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Il Foglio Rassegna Stampa
10.11.2011 Al Jazeera, il canale di propaganda dell'emiro del Qatar
è questa la rete televisiva più affidabile in quanto a informazioni sul mondo islamico?

Testata: Il Foglio
Data: 10 novembre 2011
Pagina: 3
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Il pugno da gigante del Qatar»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/11/2011, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Il pugno da gigante del Qatar".


                                              Qatar

Il Qatar non bada a spese e non bada più nemmeno ai direttori. E’ la strategia espansionistica dell’unico stato del Golfo che si sia inventato dal nulla una politica estera che tocca la ricostruzione della Libia così come quella della Grecia – il Mediterraneo è tornato a essere terra di conquista – e dispone anche di un potente mezzo di propaganda: al Jazeera. Da quando si è dimesso il direttore storico della più famosa emittente araba (ha festeggiato i quindici anni d’attività il primo novembre scorso), il palestinese Waddah Khanfar, è in atto una “qatarizzazione” della televisione. L’influente Khanfar è stato sostituito con un tecnocrate qatariota esperto, guarda caso, di petrolio, mentre a capo delle informazioni è stato nominato un algerino diplomato in letteratura, tanto neutro quanto ossequioso. E gli esempi di sostituzioni corrette dal punto di vista panarabo ma politicamente irrilevanti potrebbero continuare. In questo modo l’immagine della rete satellitare più prestigiosa del mondo arabo è salva: tutti rappresentati, tutti presenti, ma al servizio del Qatar. L’emiro Hamad bin Khalifa al Thani (che ha una moglie da tenere d’occhio, Sheikha Mozah: piace all’estero, ha la mania dell’istruzione e ha messo le unghie su al Jazeera ideando la sezione dedicata ai bambini) può così vantare generali indispensabili nei consessi dei ribelli libici, emissari in giro per le capitali europee per investire nel Fondo salva stati globale (quello snobbato dalla Cina) e una tv sempre più a sua immagine e somiglianza. Così s’impone nel mondo la strategia del Qatar, splendidamente sintetizzata dall’Economist come quella del “pigmeo con il pugno da gigante”.

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