IC7 - Il commento di Enrico Fubini Dal 16/10/2011 aal 22/10/2011
Testata: Informazione Corretta Data: 24 ottobre 2011 Pagina: 1 Autore: Enrico Fubini Titolo: «Il commento di Enrico Fubini»
Il commento di Enrico Fubini
Enrico Fubini, musicologo
In Israele non ci si annoia mai: ogni giorno si presentano nuovi problemi, nuovi casi personali o collettivi, nuove proteste e nuovi pericoli, a volte drammatici, e sempre comunque impegnativi per il governo, non ultimi gli scioperi che tengono in scacco il paese a volte per dei mesi, come quello dei medici. Ma forse non c’è mai stato un caso che ha tanto appassionato e coinvolto emotivamente e intellettualmente tutta l’opinione pubblica come quello di Gilad Schalit. Dalla sera in cui la scorsa settimana è stato dato l’annuncio del tutto inaspettato della firma dell’accordo con Hamas, tramite la mediazione egiziana, per la sua liberazione dopo quasi cinque anni e mezzo di prigionia, una grande emozione ha attraversato il paese. Da allora l’attenzione di tutti si è concentrata su Gilad di cui ormai si erano perse le speranze di salvezza. I genitori non si sono mai dati per vinti e hanno continuato la loro battaglia, senza toni troppo alti, senza accuse troppo pesanti ma con una tenacia e un coraggio e una dignità straordinaria: da oltre un anno vivevano con i loro sostenitori in una tenda sotto le finestre dell’ufficio del primo ministro. Netanyahu non poteva certo passare indifferente di fronte all’angoscioso spettacolo della tenda di chi vegliava giorno e notte e avrà certamente avvertito la silenziosa accusa che gli veniva rivolta, osservando la grande scritta con il numero dei giorni della prigionia di Gilad, che ogni mattina veniva cambiata e aumentata di uno. Tutta Israele si è rallegrata a pensare che Gilad stava per essere rilasciato dalle mani dei suoi carcerieri anche se sino all’ultimo minuto si tremava temendo che qualche intoppo avrebbe potuto rimettere in discussione il fragile accordo! Ma con la gioia unanime di rivederlo finalmente, sono inevitabilmente scoppiate polemiche anche molto aspre: l’accordo è stato indubbiamente molto pesante per Israele e molti si sono chiesti perché aspettare oltre cinque anni per poi accondiscendere alle richieste di Hamas e lasciare questo povero ragazzo subire ferite fisiche e soprattutto psichiche forse irreversibili; ci si è chiesto soprattutto se fosse giusto per salvare una vita mettere a rischio molte altre vittime di futuri attentati ad opera di oltre mille terroristi tra cui 280 ergastolani rilasciati dalle prigioni israeliane. Altri ancora si sono chiesti se fosse giusto che le tante famiglie che hanno visto i loro figli e fratelli uccisi in crudeli attentati oggi vedessero girare i loro assassini liberi e ben pasciuti, pronti, come parecchi di loro hanno già affermato, a ricominciare il loro mestiere di terroristi. Si sono letti articoli sui quotidiani in cui si è avanzato il fondato dubbio se non rappresenti un incentivo a nuovi rapimenti dal momento che Hamas e anche Al Fatah hanno potuto verificare che si tratta di operazioni che offrono un’alta resa sia dal punto di vista politico oggi, e domani di fronte ai loro elettori dimostrando di avere la forza di far liberare un altissimo numero di detenuti nelle carceri israeliane. In Israele tutti sono rimasti scioccati nel vedere le folle di Ramallah che accoglievano i detenuti liberati al grido “ed ora ci vuole un altro Schalit…” Ci si è chiesti infine se questo scambio va considerato come un atto di debolezza o di forza di Israele, scambio da cui Hamas ne esce rafforzato e Al Fatah di Abu Mazen indebolito. E’ vero che la maggioranza degli israeliani nonostante tutto ha approvato con gioia e con soddisfazione l’accordo che ha portato indubbiamente a Netanyahu un notevole vantaggio sul piano politico; molti cittadini non solo hanno approvato l’operato del governo ma hanno affermato che si sentivano molto orgogliosi di appartenere ad un popolo che sapeva affrontare anche grossi rischi pur di poter salvare una vita umana. Si è anche ascoltato con commozione la voce di famiglie che hanno vissuto drammi di questo genere, vedove di caduti per mano di terroristi, genitori privati dei figli che hanno avuto nobilissime parole di commossa partecipazione alla immensa gioia della famiglia Schalit. Non è la prima volta che di fronte al dilemma se salvare un cittadino israeliano con la liberazione di centinaia di terroristi, governi di destra e di sinistra infine hanno deciso per lo scambio: è vero che dopo sono sempre scoppiate polemiche e si è detto che tutto doveva essere ripensato e che era necessaria una legge che impedisse tali scambi. Ma alla fine nulla è stato fatto e probabilmente anche questa volta in cui lo scambio è stato ancora più pesante nulla si farà. Forse la rigidità di una legge mal si adatta a circostanze in cui la vita umana, anche di una sola persona, è in gioco. Non dimentichiamo che persino in alcuni paesi arabi si sono levate voci di ammirazione nei confronti d’Israele che ha dimostrato un tale rispetto per la vita umana da mettere in forse persino la propria sicurezza per salvare un proprio concittadino. Ci sono state anche alcune voci dissonanti. Gideon Levy, articolista del quotidiano di sinistra Haaretz, assai conosciuto per le sue frequenti dure tirate contro il governo, ha affermato in questi giorni che per il caso Schalit, oltre all’ovvia soddisfazione per il suo rilascio, bisogna risalire alle responsabilità, che sono evidentemente di un governo che non conosce alternativa alla guerra e che di fronte alla possibilità della pace sceglie la guerra (!). Un altro articolista sul Jerusalem Post criticava la famiglia Schalit per aver scelto come principale interlocutore il governo d’Israele invece di rivolgersi solo agli organismi internazionali quali la Croce Rossa o l’ONU o ancora ad altre organizzazioni come Amnesty International … ecc. (tutte organizzazioni, com’è noto, così ben disposte verso Israele!) Critiche del tutto fuori dalla realtà! Anche in questa occasione non si può non notare con soddisfazione e anche con orgoglio che di fronte a questi casi umani drammatici il popolo d’Israele, nella sua stragrande maggioranza, nonostante i legittimi dubbi, i giusti timori, si è dimostrato compatto e pressoché unanime, al di là delle differenze politiche ed ideologiche nel sostenere questo accordo con il nemico, accordo che in questo momento si presentava come il meno peggio, assai migliore comunque delle bozze di accordo degli anni precedenti.