Una farsa, ma pericolosissima
Il commento di Ugo Volli
Cari amici,
come dice la sua sigla, l'Unesco dovrebbe occuparsi di educazione, scienza, cultura e altre nobili cose del genere. Ma, come ha detto ieri l'ambasciatore israeliano, più che alla scienza sembra interessato alla fantascienza. Aggiungo io: più che alla cultura all'ignoranza, più che all'educazione all'indottrinamento. Comunque alla politica, in senso antidemocratico e antioccidentale.
E' una vecchia storia, già Reagan ne fece uscire gli Stati Uniti vent'anni fa, quando l'agenzia lavorava per organizzare l'informazione internazionale in senso terzomondista (e da quel progetto sarebbe poi uscita Al Jazeera).
Per quanto riguarda il Medio Oriente è famosa l'operazione magica dell' Unesco sulla tomba di Rachele, moglie del patriarca Giacobbe, ininterrottamente frequentata dagli ebrei dai tempi biblici e loro possesso perenne registrato anche dal governo ottomano e situata fra Betlemme e Gersualemme, che improvvisamente fu registrata come moschea Bilal ibn Rabah (http://www.zionism-israel.com/dic/Bilal_ibn_Rabah_Mosque.htm, così chiamata dal nome di un muezzin abissino la cui tomba è a Damasco: http://it.wikipedia.org/wiki/Bilal), e naturalmente patrimonio culturale "palestinese". Bisogna attendersi che lo stesso accadrà ora per tutte le testimonianze della storia ebraica, che gli arabi cercano di negare e se possibile di distruggere. Del resto che l'Unesco sia nemico dei beni culturali scomodi per il mondo islamico si è visto anche nel caso dell'Armenia, quando l'agenzia ha avallato la distruzione sistematica delle tracce cristiane compiute da Turchia e Azerbaigian.
Si potrebbe dunque considerare la decisione di Parigi un classico caso di lupo messo a guardia delle pecore, di vandalo nominato custode di museo. Non è un caso che per un pelo due anni fa non fosse stato eletto direttore dell'Unesco l'allora ministro della cultura egiziano (oggi indagato per corruzione) che aveva dichiarato che, se avesse trovato in una biblioteca egiziana un libro ebraico, l'avrebbe bruciato con le sue mani (http://en.wikipedia.org/wiki/Farouk_Hosny).
Sul piano culturale, insomma, tutta questa storia è una farsa, una pagliacciata. L'Unesco non ha mai fatto niente per la cultura e la scienza, è una sede politica che compie scelte politiche anche quando riconosce questo o quel sito come "patrimonio dell'umanità". Se uno dovesse preoccuparsi dell'autorità morale o culturale della banda di burocrati che riceve lauti stipendi dall'agenzia di Parigi, potrebbe togliersi il pensiero. E del resto è chiaro che il destino dei monumenti ebraici in Israele si deciderà sul campo, come pure quello dell'inesistente patrimonio culturale (inesistente ma inventato) di una nazione inesistente (inesistente ma inventata) come la "Palestina".
Il punto però è proprio questo, il senso politico di questo gesto. Che va letto come indizio di orientamenti politici profondi. Il primo è la perfetta irrilevanza cui la politica di Obama ha confinato l'America. Uno stato che si ritira dappertutto, che lascia l'Iraq all'espansionismo iraniano, che ritira il suo ambasciatore dalla Siria non per protesta ma perché non è sicuro della sua incolumità, che sulla Libia intona l'"armiamoci e partite", che lascia sviluppare all'Iran suo acerrimo nemico l'armamento nucleare nel bel mezzo della fonte di mezzo petrolio del mondo non è più un impero, è uno stato perfettamente irrilevante. E non a caso i suoi migliori alleati, Gran Bretagna in testa, hanno ignorato i suoi appelli politici, le sue esplicite minacce. E' una Caporetto diplomatica per l'America, ancor più che per Israele. Speriamo solo che Obama se ne vada presto, perché anche quando come in questo caso fa la cosa giusta, non è in grado di sostenerla.
La seconda grande tendenza politica è l'odio per Israele, che ormai coinvolge non solo i paesi islamici, ma anche tutto il terzo mondo (hanno votato per la "Palestina", India, Cina, Russia, Brasile, giù giù fino allo Sri Lanka) e buona parte dell'Europa: non solo i paesi antisemiti come Spagna, Norvegia, Svezia, Austria, ma anche la Francia e la Gran Bretagna, che hanno ripreso la tradizionale politica filo-araba, anche se hanno governi di destra. Con loro anche la Grecia, il Lussemburgo, il Belgio, insomma mezza Europa. L'Italia è rimasta fra color che son sospesi, e certo è una posizione debole e del tutto deludente, ma almeno non si è allineata con costoro, ha rifiutato il vecchio riflesso dei tempi di Moro e La Pira, Andreotti, Craxi e D'Alema.
Il risultato ricorda quello della recente conferenza Durban III: 107 stati hanno votato nel senso di un riconoscimento della "palestina", anche senza trattative di pace, anche senza il controllo del territorio, anche se la contiguità col terrorismo è chiarissima, anche se la "palestina" non ha affatto rinunciato alle pretese sull'intero territorio israeliano. Solo 14 i contrari (insieme a Israele e Usa anche Germania, Canada,Olnada e pochi altri). Parte di questi voti, come quello americano e tedesco, erano dovuti, ma non sono vermente convinti. Gli astenuti sono stati 52. E' un segno chiarissimo. Israele, bombardato giorno e notte dai terroristi, vittima designata dell'odio atomico iraniano non ha la solidarietà internazionale. Deve difendersi da sé, cercando di non dar modo ai suoi nemici di usare l'appoggio del mondo che non mancherebbe. Siamo di nuovo in una situazione in cui gli ebrei sono colpevoli di ogni cosa, innanzitutto di esistere e di mantenersi tali. Per la cultura l'ammissione della "palestina" all'Unesco non vuol dir niente. Per la politica è allarme rosso.
Ugo Volli