Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 11/11/2011, a pag. 21, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " L’ex presidente Katzav verso il carcere ".
L'ex presidente israeliano Moshe Katzav è stato condannato a sette anni di carcere per stupro.
Così funziona una democrazia, chi compie un crimine viene processato, ha diritto a una difesa e, se riconosciuto colpevole da una corte, sconta la pena. Così funziona in Israele, senza guardare in faccia a nessuno.
Ecco l'articolo:
Moshe Katzav
Con una sentenza puntigliosa e molto argomentata la Corte Suprema di Gerusalemme ha ieri completamente respinto il ricorso dell'ex capo di Stato Moshe Katzav, condannato a marzo per stupro, e ha confermato la pena di sette anni di carcere, che inizierà a scontare il mese prossimo.
Israele ha seguito col fiato sospeso la fase finale del dramma e, con la lettura della sentenza, sono emerse due sensazioni diverse. Quella di «profonda tristezza», espressa dai tre giudici della Corte Suprema, nel constatare la tragica caduta di Katzav dall’Olimpo della politica nazionale alla cella di un penitenziario. Ma anche quella della leader di Kadima Tzipi Livni, secondo cui Israele prova «grande orgoglio» nel constatare che le sue istituzioni sono determinate ad estirpare la violenza contro le donne, «senza guardare in faccia nessuno».
In Israele Katzav (66 anni) sarà ricordato come la vittima di un clamoroso boomerang lanciato in aria da lui stesso nel luglio 2006 quando (ancora nella carica di capo dello Stato) convocò con urgenza il consigliere legale del governo Menachem Mazuz nella propria residenza per denunciare di essere «vittima di un tentativo di estorsione». Mazuz fu così sospinto ad indagare sulla responsabile dell'ufficio di Katzav (O. V., così è citata sui giornali ) che, in apparenza, pretendeva una somma considerevole per non denunciare asserite violenze sessuali.
Mazuz si rimboccò le maniche, ma di fronte a lui comparve una realtà raccapricciante: le denunce per molestie e anche violenze sessuali erano condivise da almeno quattro ex dipendenti di Katzav. Altre ancora si riferivano a periodi ancora più remoti. Da principio elaborò un atto di incriminazione nei suoi confronti. Poi però Mazuz fu colto da incertezza e gli gettò una ciambella di salvataggio nella forma di un accordo di patteggiamento. Katzav doveva ammettere molestie minori, accettando così una dose di imbarazzo e una ammenda.
Era il giugno 2007, e in quella occasione - dice il suo difensore Avigdor Feldaman - «Katzav sfidò gli Dei» della giustizia israeliana e con un gesto di ribellione si rifiutò di sottoscrivere la intesa. «E gli Dei infatti lo hanno impietosamente flagellato». Fu una decisione di importanza critica. I suoi sostenitori (ripudiato ormai dal suo partito Likud, sono ormai rimasti ben pochi) sostengono che Katzav abbia deciso di proteggere fino in modo la sua figura pubblica di buon padre di famiglia, ben radicato nel tradizionalismo degli ebrei sefarditi. I suoi detrattori ritengono che abbia freddamente giocato a poker col destino, nel vedere che Mazuz tentennava.
Annullato l'accordo di patteggiamento la magistratura tornò però alla carica, con due avvocati giovani ed ansiosi di mettersi in luce. I quali ottennero infine, mesi fa, la sua condanna a sette anni di carcere, convincendo il tribunale di Tel Aviv che Katzav era colpevole di due stupri della sua collaboratrice (A.), quando fungeva da ministro del turismo. Ieri la Corte Suprema ha confermato quella sentenza.
«I giudici della Corte Suprema devono avere Raggi Gamma per stabilire la attendibilità delle persone», ha lamentato Feldaman. «Avrebbero creduto ad A. anche se avesse sostenuto di essere stata stuprata da Katzav su Venere». Ma i giudici Edna Arbel, Miriam Naor e Salim Jubran non si sono lasciati intimidire dalla alterigia degli importanti avvocati ingaggiati dalla difesa e hanno stabilito che proprio Katzav «è stato colto in affermazioni non veritiere». Hanno poi ricostruito «un modus operandi identico» nelle sue molestie verso quattro donne che hanno testimoniato contro di lui. Dunque Katzav - che continua a professarsi innocente - non è «vittima di oscure trame politiche», ma un molestatore incallito che a dicembre dovrà presentarsi al carcere di Maassiahu (Ramla). Nel corso della detenzione dovrà sottoporsi ad un umiliante corso di «rieducazione» sociale. Finché non esprimerà pentimento sarà considerato «pericoloso per la società» e non potrà dunque beneficiare di alcuna licenza.
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