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Il Foglio Rassegna Stampa
08.11.2011 Dimona, il primo obiettivo degli ayatollah in caso di guerra contro Israele
Seguirebbero il porto di Haifa e l'area di Zakariya

Testata: Il Foglio
Data: 08 novembre 2011
Pagina: 3
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Così Dimona, lo scrigno nucleare d’Israele, è nel mirino dell’Iran»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/11/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Così Dimona, lo scrigno nucleare d’Israele, è nel mirino dell’Iran".


Centrale nucleare di Dimona

Roma. Il quotidiano israeliano Yediot Ahronot ha reso noto che missili Scud-D, dotati di una gittata di settecento chilometri, sono stati dislocati da Hezbollah in località del Libano dalle quali possono colpire la centrale di Dimona. A confermare la notizia è stato il ministro della Difesa, Ehud Barak. Più volte recentemente è stato messo in funzione il sistema di allarme dello scudo missilistico che protegge gli impianti nucleari di Dimona, dove si custodisce il segreto che tutti conoscono: la bomba atomica israeliana.
Teheran oggi avrebbe tre obiettivi primari in caso Gerusalemme attaccasse le basi iraniane: Dimona, il porto di Haifa dove ci sono le raffinerie e l’area di Zakariya, dove è stoccato parte dell’arsenale missilistico israeliano. La paura in Israele che, in caso di conflitto con l’Iran, il reattore di Dimona finisca sotto i missili è fortissima. Anche nella simulazione del Center for Strategic and International Studies di Washington, in caso di scontro con Teheran Dimona sarebbe colpita.
La città simbolo dell’atomica israeliana subì già un attacco suicida nel 2008. Un anno prima l’intelligence israeliana avvertì che la Siria aveva intenzione di agire contro Dimona per vendicarsi dell’attacco aereo alle sospette strutture atomiche distrutte dall’aviazione di Gerusalemme.

“Il segreto peggio custodito”
Il suo nome ufficiale è Kirya-le-Mehekar Gariny o Negev Nuclear Research Centre. Un’oasi di palme e sabbia che già nel 1967 i sovietici avevano in mente di spazzare via per ridurre la deterrenza israeliana. Dimona è stata costruita dai francesi dal 1957 al 1964, quando fra Gerusalemme e Parigi c’era ancora una alleanza di ferro.
Dimona è una fortezza tecnologica isolata nel deserto, il luogo più protetto di Israele, circondata da muri e sensori. Il comando centrale delle retrovie ha distribuito pillole antiradioattive alla popolazione nel deserto del Negev, in un raggio di decine di chilometri dalla centrale nucleare di Dimona. Le pillole, di tipo “Logol”, sono state distribuite agli abitanti di Dimona, Netivot e Yeruham. Quelle pillole dovranno essere utilizzate dalla popolazione nel caso che a Dimona succeda l’impensabile: un missile iraniano o di Hezbollah sulle installazioni atomiche.
Si dice che dai laboratori di Dimona sia uscito anche il più devastante attacco al sistema nucleare iraniano, il virus “Stuxnet”, programmato specificamente per mettere fuori uso le centrifughe iraniane. Non viaggia via Internet, ma tramite una banale chiavetta usb.
Ufficialmente Israele non ha armi nucleari. La chiamano “opacità”. Altri “il segreto peggio custodito” (su Internet oggi sono disponibili persino fotografie di Dimona). Nessuno conosce le dimensioni dell’arsenale atomico. Haaretz, il giornale di sinistra che più ha battagliato per la trasparenza atomica, parla di una quantità di plutonio “di qualità militare” sufficiente a produrre da 165 a 250 ordigni nucleari. Secondo la Carnegie Endowment for International Peace, Israele ha da 100 a 180 ordigni atomici. Un ordine di David Ben Gurion, fondatore d’Israele, sancì che in nessun caso Israele avrebbe preso in considerazione l’idea di firmare il Trattato di non proliferazione nucleare. La scelta atomica di Israele nacque con l’inizio dello stato stesso e il reattore nucleare di Dimona fu rivelato al mondo nel dicembre 1960, sei mesi dopo la cattura di Adolf Eichmann.
La discussione che ne seguì, con interrogazioni parlamentari da parte della sinistra del Mapam e del Mapai, portò a galla, sia pure in maniera velata, il tema della deterrenza nucleare come garanzia per il popolo ebraico contro un “secondo Olocausto”.

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