lunedi` 21 aprile 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



Clicca qui






Corriere della Sera Rassegna Stampa
13.11.2011 La Lega Araba sospende la Siria per la sanguinosa repressione dei manifestanti
come se gli altri Paesi che la compongono fossero democratici

Testata: Corriere della Sera
Data: 13 novembre 2011
Pagina: 20
Autore: Cecilia Zecchinelli - Guido Olimpio
Titolo: «Svolta alla Lega araba. La Siria in quarantena - E la 'capitale dei ribelli' aspetta l'assalto finale»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 13/11/2011, a pag. 20, gli articoli di Cecilia Zecchinelli e Guido Olimpio titolati " Svolta alla Lega araba. La Siria in quarantena " e " E la 'capitale dei ribelli' aspetta l'assalto finale ".

La Lega araba sospende la Siria per la sanguinosa repressione dei manifestanti contro Bashar al Assad.
Sembra di assistere a una lite fra condomini, in cui le regole di condominio sono le stesse. Tutte dittature e in nessuna tira aria di cambiamenti democratici.
Ecco i pezzi:

Cecilia Zecchinelli - " Svolta alla Lega araba. La Siria in quarantena "


Lega Araba

Un annuncio che ha sorpreso molti. Una rara presa di posizione della Lega Araba criticata da sempre per essere sede di burocrazia inutile e profonde rivalità, «club di dittatori» anziché forum del coordinamento politico e economico per cui fu fondata nel 1945. Con 18 voti su 22, la Jami'a Al Arabiya ha approvato ieri al Cairo la sospensione della Siria da mercoledì prossimo, a causa del protrarsi della durissima repressione della rivolta che dura da marzo. Una decisione «sofferta», ha ammesso Sheikh Hamad Al Thani, ministro degli Esteri del Qatar a cui spetta la presidenza di turno e che molto ha premuto per arrivare a quel voto. «Ci hanno criticato per aver atteso a lungo, ma dovevamo avere la maggioranza per muoverci». E la maggioranza c'è stata. A favore Paesi tradizionalmente rivali di Damasco e dell'alleato iraniano, a partire dall'Arabia Saudita, ma pure Stati finora cauti nello schierarsi contro chi reprime rivolte che loro stessi stanno affrontando come l'Algeria, su cui avrebbe pesato la pressione di Parigi. Astenuto l'Iraq, contrari lo Yemen (in piena guerra civile) e il Libano (dove l'influenza di Damasco resta potente). Non ha votato la Siria, il cui rappresentante ha definito la mossa «illegale e pilotata da Usa e Europa». A Damasco la «piazza» filo-Assad ha reagito in serata saccheggiando l'ambasciata saudita e assaltando quella del Qatar, a Latakia attaccati i consolati di Francia e Turchia.
Il voto di ieri, nei dettagli, vieta al regime di Bashar Al Assad di partecipare a ogni iniziativa della Lega finché non sarà rispettato il patto del 2 novembre con la stessa organizzazione: fine delle violenze, ritiro delle forze di sicurezza dalle città, rilascio dei prigionieri, libertà d'espressione, presenza di osservatori stranieri, apertura di un dialogo nazionale. Promesse mai mantenute e finché non lo saranno gli ambasciatori dei Paesi della Lega lasceranno Damasco (ogni capitale deciderà in merito), saranno varate sanzioni «economiche e politiche» da precisare. Importante: la Lega continuerà i contatti con tutta l'opposizione siriana, invitata a un summit al Cairo già martedì, e se la violenza non si fermerà l'organismo, parola del segretario generale Nabil Al Araby, «contatterà le organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite». Un impegno cruciale, dopo che in ottobre le sanzioni dell'Onu erano state bloccate da Pechino e Mosca, che ora potrebbero rivedere la loro posizione. Gli ultimi mesi offrono un precedente: la risoluzione Onu che diede il via all'intervento Nato in Libia fu anticipata in febbraio proprio dalla sospensione della Jamahiriya dalla Lega Araba. Da mesi gli analisti e i politici sottolineano come i casi dei due Paesi siano diversi, in Siria un intervento militare internazionale è di fatto da escludere. Ma è indubbio che lo schierarsi della Lega Araba contro Assad, nonostante il suo presentarsi come «campione del nazionalismo arabo», sia una svolta cruciale: compiuta in sintonia con l'Occidente è la necessaria premessa a un vero coinvolgimento della comunità internazionale.
Da Washington a Bruxelles, passando per le maggiori capitali europee, ieri le reazioni sono state di totale adesione alla decisione presa al Cairo. «Applaudo questa tappa importante», ha dichiarato Barak Obama, mentre Catherine Ashton, capo della diplomazia europea, esprimeva il «pieno sostegno della Ue», che domani a Bruxelles riunirà il Consiglio Esteri per approvare nuove sanzioni anti-Damasco. Dalla Farnesina, e dalle diplomazie di Parigi, Berlino sono inoltre arrivati espliciti appelli all'Onu perché il suo Consiglio di Sicurezza segua l'esempio della Lega Araba, che almeno questa volta non ha deluso.

Guido Olimpio - " E la 'capitale dei ribelli' aspetta l'assalto finale "


Bashar al Assad

WASHINGTON — Gli oppositori siriani difendono in modo strenuo Homs, la terza città del paese assediata dal regime. Un luogo che potrebbe diventare il simbolo di un martirio e indurre la comunità internazionale ad una reazione più vigorosa. Homs come la libica Misurata, capace di tenere testa ai gheddafiani (con l'ombrello Nato) e poi diventata una delle protagoniste della «rivoluzione». Infatti, l'opposizione siriana non si stanca di denunciare i massacri quotidiani compiuti dai governativi. Un cappio soffocante che rischia di stringersi in modo inesorabile. Fonti arabe e un rapporto segnalato dal centro studi americano «Stratfor» avvertono che Bashar Assad prepara l'assalto finale a Homs. Gli ufficiali che hanno le loro famiglie in città sono stati invitati a farle partire mentre nuovi reparti della Guardia Repubblicana, appoggiati dalla milizia civile, sono in posizione. I quartieri più turbolenti sono già stati circondati da quasi 50 sbarramenti fissi e unità speciali hanno condotto diversi raid.
Il presidente siriano — affermano gli osservatori — è impegnato in una scommessa. Schiantare Homs senza che questo provochi una risposta internazionale vera. Una strategia sul filo dell'equilibrio con molte incognite. Il regime, pur essendo ancora in controllo, è rimasto sorpreso dalla tenacia di Homs. Più volte ha cercato di battere gli oppositori ma ogni volta è stato bloccato. Merito della coesione degli abitanti — in gran parte sunniti —, dell'organizzazione di gruppi armati che rispondono agli attacchi e dello spirito di questa città di 2 milioni di abitanti. Oltre a fare da bastione, è diventata anche un santuario per dozzine di soldati che hanno disertato. E con il passare delle settimane la città è diventata anche teatro di una lunga serie di omicidi. Sono caduti personaggi rimasti fedeli al potere così come dei dissidenti. Delitti a volte oscuri e che hanno fatto pensare anche a delle provocazioni. Uno stato di cose — spiegano gli analisti — che Bashar Assad non può più tollerare. Ed ecco la possibile offensiva. Il presidente si è convinto che la diplomazia sbraiterà, forse adotterà altre sanzioni ma non ha stomaco e voglia per un intervento.
Il dittatore, che continua a godere dello scudo diplomatico russo e dell'aiuto iraniano, è però molto attento alle mosse della Turchia, il Paese che più di tutti si è esposto in favore dell'opposizione. Ankara ha aperto le porte all'Esercito libero siriano — formazione di disertori — ed ha minacciato la creazione di una fascia-cuscinetto di trenta chilometri in terra siriana. Dichiarazioni forti accompagnate da gesti prudenti. Anche per Ankara gestire l'emergenza è una scommessa insidiosa. I turchi sono convinti che se la guerriglia curda del Pkk ha ripreso vigore è grazie anche all'assistenza dei servizi siriani. Preoccupano gli attacchi in grande stile, il ritorno delle azioni suicide e gesti dimostrativi come quello del traghetto dirottato. Segnali di un piano ben concertato. Alzare l'impegno in Siria può voler dire un inasprimento del conflitto con i separatisti curdi, abili nello sfruttare le rivalità regionali. Inoltre, poiché siamo una delle cerniere geografiche del mondo, le implicazioni sono più ampie. A metà ottobre sono arrivati nella base di Incirlik (Turchia) 4 velivoli senza pilota americani che spieranno i movimenti del Pkk e forniranno — anche se con una complessa catena di comunicazione — dati cruciali ai turchi. Una presenza che combina l'assistenza di Washington ad Ankara con la possibilità di avere mezzi da ricognizione adeguati in un'area critica. La Siria, in fondo, non è troppo lontana.

Per inviare la propria opinione al Corriere della Sera, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@corriere.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT