Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 18/10/2011, a pag. 3, l'articolo dal titolo "Più li conosci più scopri quanto siano feroci i ribelli libici " .
Libia
Roma. “I delegati di Amnesty hanno udito urla e il sibilo delle frustate da una cella; hanno anche scoperto la presenza di minorenni insieme con i detenuti adulti e che le detenute sono controllate da personale maschile”. Così le ispezioni di Amnesty International nelle carceri di Tripoli e al Zawiya controllate dal Cnt, a un mese e mezzo dalla fuga di Muammar Gheddafi. Già il titolo del rapporto anticipa i resoconti agghiaccianti: “Sulla nuova Libia, la macchia degli abusi sui detenuti”.
Ora non si è più a ridosso dei combattimenti e della confusione dello scontro, la vita si dovrebbe essere normalizzata, ma, per quanto Tripoli sia sotto il controllo delle milizie del Cnt, Amnesty paventa il pericolo che il quadro carcerario resti esattamente quello del regime del rais. Le stesse finalità umanitarie della guerra avallata dall’Onu sono dunque pesantemente messe in discussione, anche se, con rare eccezioni, lo scandalo non trova riscontro sui media internazionali.
Amnesty non denuncia un quadro generico, ma molteplici episodi documentati dai suoi inviati con trecento interviste a detenuti in undici carceri delle due città: “Centinaia di persone sono state arrestate in casa, al lavoro, ai posti di blocco o semplicemente per strada. Molte sono state maltrattate al momento dell’arresto, colpite con i bastoni e con il calcio dei fucili, prese a pugni e a calci e insultate, spesso mentre erano ammanettate e bendate. In alcuni casi, i detenuti hanno riferito di essere stati feriti a colpi di arma da fuoco dopo essere stati arrestati. In alcuni casi, sono state riscontrate prove dell’uso della tortura per estorcere confessioni o per punire i detenuti.
Almeno due guardie, in due distinti centri di detenzione, hanno ammesso di aver picchiato i detenuti per ottenere confessioni più rapidamente; un diciassettenne del Ciad, accusato di essere uno stupratore e un mercenario, è stato preso a pugni e percosso con bastoni, cinture, calci dei fucili e cavi di gomma: “Alla fine ho detto quello che volevano”, dice; un nigeriano, presentato ad Amnesty come “mercenario e assassino”, ha detto di essere stato costretto a confessare dopo due giorni di pestaggi ininterrotti. In una prigione, gli inviati di Amnesty hanno individuato un bastone di legno, una corda e un tubo di gomma simili a quelli usati per picchiare i detenuti col metodo della Falaqa (le percosse sulla pianta del piede).
Ad Amnesty risulta che, soltanto a Tripoli e al Zawiya, siano state incarcerate circa 2.500 persone, quasi sempre senza mandato di cattura e senza controllo da parte della magistratura: “Molti sono stati portati via dalle loro abitazioni da persone che non si erano identificate e che erano alla caccia di presunti combattenti o lealisti del rais”.
La pratica generalizzata delle torture e dei pestaggi da parte delle truppe del Cnt, che di fatto controllano le prigioni, è così grave che persino l’inviata dell’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani, Mona Rishmawi, è stata costretta a confermare di aver ricevuto “informazioni che alludono a casi del genere”, aggiungendo che tra i detenuti, oltre a “combattenti e forse dei mercenari”, vi sono anche molti “immigrati”.
Rishmawi ha completato le cifre di Amnesty dichiarando che, in tutto il paese, “potrebbero esserci più di 7.000 incarcerati in 67 centri di detenzione”. Moltissimi tra le vittime di torture e carcerazioni arbitrarie, ha fatto notare Amnesty, non sono affatto “mercenari”, ma immigrati di colore o cittadini libici dalla pelle nera (discendenti degli schiavi), che costituiscono quasi la metà dei detenuti. Peraltro, al vaglio di Amnesty, anche le voci corali lanciate da al Jazeera, riportate dai media internazionali e avallate dal Cnt, secondo le quali le forze di Gheddafi erano composte da grandi quantità di mercenari subsahariani, si sono dimostrate decisamente esagerate.
L’inviato del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi, da Tawargha, a sud-est di Misurata, ha reso una cruda testimonianza della “pulizia etnica che ricorda i villaggi vuoti dell’ex Jugoslavia degli anni 90” portata a termine dalle milizie del Cnt. Quattro ragazzi della brigata Qatiba Namr di Misurata incontrati da Cremonesi nelle strade deserte, alludono anche alla possibile esistenza di fosse comuni: “Qui vivevano soltanto negri, negri stranieri, nemici dalla pelle scura che stavano con Gheddafi, ucciderli è giusto. Qui non hanno nulla da fare, se non morire. Siamo venuti ad assicurarci che nessun cane nero cerchi di tornare”.
Tawargha aveva 40 mila abitanti, tutti cittadini libici, ora è deserta e sui muri campeggiano ancora le scritte delle “Brigate per la punizione degli schiavi neri”. E’ l’ennesima testimonianza della persecuzione di immigrati e di libici dalla pelle nera da parte dei “ribelli del Cnt”, sempre ignorata dai governi europei e dalla Nato, nonostante le numerose denunce, come quelle del sacerdote eritreo don Mussie Zerai, che riferiva di telefonate disperate di immigrati eritrei dalla Cirenaica: “Ci stanno uccidendo con coltelli e machete. Vengono nelle nostre case, ci accusano a torto di essere mercenari del regime”.
A questi liberatori è meglio resistere
La ferocia dei ribelli del Cnt spiega perfettamente quanto ha stupito lo stesso comandante della campagna aerea della Nato in Libia, il generale Ralph Jodice, che l’11 ottobre ha dichiarato: “Siamo tutti sorpresi dalla tenacia delle forze pro Gheddafi che stanno combattendo strenuamente a Sirte e Bani Walid.” Questa “tenacia” non è prodotta da fanatismo o da fedeltà sino alla morte nei confronti del rais in fuga, ma dalla certezza di avere di fronte un avversario che, con la piena complicità della Nato, intende in molti casi sterminare i libici dalla pelle nera e governare la Libia come faceva Gheddafi. Gli ultimi bollettini del Cnt danno Bani Walid e Sirte per “quasi conquistate” e non c’è dubbio che prima o poi lo saranno. Ma la “nuova Libia” porta in sé i semi di una violenza efferata che la condannerà a un futuro di ritorsioni, vendette e instabilità.
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