Israele sotto l'attacco dei missili palestinesi, sul FOGLIO oggi, 01/11/2011 a pag.I, nel racconto di Giulio Meotti, dal titolo " Israele rivive l'incubo dell'>ingegnere< Deif, primula rossa del terrore "
Roma. Per la prima volta anche in una città molto lontana dalla Striscia di Gaza come Rehovot gli israeliani sono dovuti scendere nei rifugi antimissile. L’ultima pioggia di missili è in gran parte responsabilità del Jihad islamico, ma il servizio segreto israeliano è certo che Hamas viva di quest’ambiguità per evitare la rappresaglia di Gerusalemme. Non a caso ai vertici dello Shin Bet e degli apparati di sicurezza israeliani il file più richiesto è di nuovo quello di Mohammed Deif. L’“imprendibile” è tornato. C’è chi lo chiama “il sopravvissuto”, perché nessun terrorista è da così tanto tempo sulla scena quanto lui. Nel mazzo di carte con i volti dei ricercati da Israele compilato dal quotidiano Maariv dieci anni fa, l’asso di cuori era lo sceicco Ahmed Yassin, seguito dal jolly di Hezbollah Hassan Nasrallah, e poi dai due assi, Deif e Adnan al Ghoul, ucciso nel 2004. Deif, un’autentica primula rossa noto quindi per la sua imprendibilità, è quindi l’ultimo palestinese dell’originaria cupola di Hamas scampato alle uccisioni mirate d’Israele. La sua fama è guadagnata sul campo, per la durezza della sua ideologia, per la chiarezza delle sue dichiarazioni a favore del terrorismo, e per essere scampato quasi miracolosamente a numerosi tentativi di eliminazione Dal settembre 2002, quando fuggì al terzo tentativo d’assassinio, il volto di Deif è un mistero (esiste soltanto una dubbia fotografia sbiadita). Quella volta sopravvisse ai due missili che dilaniarono la sua Mercedes e due compagni di viaggio, ma Deif ci rimise un occhio e una parte della faccia. I servizi di sicurezza israeliani speravano di segnare una X in rosso vicino al suo nome dopo averlo rintracciato. Da allora nessuno l’ha più visto. Deif è ritenuto responsabile della maggior parte dei più sanguinosi attentati compiuti da Hamas in Israele. Da allora l’uomo alla guida delle Brigate Ezzedin al Qassam dopo l’eliminazione di Salah Shahada ha sviluppato una paranoica mania per la sicurezza. Si muove e opera da solo spostandosi tra Gaza e l’Egitto e comunicando soltanto con un manipolo di superfedeli. Si dice che si vesta da donna e da imam per eludere i controlli occhiuti del servizio segreto di Gerusalemme. Spostarsi serve a sopravvivere e a controllare i complessi rapporti di forze tra la sua cellula, misteriosa all’interno delle stesse brigate terroristiche, e le altre anime di Hamas. Deif discute alla pari con Khaled Meshaal e la dirigenza di Hamas in esilio, ignora il premier Ismail Haniyeh, collabora con i movimenti vicini ad al Qaida e al Jihad islamico attivi intorno alla città egiziana di el Arish, appena oltre il valico di Rafah. Sua è l’idea che ha visto i kamikaze, prima dell’operazione di martirio, scendere la sera prima dell’operazione nel cimitero, vestiti di bianco come i parenti usano vestire i morti in nome della grandezza dell’islam; poi prendere una vanga, scavare due tombe gemelle, le proprie tombe. Poi immergersi, fianco a fianco, nella terra fredda e passarvi la nottata. Provare il silenzio, il buio, la compagnia dei defunti, e dall’esperienza del corpo giungere al superamento della paura del trascendentale, giungere alla percezione di sé come di eroi pronti davvero a tutto. “Noi siamo un popolo – ha proclamato Deif – che crede che il vero riposo possa essere goduto solo in Paradiso. In questo mondo terreno abbiamo l’obbligo di combattere: fino alla morte da martiri, oppure fino alla vittoria”. Deif ha ereditato il titolo di “ingegnere” dal suo maestro, l’artificiere più prestigioso dell’estremismo palestinese, Yehia Ayyash, che come il suo successore lavorava sia con il Jihad islamico sia con Hamas e che saltò in aria su un missile israeliano dopo aver fatto a pezzi un centinaio di israeliani fra il 1994 e il 1996. Varie leggende circondano Deif. Una, data per certa, vuole che sia rimasto paraplegico. Eppure i suoi missili oggi stanno dribblando persino Iron Dome, la “cupola d’acciaio”, il nuovo sistema antimissile d’Israele. Deif ha promesso: “Farò di tutto Israele un inferno”. Deif odia il potere statutale di Abu Mazen, tanto che nel 2009 Hamas mise in giro la voce che la Cia avesse collaborato con il presidente dell’Autorità nazionale palestinese per tentare di uccidere Deif. Un anno fa uno dei “tecnici” di Hamas, Dirar Abu Sisi, rivelò agli israeliani che lo hanno in custodia che Deif utilizza oggi le moschee come piste di lancio per i missili. Una strategia geniale per evitare la rappresaglia di Israele contro i luoghi di culto islamici e che esporrebbe lo stato ebraico al biasimo del mondo. Secondo il quotidiano israeliano Maariv, Deif, che ha fama di terrorista dalle “nove vite”, è una autentica “leggenda” fra i palestinesi. Il professor Meir Litvak, un esperto di Hamas all’Università di Tel Aviv, sintetizza così la visione di Deif: “Il conflitto va estirpato, risolto una volta per tutte, nessun compromesso è possibile; è uno scontro definitivo fra il bene e il male, fra Allah e Satana”.
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