David Gerbi, un uomo coraggioso
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
vorrei spendere questa cartolina informandovi del gesto di un uomo che non conosco, ma che mi sembra molto coraggioso. Sto parlando di David Gerbi, presidente dell'associazione internazionale degli ebrei espulsi dalla Libia. Nelle confuse vicende della "rivoluzione" libica, qualcuno ha detto a Gerbi che se voleva poteva entrare nel consiglio rivoluzionario a nome degli ebrei, che in Libia hanno avuto una presenza millenaria estirpata definitivamente dalla dittatura, com'è accaduto in Iraq, in Egitto, in Siria, in Libano e in tanti altri paesi arabi.
Gerbi ha avuto il coraggio di accettare, ha lasciato Roma, è andato da solo nel suo paese natale e si è messo a pulire il rudere cui era ridotta la principale sinagoga di Tripoli. Ovviamente è stato subito minacciato, bloccato, assediato nel suo albergo da una folla inferocita e ha potuto salvarsi solo con la scorta del ministro della giustizia del governo provvisorio (www.focusonisrael.org/2011/10/04/libia-antisemitismo-sinagoga-tripoli/): "«All'una di notte - ricorda ancora Gerbi - improvvisamente si è fatto silenzio. Mi sono affacciato dalla finestra ed ho visto il ministro ad interim della Giustizia Mohammed al-Alagi che è riuscito a convincere i manifestanti ad andarsene. Dopo mi ha raccontato di aver detto loro che nessun paese civile del mondo avrebbe tollerato se mi avessero fatto del male. E loro hanno ceduto».
«Al-Alagi - continua Gerbi - mi ha detto che la mia presenza in questo momento poteva essere una fonte di tensione e di destabilizzazione. A lui ho risposto che non intendevo andare via di nuovo come una vittima. Mi ha sottolineato che si trattava soltanto di un paio di settimane.»" (Massimo Lomonaco su un flash Ansa dell'11-10-2011 19:28).
Ripeto, bisogna ammirare il coraggio di Gerbi a entrare disarmato nella gabbia delle fiere di Tripoli, solo e disarmato, e provare a vivere tranquillamente da ebreo, ripulire la sinagoga e pregare per le feste. Ed essere contento che ne sia uscito senza danni.
Bisogna fare due riflessioni, però. La prima è che le aperture di credito alla "primavera araba" in tutte le sue forme non funzionano affatto. La disponibilità non solo dei governi, ma anche degli abitanti supposti ribelli ad accettare la diversità, la pluralità religiosa e ideologica e quindi la democrazia è scarsissima.
Ormai ne abbiamo esempi quotidiani, da questo all'assalto dell'ambasciata israeliana al Cairo, ai tentativi di stupro ai danni delle giornaliste che si sono affacciate a Piazza Tahir, fino agli assalti in Tunisia contro la proiezione di film non graditi agli islamisti che ormai comandano.
La seconda è che su queste cose i giornali informano pochissimo, anche quando sono ben note e sono diffuse anche dalle agenzie. L'idea che i giornali debbano raccontare quel che accade ed eventualmente poi cercare di commentarlo e di spiegarlo non si applica assolutamente più.
I giornali partono dai loro pregiudizi ideologici (in questo caso che le rivolte arabe sono buone, che l'Islam è tolleranza e pace eccetera eccetera, e poi decidono se pubblicare o meno le notizie a seconda che confermino o meno i loro pregiudizi.
Ugo Volli