C'è un vecchio discorso che molti ebrei si sono sentiti rivolgere spesso, più o meno di questo tenore: "vabbe', siete stati perseguitati, i nazisti vi hanno sterminati, nella storia siete spesso stati espulsi da molti stati, ci sono stati l'Inquisizione, i pogrom eccetera. Ma se tutti ce l'hanno con voi, ci sarà pure una ragione, no? La colpa non può essere che vostra..." E' un discorso disarmante, che trasforma le vittime in colpevoli, come accade spesso anche in altri casi, per esempio con le donne violentate. E' degno di nota che parecchi ebrei abbiano in qualche modo introiettato questa accusa, cercando di emendarsi da queste colpe: odiando l'ebraismo e tutto sommato se stessi come Simone Weil e Otto Weininger, convertendosi, o in casi meno estremi prendendo il cappello dell'universalismo progressista e facendosi implacabili accusatori del loro popolo, come tanti ebrei di sinistra oggi.
La variante contemporanea di questo ragionamento è "Israele è isolata, non è mai stata tanto isolata come oggi. Ha nemici dappertutto. Dunque la colpa è sua o del suo governo, che non ha fatto quel che poteva per evitare di mettersi in questa posizione, per esempio nei confronti della "primavera araba". E' il discorso che trovate in tanti editoriali della stampa e per esempio nel numero monografico della "rivista italiana di geopolitica" "Limes" attualmente in vendita, dedicato a Israele. Contiene una trentina di articoli, quindi c'è di tutto, anche qualcosa di buono, come i saggi di Mordechai Kedar sul futuro della Siria e quello di Ofir Haivry, che smonta il pessimismo demografico secondo cui la maggioranza della popolazione in Israele è destinata a passare agli arabi. Ma il refrain ossessivo è questo: "Israele è isolata, la colpa è di Israele". Perché non ha appoggiato la "primavera araba", perché non ha accettato le richieste palestinesi, perché non si è arreso alle pretese turche, perché non ha fatto quel che voleva Obama eccetera eccetera.
Sulla primavera araba, pochi oggi si fanno le illusioni che dominano nel volume di "Limes", che ha l'aria di essere stato scritto a settembre. E' abbastanza chiaro oggi che l'arrivo della democrazia a seguito delle rivolte arabe era wishful thinking, qualla forma di autoillusione che si chiama "pensiero desiderante", che al meglio si tratta della sostituzione di un dittatore con un altro, al peggio della conquista del potere da parte degli islamisti, magari con una presenza pesante di terroristi e loro vicini. C'è senza dubbio da chiedersi il perché in queste terre ricche ma martoriate non possa albergare una normale convivenza civile, senza violenze. Ma questo è un altro discorso, salvo che si creda davvero che la persecuzione copta da parte della maggioranza è colpa degli ebrei (per un'analisi della situazione egiziana, in prospettiva pessima e di queste calunnie si può leggere questo bell'articolo: http://www.atimes.com/atimes/Middle_East/MJ12Ak02.html), che anche gli attentati al gasdotto che rifornisce Israele dall'Egitto sono colpa di Israele, come qualche funzionario egiziano sostiene, o che Assad sia un agente dell'"entità sionista" (http://elderofziyon.blogspot.com/2011/11/jewish-blood-libel-in-syrian-opposition.html) .
Il fatto che nel corso del tempo alcuni tradizionali alleati di Israele siano stati conquistati dall'islamismo, prima l'Iran e poi la Turchia, non ha nulla a che fare con le politiche israeliane: è una circostanza che certamente danneggia Israele ma anche tutto l'Occidente. Lo stesso rischia di avvenire con paesi che alleati non sono mai stati, ma avevano accettato lo stato quo, come l'Egitto. Ma è chiaro che le rivolte arabe non hanno avuto nulla a che fare con la questione palestinese e che a parte i terroristi in servizio permanente effettivo e i dipendenti dell'Autorità Palestinese (due gruppi di persone che non sono per nulla disgiunti) la popolazione palestinese non è stata finora particolarmente sensibile alla stagione delle proteste di piazza. Ma è inevitabile che in tempi di confusione e di conflitto il richiamo al nemico tradizionale suoni forte nelle piazze e sia usato per distrarre i manifestanti dai problemi reali, come hanno provato a fare i regimi siriano ed egiziano, ma anche a modo suo la Turchia.
Israele non è certo più isolato oggi di quanto lo fosse durante gli anni delle guerre di sterminio arabe, o durante quelli del terrorismo palestinese puro e duro, quando per prendere esempio dall'Italia, le complicità si estesero fino ai livelli più alti del paese; o durante la "seconda intifada". Si è solo raffinata ed estesa sul piano diplomatico la strategia palestinese. Ma non sono certo nuovi gli intellettuali più o meno geopolitici, o i giornalisti come quelli di "Limes" che rimproverando al presunto isolato di esserlo riproducono contro Israele i vecchi schemi di colpevolizzazione applicati da sempre agli ebrei.