Tunisia, un futuro di sharia con l'islamista Ghannouchi Ma Carlo Panella crede alla storia dell'islam moderato
Testata: Il Foglio Data: 08 novembre 2011 Pagina: 5 Autore: Carlo Panella Titolo: «In Tunisia gli islamici tengono più al turismo che alla sharia»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/11/2011, a pag. I, l'articolo di Carlo Panella dal titolo "In Tunisia gli islamici tengono più al turismo che alla sharia".
Carlo Panella Rachid Ghannouchi
Stupisce che Carlo Panella, sempre accurato nelle sue analisi sull'islamismo, si sia lasciato incantare dal partito Ennahda, scambiandolo per 'moderato'. Panella vede come positivo il fatto che Ghannouchi sostenga di ispirarsi a Recep Erdogan. Ma se la Turchia non è più laica e democratica, il 'merito' è proprio di Erdogan. Quale dovrebbe essere il futuro della Tunisia con Ghannouchi? Un futuro islamista, con la sharia, la censura. Ci auguriamo che Carlo Panella capisca presto che la situazione non è affatto rosea come scrive nel suo articolo e che non commetta lo stesso errore di valutazione fatto con l'ayatollah Khomeini nel '79. Ecco l'articolo:
Il partito islamico Ennahda continua ad aumentare i seggi assegnati dalla commissione elettorale ed è arrivato a quota 91 (su 217), mentre i partiti laici si dividono sulla prospettiva di alleanze con gli islamisti. Il Cpr (30 seggi) ed Ettakatol (21 seggi) subito dopo il voto hanno intavolato trattative con Ennahda e oggi, con la benedizione del ministro degli Esteri francese Alain Juppé, si avviano a costituire una solida maggioranza nella Costituente. Non così il Pdp, il cui leader Nejib Chebbi rimprovera agli altri partiti laici, che definisce “collaborazionisti”, di “lasciarsi utilizzare per addolcire la pillola islamista”. Dopo le elezioni i dirigenti di Ennahda hanno fatto dichiarazioni in linea con la difesa della laicità dello stato tunisino voluta da Habib Bourguiba (e ribadite dal turco Recep Tayyip Erdogan, cui Ennahda s’ispira). Hamadi Jbeli, il premier indicato da Ennahda, con l’occhio rivolto agli investitori esteri, è stato netto: “Sarebbe illogico intervenire su un settore strategico come quello turistico bandendo il consumo di vino o imponendo restrizioni sull’abbigliamento. Queste sono libertà individuali sia per i tunisini sia per gli stranieri; tantomeno abbiamo intenzione di imporre le banche islamiche né di abolire il sistema bancario esistente”. Quest’ultima affermazione è importante: il rifiuto del prestito con interesse – per un musulmano – tocca il cuore dell’islam quasi più delle prescrizioni shariatiche per le donne. Rachid Ghannouchi, leader del partito islamico, ha ricordato che su 49 donne elette ben 42 sono di Ennahda e si è impegnato a “non toccare lo statuto della donna”, il più laico di tutto il mondo arabo. Il ruolo di bilanciamento laico delle pulsioni islamiste che Ettakatol e il Cpr intendono perseguire accettando la collaborazione con Ennahda ha solide motivazioni. Non soltanto per i sospetti ingenerati da Ghannouchi, quando ha detto di essere favorevole al ritiro del divieto di presentarsi alle elezioni inflitto a Ettahrir, il partito estremista islamico. L’opinione pubblica laica tunisina è molto inquieta in questi giorni per il silenzio dei dirigenti di Ennahda nei confronti delle azioni che i “barbus”, gli studenti islamisti, conducono negli atenei, soprattutto per contestare professoresse senza velo. Così come preoccupa l’avanzata di imam ultraislamisti che, pur limitata oggi al controllo di 200 moschee su cinquemila, dimostrano una capacità di espansione impressionante.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante