Nuove case a Gerusalemme, dove e perchè saranno costruite anche se la Germania non è d'accordo
Testata: Il Foglio Data: 27 ottobre 2011 Pagina: 3 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Le case di Gerusalemme mettono in crisi Israele e Germania»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 27/10/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Le case di Gerusalemme mettono in crisi Israele e Germania". Il titolo non ammette sbocchi, che invece ci saranno. Il pezzo invece è corretto.
Bibi Netanyahu con Angela Merkel
Roma. La possibilità della perdita dei sottomarini tedeschi è per Israele un problema ben più grande della retorica di Lady Ashton, capa della diplomazia europea. Secondo il giornale israeliano Yedioth Ahronoth, la cancelliera tedesca Angela Merkel ieri avrebbe minacciato di annullare la vendita di un sottomarino a Israele, a seguito della decisione del governo israeliano di dare il via libera alla costruzione di un migliaio di nuove case a Gerusalemme est. Il nuovo nodo della discordia si chiama Givat Hamatos. Oggi è un ghetto di roulotte ingiallite abitate da ebrei yemeniti in cima a una collina che guarda Gerusalemme. Il governo Netanyahu vuole farci 2.500 case. Sarebbe la prima comunità ebraica ex novo costruita in venticinque anni nei Territori contesi dal 1967 (quelle attualmente in costruzione sono estensioni di colonie esistenti). Israele andrà a edificare su terra demaniale, appartenuta ai turchi, agli inglesi, ai giordani e infine agli israeliani dal 1967. Ma il Jerusalem Post definisce il progetto “il più drammatico dagli anni Novanta”. Ovvero dai tempi di Har Homa, anch’essa edificata da Netanyahu, dopo il ritiro da Hebron, su un monte strampalato che dà su Betlemme, pieno di rovine pastorali tipo nuraghi. Come oggi, Netanyahu allora disse che se Har Homa non fosse stata costruita, “la battaglia di Gerusalemme sarebbe perduta per sempre”. Har Homa è una vasta zona verde fra un kibbutz e Beit Sachur, sotto il controllo palestinese. Quando Gerusalemme era governata dalla sinistra (sindaco Teddy Kollek) Israele capì che possedere quella zona era strategico e che bisognava allargare il confine a sud impedendo l’accerchiamento palestinese, che a sua volta in caso contrario avrebbe goduto di una continuità geografica fino al centro città. Parte di Givat Hamatos è di proprietà del governo spagnolo e del Vaticano. Netanyahu assicura che andrà a studiare ogni centimetro e che le case saranno disponibili anche per i palestinesi. Secondo Peace Now, il quartiere taglia Gerusalemme est dal resto della Cisgiordania. Israele replica che serve a unire Gerusalemme ovest, Gilo e Har Homa. Netanyahu non la considera terra da negoziare. A inizio agosto il governo ha approvato altre 930 case ad Har Homa. Secondo i progetti Israele si appresta a costruire altre 50 mila abitazioni nei quartieri più sensibili. Sul Jerusalem Post Lenny Ben-David, già diplomatico a Washington, ha spiegato l’importanza di Har Homa e Givat Hamatos: “Sorge a un chilometro da Betlemme e a cinque dalla Città Vecchia di Gerusalemme. Non stupisce che i palestinesi attacchino. Ma questi quartieri ospitano un terzo della popolazione della capitale e proteggono la città”. Ci sono ragioni demografiche. Israele vuole mantenere sul 70 a 30 la percentuale di ebrei e arabi in città. C’è bisogno così di costruire cinquemila case ogni anno, centomila in venticinque. La città-satellite di Modi’in potrà ospitare 250 mila israeliani in vent’anni. Si continua a costruire a Gilo, strategico per la sicurezza. Ci sono poi ragioni di sicurezza. Il quartiere di Ramot serve come cuscinetto per la zona nord, mentre le costruzioni sul Mount Scopus, French Hill e Ramat Eshkol proteggono la parte orientale. A causare maggiore tensione sono le costruzioni vicino ai villaggi arabi di Shuafat, Jebel Mukaber, Sur Bahir, Umm Tuba, Beit Safafa e Sharafat. Infine ragioni religiose, come le case a Ras al Amud, perché danno accesso al cimitero del Monte degli Ulivi, la più grande tomba ebraica al mondo, fra cui quella di profeti biblici e di statisti come Menachem Begin. Quando Israele non ne controllava l’accesso, dal 1948 al 1967, i giordani ci fecero delle latrine e un hotel. Durante la seconda Intifada il cimitero rimase deserto. Un assedio che Israele vuole a tutti i costi evitare. Anche se il costo, forse, è la perdita di preziosi sottomarini e un’altra crisi con Washington.
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