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Libero Rassegna Stampa
08.11.2011 A ruba il numero di Charlie Hebdo sulla sharia
nonostante i terroristi islamici abbiano dato fuoco alla sede, il settimanale continua a uscire

Testata: Libero
Data: 08 novembre 2011
Pagina: 23
Autore: Francesco Borgonovo
Titolo: «Se Allah ci odia, poteva almeno fulminarci lui»

Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/11/2011, a pag. 23, l'articolo di Francesco Borgonovo dal titolo " Se Allah ci odia, poteva almeno fulminarci lui ".


La copertina di Charlie Hebdo

Per maggiori informazioni su Charlie Hebdo e sul numero speciale dedicato alla sharia, cliccare sui link sottostanti. Ricordiamo che in Italia il settimanale non è distribuito.
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=16&sez=120&id=42088
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=42101

Il contatto con Gérard Biard, caporedattore del settimanale satirico parigino Charlie Hebdo, me l’hanno gentilmente fornito gli estremisti islamici. Sul forum di discussione musulmano No-Mejliss.com ho trovato il suo indirizzo email personale, assieme a quello di tutti i suoi colleghi. A corredo, il seguente invito: «Ciascuno di noi, se ha una minima quantità di amore per il nostro Profeta (...) scriva a questi luridi. E chi può fare di più, faccia di più». Qualcuno, in effetti, ha preso l’esortazione alla lettera e ha fatto molto «di più». La redazione del giornale, nella notte tra martedì e mercoledì, è stata distrutta da una bomba e il sito internet è fuori uso: Bluevision, la società che lo ospitava sul suo server, pare che abbia decisodi disattivarlodopo averricevuto minacce di morte e un attacco del gruppo di hacker turco Akincilar. Uno di questi teppisti del web, intervistato dal Journal du Dimanche, si è giustificato così: «Noi difendiamo il nostro Paese e le nostre istituzioni (...). È una protesta contro un insulto ai nostri valori e al nostro credo». Che cosa hanno fatto Biard e compagni per meritare un simile trattamento? Si sono permessi di ironizzare su Maometto. La settimana scorsa hanno mandato in edicola un numero speciale, in cui la testata del giornale è stata cambiata in Charia Hebdo (Sharia Hebdo) e il Profeta è stato nominato redattore capo. Sulla prima pagina campeggiava una sua caricatura: «Cento frustate se non siete morti dal ridere». Risultato: ora Charlie non ha più una sede e tre giornalisti (il direttore Charb e i disegnatori Luz e Riss) sono sotto protezione della polizia.
A RUBA
A Parigi la rivista è introvabile. La prima edizione, tirata come al solito in 45mila copie, è sparita in poche ore il mattino dopo l’atten - tato. Ne sono seguite altre due, da 100 e 75 mila copie, anch’esse svanite in un lampo. Alcune edicole del centro espongono persino i cartelli: «Charlie Hebdo è terminato ». Tutti vogliono comprare il foglio “blasfemo”. Sono riuscito a recuperarne qualche copia la mattina presto. Gérard mi chiede di portarne una con me, in modo da potermi riconoscere nella piazza in cuimi dà appuntamento. Lo accontento, ma mi viene spontaneo nasconderne la copertina: il tassista che mi accompagna è maghrebino, l’edicolante a cui chiedo informazioni pure, forse sono musulmani, e se poi la vedonoe si arrabbiano? Ecco l’orro - re del fanatismo: in un Paese democratico devo sentirmi teso perché ho comprato un giornale satirico. Biard mi accompagna in un pub, è un uomo distinto e cordiale, tutt’altro che un pericoloso sovversivo. Fa parte della «nuova generazione» di Charlie, che dopo la nascita negli anni ’60 ha chiuso per un periodo negli ’80 e ha riaperto nel 1992. Proprio in questi giorni, fra l’altro, è uscito il volume celebrativo Les 1000 unes, che ne raccoglie le prime pagine (lo pubblicano le edizioni Les Échappes). Gerard parla un italiano quasi perfetto, un regalo della madre biellese. «Non è la prima volta che siamo vittime di minacce e insulti », racconta. E in effetti è celebre un’altra copertina, del 2006, con Maometto che si dispera: «È dura essere amato da dei coglioni». Charlie ha dovuto affrontare una causa. «Però è la prima volta che siamo vittime di un attacco fisico. È difficile sentirsi così, senza domicilio fisso, anche se professionale. Per ora siamo a Libération che ci ha accolti, ci hanno messo a disposizione un locale con alcuni computer». Infatti gli hacker turchi hanno minacciato Libé: se continuano a pubblicare le vignette, hanno detto, li prenderemo di mira. «Altri computer ce li ha prestati Le Monde», prosegue Gérard. «C’è una solidarietà che fa piacere, pure da parte dei nostri nemici classici, penso per esempio a Marine Le Pen, al ministro degli Interni...». L’assalto è avvenuto di notte. «Un autista di autobus ha visto due persone, lui ha detto due giovani, lanciare un cocktail molotov dentro la finestra della redazione. Il fuoco è subito divampato. È capitato verso l’una e noi l’abbiamo saputo intorno alle 5. Io avevo spento il telefonino, l’ho saputo alle 7.30 di mattina. Mi sono precipitato sul posto e ho visto che era tutto distrutto». Domenica pomeriggio, davanti all’Hôtel de Ville di Parigi, varie centinaia di persone hanno manifestato la propria solidarietà a Charlie Hebdo. In mezzo alla folla, compostaper la maggior parteda movimenti di sinistra, c’era anche un manipolo di fedeli musulmani. Distribuivano un libriccino: Oltre le caricature. Il vero volto di Maometto. Erano lì per contestare la rivista, si sentivano offesi: «Non vogliamo manifestare contro la libertà di espressione, ma contro gli insulti gratuiti», ha detto uno di loro. Poco dopo, a place de la République, altri musulmani hanno indetto una contro-manifestazione. Forse, dopo tutto, lo sdegno verso chi vuole tappare la bocca a Charlie non è universale. Nemmeno fra i non islamici. «Alcuni», spiega Biard, «ci hanno detto che abbiamo fatto una provocazione, che abbiamo cercato pubblicità. No, noi rispettiamo la legge, chi fa provocazioni è chi vuole inserire nel diritto francese il delitto di blasfemia. Quando abbiamo vinto la causain tribunale, si èdimostrato chiaramente che nel diritto francese la blasfemia non c’è. Non ci facciamo nemmeno pubblicità: non abbiamo organizzato niente, non abbiamo chiesto gli insulti e le minacce. Pensa che ci faccia piacere vedere i nostri computer a pezzi sul marciapiede?».
ANTICLERICALI
Fanno il loro mestiere. Sono una rivista anticlericale, se la prendono con tutte le religioni. Con il Papa sono stati particolarmente crudeli, hanno subìto tredicicauseda parte di associazioni cristiane. Per loro, quella sulla legge islamica è una battaglia di sinistra. «Abbiamo reagito all’attuali - tà della Libia edella Tunisia», dice Biard. «Quando in Libia il leader del Cnt - una volta che il cadavere di Gheddafi aveva finito di fumare - ha detto: “Quello di cui ha bisogno la Libia ora è la sharia”, abbiamo cominciato a sentire un po’ dappertutto, anche in Francia: “Sì vabbé, c’è sharia e sharia. Non è che sharia vuole dire necessariamente tagliare le mani...”. Così abbiamo provato a immaginare la differenza tra sharia dura e dolce. Abbiamo pensato a una parodia di Libération, che a volte prende scrittori o cineasti e li fa capiredattori per un numero. Noi abbiamo preso Maometto». Esempi di sharia dolce? Ecco una vignetta in cui un musulmano frusta la moglie: «Cento colpi di frusta? No, un colpo di frusta ogni cento giorni!». Mercoledì, Charlie sarà ancora in edicola, con un numero che raccoglierà i numerosi messaggi di solidarietà ricevuti: «Dobbiamouscire, se no abbiamo perso», dice Gérard. Nonostante tutto, non ha perso la voglia di scherzare: «Se Allah è grande e davvero ci odia, avrebbe potuto fulminarci, poteva distruggerci lui di persona. Di certo non aveva bisogno di due pazzi con una molotov».

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