Gaza, processo Arrigoni: Hamas insabbia tutto Michele Giorgio non sa che cosa scrivere, perciò attacca Israele
Testata: Il Manifesto Data: 04 novembre 2011 Pagina: 9 Autore: Michele Giorgio Titolo: «Il processo s’incaglia sulle procedure»
Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 04/11/2011, a pag. 9, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Il processo s’incaglia sulle procedure ".
Michele Giorgio Vittorio Arrigoni
Michele Giorgio non ha materiale sufficiente per scrivere l'articolo sugli sviluppi del processo per l'omicidio di Vittorio Arrigoni. Non ha elementi da commentare, se non il fatto che Hamas ha insabbiato tutto, impedendo la diffusione dei risultati delle indagini. Ma ogni occasione è buona per attaccare Israele e Giorgio coglie anche questa : " Mentre a nord di Gaza, lungo la «zona cuscinetto» creata da Israele, un missile di un elicottero ha ucciso due palestinesi Abu Halmiya, 22 anni e Nasser al-Layyan, 23. Il primo era un contadino che si trovava nel suo campo, il secondo un militante delle Brigate Ezzedin al Qassam che aveva preso parte poco prima ad uno scontro a fuoco con reparti israeliani. ". Che cosa c'entri la morte dei due palestinesi (contadino e terrorista, non militante) con l'udienza in tribunale è chiaro solo a Michele Giorgio che cerca, senza riuscirci, di creare un nesso logico fra i due avvenimenti : "Tutto è avvenuto nelle campagne dove tante volte si era recato Vittorio, con altri volontari internazionali". Giorgio continua : "per proteggere i contadini minacciati dal fuoco israeliano che impedisce ai palestinesi di entrare in una fascia di territorio, che corre da nord a sud dentro la Striscia, allargandosi in alcuni punti fino a 300 metri. Sono le terre più fertili di Gaza ma ora non più coltivabili.". Non stupisce che, secondo il quotidiano di Rocca Cannuccia, la terra più fertile di Gaza si trovi proprio all'interno della zona cuscinetto. E' compatibile con l'immagine di Israele oppressore che segrega i poveri terroristi (o, come li definisce sempre il Manifesto, militanti) di Hamas, rispondendo in maniera sproporzionata ai loro razzi qassam con un esercito forte e ben organizzato. Israele crudele che spara contro un militante e un contadino. Come se non bastasse, impedisce di coltivare zone fertilissime includendole nella zona cuscinetto. Sul perchè sia necessaria una zona del genere, manco una sillaba, inutile specificarlo. Sul perchè ci sia stato uno scontro a fuoco durante il quale il terrorista di Hamas è stato ucciso, nemmeno una parola. Dopo queste righe, Giorgio riprende a scrivere del processo Arrigoni, muovendo debolissime accuse e facendo ben attenzione a non attaccare Hamas. Ecco il pezzo:
«In piedi, entra la corte». L’urlo di un agente della sicurezza di Hamas ieri ha spento di colpo il brusio nell’aula del tribunalemilitare di Gaza city e ha dichiarato aperta la quinta udienza del processo che vede alla sbarra quattro palestinesi, presunti salafiti, accusati di aver rapito ed ucciso Vittorio Arrigoni. Un’udienza con pochissimo pubblico stavolta: alcuni amici palestinesi e italiani di Vik, qualche parente degli imputati. Mentre a nord di Gaza, lungo la «zona cuscinetto» creata da Israele, un missile di un elicottero ha ucciso due palestinesi Abu Halmiya, 22 anni e Nasser al-Layyan, 23. Il primo era un contadino che si trovava nel suo campo, il secondo un militante delle Brigate Ezzedin alQassam che aveva preso parte poco prima ad uno scontro a fuoco con reparti israeliani. Tutto è avvenutonelle campagne dove tante volte si era recatoVittorio, con altri volontari internazionali, per proteggere i contadini minacciati dal fuoco israeliano che impedisce ai palestinesi di entrare in una fascia di territorio, che corre da nord a sud dentro la Striscia, allargandosi in alcuni punti fino a 300 metri. Sono le terre più fertili di Gaza ma ora non più coltivabili. Dell’impegno di Vittorio Arrigoni per i diritti dei palestinesi, ieri non si è parlato nell’aula del Tribunale militare di Gaza city. La quinta udienza del processo è finita dopo 50 minuti. Il giudice ha aggiornato il processo al 24 novembre. Non sono emerse novità di rilievo per l’accertamento della verità. Eppure le premesse erano state buone. L’accusa ha chiamato a testimoniare cinque persone: Ibrahim Attab, proprietario dell’autonoleggio dove i rapitori hanno preso l’automobile usata per il rapimento; Khader Bahar, proprietario dell’appartamento dove è stato tenuto ostaggio Vittorio;Mahmud Shindi, cognato di uno degli imputati (TamerHasasnah);Nayef Jamalna, un poliziotto collega dell’imputato Mahmud Salfiti; e infine Musa Abu Hassanin, un ufficiale dei vigili del fuoco che conosce bene Hasasnah e un altro imputato, Khader Jram.Ma le dichiarazioni di questi testimoni sono state lapidarie. Tutti e cinque si sono limitati a confermare le deposizioni rese durante le indagini. L’accusa si è detta soddisfatta e non ha quasi aperto bocca per tutta l’udienza. La difesa ha formulato qualche domanda banale. Alla fine i giudicimilitari hanno aggiornato il processo a finemese. La delusione è cocente. A due mesi dalla prima udienza, il dibattimento rimane incagliato su questioni procedurali e su aspetti secondari. L’accusa non ha ancora chiesto agli imputati per qualemotivo venne compiuto il sequestro di Vittorio lo scorso 13 aprile e perché l’attivista italiano venne ucciso nella notte tra il 14 e il 15 aprile.Uno dei testimoni, Mahmud Shindi, ha detto di aver conosciuto e frequentato Abdel Rahman Breizat, il giovane giordano a capo del sedicente gruppo salafita che ha rivendicato il rapimento di Vittorio.Manessuno ieri ha pensato di chiederglimaggiori informazioni su questo personaggio misterioso, centrale nella vicenda, che non può più parlare perchémorto in uno scontro a fuoco con la polizia diHamas. Il tempo passa e la verità sull’assassinio di Vittorio Arrigoni rimane lontana.
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