere parte al boicottaggio.
La sinistra, anche con Tzipi Livni di Kadima, parla di “attacco alla democrazia”. Netanyahu si difende chiamando queste ong “cavalli di Troia”. E non è soltanto la formazione nazionalista a difendere l’iniziativa di legge. Anche il maggiore giornalista israeliano, Nahum Barnea, noto per le sue prese di posizione moderate e per essere un avversario di Netanyahu, ieri ha scritto che “non soltanto i conservatori, ma ogni israeliano è a disagio quando Norvegia, Inghilterra e Unione europea finanziano gruppi all’interno dei confini israeliani. Soldi che puzzano come il pesce”.
Politicamente però Netanyahu rischia molto, visto che anche quattro ministri hanno votato contro la legge, compresi Benny Begin e Dan Meridor. Sul giornale Yedioth Ahronoth Hagai Segal ha ironizzato così: “Se l’Olanda avesse donato un milione di euro per la ricerca israeliana sul cancro, non avremmo detto niente”. Il punto è che quel denaro ha una finalità politica, dice il governo Netanyahu. L’attenzione infatti è cresciuta dopo il fatidico rapporto Goldstone sulla guerra a Gaza, quando emerse che il novanta per cento delle accuse per “crimini di guerra” contro Israele arrivava da organizzazioni non governative israeliane finanziate interamente da paesi stranieri.
I gruppi tacciati di slealtà verso Israele alla Knesset comprendono nomi molto noti alla stampa europea come B’Tselem, Yesh Din, Breaking the Silence, Adalah e Yesh Gvul. Milioni di euro ogni anno sono elargiti da Bruxelles a ong che boicottano, demonizzano e incitano alla delegittimazione d’Israele. Il principale strumento di Bruxelles per incanalare il denaro è il Partnership for Peace. Ne beneficiano il Laje’oon Center, che ha ricevuto 249 mila euro per lottare a favore della “Gerusalemme araba”. Oppure gli EcoPeace Friends of the Earth Middle East, con sede a Gaza, un budget di 400 mila euro e l’obiettivo di abbattere la barriera di sicurezza israeliana. Centinaia di migliaia di euro finiscono nelle tasche di Machsom Watch, che bolla Israele come “puro razzismo e crudeltà”.
Il Palestinian Center for Human Rights ha ottenuto 300 mila euro e giustificato il rapimento di Gilad Shalit come atto di “resistenza”. “Molto di questo denaro europeo è usato per promuovere una guerra legale asimmetrica come boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni”, dice Gerald Steinberg, direttore di Ngo Monitor, una ong promotrice del disegno di legge. “Dobbiamo limitare la capacità di governi stranieri di manipolare (mediante i fondi alle ong, ndr) la politica interna di Israele e di minarne la legittimità internazionale”, affermano gli autori del rapporto, firmato dalla associazione Ngo Monitor che si avvale di noti esperti, fra cui l’ex ministro della Difesa Moshe Arens e dell’attuale vice primo ministro Moshe Yaalon.
La pubblicazione del rapporto “cavallo di Troia” ha spinto lo stesso ministro Yaalon a dichiarare che Peace Now “è un virus che provoca danni molti gravi” a Israele. Il bilancio di B’Tselem per esempio è garantito al 27 per cento da Unione europea, Olanda, Norvegia e Gran Bretagna. La coalizione delle “Donne per la pace” riceve fondi europei per mandare avanti il sito web “Who Profits?”, che denuncia corporazioni israeliane e internazionali “coinvolte nell’occupazione”. Attraverso queste organizzazioni, paesi stranieri pagano annunci pubblicitari sui giornali israeliani, provvedono alle parcelle di avvocati nei casi portati alla Corte suprema per questioni legate alla barriera di sicurezza o per il trattamento di terroristi e finanziano valanghe di prese di posizione portate all’Onu per ottenere la condanna di Israele.

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