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Il Foglio Rassegna Stampa
08.11.2011 Siria, chi sono i manifestanti contro Bashar al Assad
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 08 novembre 2011
Pagina: 5
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «I rottamatori di Assad»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/11/2011, a pag. I, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "I rottamatori di Assad".


Daniele Raineri,   Bashar al Assad, manifestanti bruciano una foto del dittatore siriano

Scappato da Damasco un mese fa, in piazza fin dalle prime proteste, arrestato il 27 marzo, quando ancora la repressione non era all’estremo della brutalità, torturato per tre giorni nella prigione centrale della capitale e poi lasciato andare, sunnita “ma non sono più praticante da tempo”, costretto a fuggire prima di essere catturato di nuovo dai servizi siriani. La fonte del Foglio per quest’intervista fa parte dell’opposizione e ne conosce entrambe le incarnazioni, quella interna, che continua a scendere in strada e che sta grado a grado trasformandosi in lotta armata contro le forze di sicurezza comandate dal regime degli Assad, e quella esterna, che reclama riconoscimento internazionale e che due giorni fa ha chiesto l’arrivo di osservatori internazionali da fuori, da mandare soprattutto a Homs, la città assediata dove la situazione sarebbe “un disastro umanitario”. Parigi è la capitale storica e politica del movimento di opposizione al regime degli Assad, Istanbul ne è diventata la sede temporanea, per ragioni di vicinanza e quindi di comodità, ma al Cairo l’opposizione siriana manifesta apertamente davanti a tutti gli arabi, oltre che naturalmente nelle strade della Siria, dove i giornalisti non possono però circolare. Si raduna davanti a due luoghi vicini: l’ambasciata di Damasco circondata ogni venerdì dagli esuli che spingono contro le transenne e i soldati egiziani – è un edificio basso accanto al Four Seasons Hotel, dalla cui terrazza si possono osservare gli scontri e le traiettorie dei lacrimogeni quando ci sono – e il palazzone della Lega araba che affaccia su piazza Tahrir. Si manifesta apertamente, ma anche qui c’è da temere la lunga mano dell’apparato siriano. “Qui l’opposizione è forte – dice al Foglio, chiedendo però che il suo nome non sia pubblicato perché a Damasco ci sono ancora parenti e colleghi – perché sentiamo la simpatia dalla popolazione egiziana, e in più per gli attivisti in fuga qui è più sicuro rispetto ad altri paesi come il Libano e la Giordania dove sono fuggiti altri siriani. L’Egitto ha già visto una rivoluzione, questo conta”. Come fa il Consiglio nazionale siriano (Cns) a parlare anche a nome di chi protesta e rischia dentro i confini? “All’inizio c’era una distanza grande e netta tra l’opposizione fuori e chi sta in Siria. Quello che il Cns è riuscito a fare è portare dalla stessa parte e nello stesso gruppo oppositori che appartengono a tutte le fazioni, che provengono da tutte le estrazioni, si tratta di un punto decisivo. Sono state fatte alcune campagne per convincere chi sta in Siria e ora il Consiglio è in contatto diretto con i comitati sul campo che rappresentano e sono formati da chi manifesta. Così, ora il Cns è rappresentativo del popolo siriano che protesta. Viceversa tutti i comitati hanno riconosciuto il Consiglio, quindi non ci sono dispute su questo punto”. Subito dopo l’attacco preventivo di Israele contro il programma atomico dell’Iran, l’intervento militare della Nato contro Damasco è il più discusso in medio oriente. Il presidente Bashar el Assad ha minacciato “dieci Afghanistan” per l’occidente, in risposta. “Prima di tutto c’è da dire che qui si segue chi è sul campo e quello che chiede, perché sono loro che stanno pagando il prezzo per la nostra libertà. Anche se a livello personale direi no a un intervento Nato. Ora è dura. Il regime degli Assad non ha nemmeno lo 0,1 per cento della nostra fiducia quando dice che intende permettere manifestazioni pacifiche (fa parte del piano della Lega araba, accettato da Damasco ma subito disatteso, ndr). Non vedo il regime cedere per le manifestazioni, anche se sono la nostra arma migliore e continueremo a usarla, non butteremo fuori Assad così. Vorremmo un intervento Nato con alcune condizioni extra su cui potremmo accordarci”. C’è il problema che l’opposizione è fatta per la maggior parte da sunniti, e tra di essi ci sono anche estremisti, e che sono contro Israele. “Non voglio addentrarmi in teorie del complotto, ma molti siriani hanno capito ormai che il regime baathista ha usato l’occupazione israeliana come scusa per anni di oblio e di permanenza al potere. I siriani sono stanchi di questa menzogna. L’opposizone ha coinvolto tutto il paese, quindi rappresenta il sentimento della popolazione e quello che chiede. Ovvio che è contro l’occupazione israeliana dei territori, ma la prova della volontà di risolvere la questione pacificamente sta nel modo in cui sta affrontando pacificamente anche il regime degli Assad (ora non più tanto, ndr). La Siria è entrata in una nuova era, c’è maggiore apertura e consapevolezza, penso che chi ha sospetti sui movimenti islamici dovrebbe farsi un giro in Siria prima di saltare a conclusioni troppo in fretta. Israele deve sapere che ci sono potenze che reagiranno a ogni trattamento ingiusto dei palestinesi. Ma un processo di pace è necessario ed è anche quello che vuole la maggioranza del popolo siriano”. C’è un’altra questione: l’opposizione siriana è dipinta come sponsorizzata, se non comandata da fuori, dall’Arabia Saudita e dai regni sunniti che formano il cosiddetto Consiglio di cooperazione nel Golfo. “Ci è sembrato che per un certo periodo i sauditi e i membri del Consiglio della cooperazione del Golfo fossero fermi a nostro favore, ma ora quando li guardo vedo che ci trascurano. E’ soltanto il paragone con gli altri che li fa sembrare migliori e più umani nelle loro decisioni. Ma minacce e dichiarazioni non fermano il massacro, quindi da che parte stanno? In ogni caso i siriani sospettano delle intenzioni altrui”.

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