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La Stampa Rassegna Stampa
23.10.2011 Arabia Saudita: muore il principe ereditario, chi salirà al trono ?
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 23 ottobre 2011
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «I nipoti sessantenni sfidano la gerontocrazia dei custodi della Mecca»

ArabiaSaudita, muore il principe ereditario. Maurizio Molinari ricostruise i retroscena sulla STAMPA di oggi, 23/10/2011, a pag. 17, in un articolo dal titolo "I nipoti sessantenni sfidano la gerontocrazia dei custodi della Mecca":

Il defunto principe ereditario Sultan

La morte del principe ereditario Sultan apre una lotta di successione per il trono dell’Arabia Saudita che vede il ministro dell’Interno Nayef nel ruolo di favorito, ma a sfidarlo c’è una nuova generazione di leader, che sono poi nipoti del fondatore della dinastia wahabita. L’arbitro del duello è l’attuale monarca, Abdullah bin Abdul-Aziz Al Saud, che nel 2009, consapevole della gravità della malattia che aveva colpito il designato erede Sultan, scelse di assegnare il posto di vice primo ministro a Nayef, indicandolo così quale preferito nella successione. L’intento di Abdullah era quello di preparare il regno alla morte di Sultan, aprendo la strada da subito a Nayef. Ora tale scenario potrebbe concretizzarsi con la formale nomina del ministro dell’Interno a principe ereditario.

A sostenere Nayef ci sono gli ambienti più conservatori della monarchia, che vedono in lui un garante della lotta interna contro Al Qaeda e di quella esterna contro l’Iran sciita, come anche un determinato sostenitore del ruolo del regno in appoggio all’Intifada palestinese contro Israele, testimoniato dal fatto che è stato proprio lui in questi ultimi dieci anni a raccogliere la maggioranza dei fondi inviati alle «famiglie dei martiri» a Gaza e in Cisgiordania.

A ciò bisogna aggiungere che Nayef guida le efficienti forze di sicurezza del ministero dell’Interno che, assieme alla Guardia nazionale agli ordini di re Abdullah, compongono i reparti più affidabili e meglio armati dell’apparato militare. A riconoscere il ruolo emergente di Nayef sono anche i suoi più acerrimi nemici. Al Qaeda, attraverso l’ex detenuto a Guantanamo Ibrahim alRubaish, gli ha appena recapitato la lista di «sette richieste da esaudire se vuoi sopravvivere», che inizia con «basta trappole contro i nostri mujaheddin» e «immediata espulsione di tutti gli stranieri dal Regno», a cominciare dai militari americani e dalle donne di servizio asiatiche.

Ma sulla strada di Nayef verso la corona - Abdullah ha 87 anni ed è anch’egli molto malato, reduce da prolungate cure anti-cancro a New York - gli ostacoli non mancano e la novità, rispetto alle passate lotte di potere in Arabia, è che questa volta assomigliano a un duello generazionale. I suoi maggiori avversari non sono infatti i fratelli sopravvissuti, figli del fondatore Ibn Saud e della moglie preferita Hassa, perché Bandar, Musaid e Mishaal sono anch’essi in gravi condizioni di salute e Salman, governatore di Riad, ama fare il filantropo e occuparsi di media - è il proprietario del quotidiano Asharq Al-Awsat - vestendo spesso i panni di mediatore nelle dispute interne. I più determinati rivali sono dunque i nipoti del fondatore Ibn Saud, che per la prima volta vedono la possibilità di arrivare alla corona e stanno tentando di convincere Abdullah a scegliere uno di loro, assicurando una guida più giovane e stabile al Regno assediato dalle rivolte arabe e dall’influenza iraniana.

Fra costoro il più abile, influente e determinato è il principe Bandar bin Sultan, figlio del defunto principe ereditario ed ex ambasciatore a Washington, che ha 62 anni e dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 ha svolto un ruolo di primo piano nel ricucire i legami con gli Stati Uniti. Nel 2009, tornato in patria, non nascose la contrarietà alla designazione di Nayef vice primo ministro, ottenendo il sostegno del principe Talal, padre del miliardario Al-Waleed considerato un punto di riferimento del fronte riformista, cui Abdullah ha concesso le prime aperture sul diritto di voto per le donne. A conferma del patto Bandar-Talal c’è uno studio della Società saudita sui diritti umani che ha criticato la gestione del ministero dell’Interno.

Fra i nipoti emergenti spiccano anche Khaled bin Sultan, vice ministro della Difesa e comandante dell’esercito, e Turki Al-Faisal, il potente ex capo dell’intelligence che negli Anni 80 fu il più importante alleato della Cia nel sostenere i mujaheddin afghani che si battevano contro l’Urss, inclusi quelli di Osama bin Laden.

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