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Il Foglio Rassegna Stampa
12.10.2011 Aggiornamenti sulla situazione in Siria
analisi di Daniele Raineri

Testata: Il Foglio
Data: 12 ottobre 2011
Pagina: 1
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Chi sta uccidendo i cattedratici di Siria? Forse non è il regime»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 12/10/2011, a pag. 1-4, l'articolo di Daniele Raineri dal titolo "  Chi sta uccidendo i cattedratici di Siria? Forse non è il regime".


Daniele Raineri   Siria

Il Cairo, dal nostro inviato. Non si capisce ancora chi è responsabile di una catena di omicidi eccellenti in Siria. L’ultima vittima è Saria Hassoun, 22 anni, figlio del Gran Muftì, capo dei sunniti, assassinato a raffiche di mitra in autostrada mentre guidava verso l’università di Aleppo. Con lui è stato ucciso Mohammed al Omar, professore di Storia dell’università. A fine settembre a Homs sono stati uccisi uno scienziato nucleare e tre accademici. L’opposizione sostiene che si tratta del regime, che avrebbe inaugurato una campagna contro gli intellettuali per terrorizzare la popolazione. Il governo incolpa senza esitazioni i “terroristi”, ovvero i rivoluzionari. Gli omicidi mirati sono diventati un fatto quasi quotidiano, specialmente nella provincia centrale di Homs, che include la piccola cittadina di Rastan, dove i disertori dell’esercito siriano hanno creato il primo nucleo di oppositori che non crede più alla ribellione pacifica ma vuole una lotta militare e dove professori e funzionari dello stato sono presi di mira secondo una tattica che ricorda quella usata dai Fratelli musulmani durante la loro ribellione armata dal 1976 al 1982. Ricorsi storici. Secondo Thomas Pierret, ricercatore di Islam contemporaneo all’Università di Edimburgo e autore di un saggio in uscita sul partito Baath e l’islam in Siria, il primo religioso sunnita ucciso dai Fratelli musulmani nel 1979 fu proprio il figlio del Gran Muftì di allora, Ahmad Kaftaru. Gli islamisti nel 1980 uccisero anche Mohammed al Shami, figura chiave dell’establishment religioso di Aleppo, nel 1981 Rashid al Khatib, predicatore della moschea degli omayyadi a Damasco, e ferirono in modo grave Salah Uqla, un altro predicatore di Damasco fedele al regime. I professori assassinati facevano parte delle minoranze sciita, cristiana e alawita. Saria è la prima vittima sunnita, ovvero appartenente alla grande maggioranza che da sette mesi s’è sollevata contro il presidente Bashar el Assad. Il padre, il Gran Muftì, non crede alla tesi degli omicidi di stato: durante il funerale ad Aleppo trasmesso dalla tv di stato, ha ricordato il figlio con un’orazione commovente e ha ringraziato il regime. Due giorni fa ha minacciato i paesi della Nato: “Parlo all’Europa e parlo all’America: stiamo preparando attentatori suicidi, sono già nei vostri paesi, pronti a colpirvi se attaccherete la Siria o il Libano. Da oggi è occhio per occhio e dente per dente. E chi aggredisce darà il via. Quando i primi missili colpiranno la Siria, i figli del Libano e della Siria partiranno per l’Europa e per la Palestina, dove diverranno martiri”. Nessuno era stato così esplicito, tranne lo stesso Assad che ha minacciato di bombardare per rappresaglia Tel Aviv. O il Gran Muftì sunnita appoggia genuinamente il regime o è bravissimo a mascherare il suo orrore. Hassoun è da tempo un bersaglio abituale dell’opposizione siriana per il suo sostegno agli Assad e la sua ostilità ai ribelli: è considerato un collaborazionista, rappresentante di quella classe privilegiata di sunniti benestanti che vedono nel regime la fonte della loro ricchezza. La corruzione dei religiosi di Aleppo è una lamentela diffusa e antica e così i ribelli protestano contro una figura che in teoria sono chiamati a rispettare: “Ascolta, ascolta Hassoun, togliti il turbante e mettiti un paio di corna”, è uno dei canti che s’alzano a Homs nei cortei. Se non è possibile sapere di più sugli omicidi degli intellettuali, l’assassinio del capo dell’opposizione curda Mashaal Tammo è stato un atto di regime. “Grosso sbaglio”, commenta il figlio, dopo i funerali trasformati dai curdi siriani in una manifestazione gigantesca. E’ un altro pezzo di Siria che si sposta contro Damasco. Resta ancora fedele la classe dei businessman e dei commercianti, il cui ruolo è decisivo. Ma gli analisti turchi e americani, in un articolo ieri sul New York Times, dicono che l’economia siriana non può sostenere il regime più di 6-18 mesi. Senza turismo, senza le importazioni da Turchia e Ue (l’80 per cento) e senza l’Europa a comprare il petrolio, Assad perde denaro, che conta più delle affiliazioni religiose.

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