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La Stampa Rassegna Stampa
11.10.2011 Scherma: l'atleta tunisina boicotta l'incontro con l'israeliana Noam Mills
Solo il quotidiano torinese diffonde la notizia. Perchè?

Testata: La Stampa
Data: 11 ottobre 2011
Pagina: 1
Autore: Marco Ansaldo - Domenico Quirico
Titolo: «Scherma, immobile in pedana tunisina boicotta Israele - Rivolte, atto secondo»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 11/10/2011, a pag. 1-44, l'articolo di Marco Ansaldo dal titolo " Scherma, immobile in pedana tunisina boicotta Israele ", a pag. 1-33, l'articolo di Domenico Quirico dal titolo " Rivolte, atto secondo ".

Un plauso alla Stampa per aver diffuso la notizia. Gli altri quotidiani italiani l'hanno ritenuta di poco conto. L'atteggiamento antisemita della Tunisia post- 'primavera' è indicativo di come, in realtà, non si tratti di una transizione verso la democrazia, ma verso un inverno islamista. Uno dei primi atti ufficiali della nuova Tunisia era stato quello di annunciare di non voler avere nulla a che fare con Israele.
Notiamo che persino Domenico Quirico si sta risvegliando dal sogno della 'primavera' araba per rendersi conto che non si tratta di niente del genere.
Ecco i due articoli:

Marco Ansaldo - " Scherma, immobile in pedana tunisina boicotta Israele"


                                         Sarra Besbes, Noam Mills

Israele scopre le nuove frontiere del boicottaggio nello sport. Non soltanto il Kuwait, l’Arabia Saudita o l’Iran. Ora il confronto con gli atleti di Tel Aviv è rifiutato persino da un Paese come la Tunisia che non si era mai messo di traverso. Ieri, ai Mondiali di scherma di Catania, una delle migliori spadiste africane, Sarra Besbes, è salita in pedana nel girone di qualificazione contro l’israeliana Noam Mills ma è rimasta completamente passiva al punto da subire a raffica le cinque stoccate che le hanno fatto perdere l’incontro.

Un comportamento anomalo che non è sfuggito ai direttori di gara, i quali non potevano prendere provvedimenti perché non si trattava di un rifiuto ma, apparentemente, di una sconfitta. La Besbes, 22 anni, appartiene a una famiglia di schermidori: la madre era una delle specialiste più note in Tunisia, tre sorelle e un fratello fanno parte della Nazionale e il padre è nel direttivo della Federazione. Lei, Sarra, è stata c a m p i o n e s s a africana e punta a un posto per le Olimpiadi di Londra. Insomma non è una fuoriclasse ma neppure l’ultima arrivata e c’è più del fondato sospetto che la sua sia stata una scelta ponderata e ispirata dai dirigenti della sua Federazione. Persino la rivale, vincente, ha reagito al successo con un pianto. La sconfitta per 5-0 è costata alla tunisina anche il ko definitivo, nel turno successivo le è toccata la cinese Li Na, che l’ha eliminata facilmente. La Mills invece ha proseguito il cammino eliminando la messicana Teran ed è entrata nel tabellone principale da cui giovedì uscirà la nuova campionessa del mondo. Sarra e i dirigenti tunisini hanno preferito evitare il commento. Certo che si tratta di una svolta curiosa per il Paese uscito dalla rivoluzione per approdare alla democrazia, quasi che il mondo dello sport si fosse spostato verso il fondamentalismo islamico. Qualche segnale si avverte anche in Egitto. Negli anni scorsi la squadra femminile si presentava all’appuntamento con un abbigliamento decisamente occidentale, oggi molte atlete vestono il velo. Il problema del boicottaggio è più che mai presente. Se quello della tunisina colpisce per la novità ma è stato adottato in una maniera soft, l’Iran continua nella sua politica del rifiuto netto e sbandierato in tutte le grandi manifestazioni sportive.

Domenica Sayyad Ghanbari Hamad, un fiorettista di Teheran, si è ritrovato nel girone di qualificazione l’israeliano Tomer Or e si è ritirato senza tirare con lui né con gli altri avversari che gli erano toccati nel sorteggio. Due incidenti diplomatici in due giorni. Se il boicottaggio mascherato prende piede chissà cosa succederà ai Giochi di Londra 2012.

Domenico Quirico - " Rivolte, atto secondo "


Domenico Quirico

Astuti, sottili, pazienti, santamente bugiardi, capaci di alternare il sorriso e la minaccia, con in mano le pietre (in attesa di impugnare altri apparecchi di ben più mortifero Jihad) e intanto spergiuranti di essere moderati e tolleranti con gli altri, i laici i democratici i comunisti, insomma gli empi. Eccoli: gli islamici, si preparano a incassare il conto, ovvero il Potere, a dipingere di verde le bandiere della Primavera araba che erano così disordinatamente cromatiche e arcobaleno. Gli occidentali, tardi, stupidi, ansiosi di farsi ingannare, si attardano ancora ad applaudire «i ragazzi di Internet» che sull’altra sponda del mare avrebbero, secondo un ben oliato luogo comune che ci accontenta e ci tranquillizza, cambiato il mondo arabo e cacciato i dittatori. E intanto loro, il partito di Dio, sono già pronti a mettere un ordine nel caos, questo sì definitivo e irrevocabile, a riportare l’igma, il consenso alla sua radice unica, cioè l’islam. Silenziosamente modificano i cromosomi della società, del costume quotidiano. La avvelenano. Ieri una giovane spadista tunisina, la Tunisia «laica e rivoluzionaria», dove a Djerba vive, ahimè, ormai blindata, una tenace e antica comunità ebraica, ai mondiali di scherma di Catania non ha voluto combattere contro una israeliana. Non è un episodio minore: è un segno di quanto il loro lavoro di erosione sia già profondo e redditizio.

Cominciano dalla Tunisia: naturalmente. Perché qui tutto è iniziato e perché il 23 ottobre le elezioni offriranno loro l’occasione più ghiotta di conquistare il potere dall’interno, secondo il manuale di tutti i moderni aspiranti autocrati, atei o religiosi che siano. Niente golpe, insurrezioni, semmai la via piana, «democratica», allo stato totalitario. Come in Algeria, eterno modello, che solo un golpe dei militari bloccò. A Tunisi già se ne parla, neppure a mezza voce, come ultimo rimedio se…

La strategia degli islamici tunisini: da manuale, superbamente duplice. Prima mossa è stata dividersi, apparentemente. C’è un partito legale, «democratico», antico, Ennadha, con stigmate di opposizione alla dittatura guadagnate nelle galere, sui patiboli, nell’esilio consumato per anni in 50 Stati. Promette democrazia ad ogni comizio e in ogni documento laicità, libertà ed economia di mercato. E poi c’è l’ala dura, «i talebani» come li chiama la gente intimorita, quelli dei bastoni, dei cortei che esigono la sharia subito e lo Stato islamico domani. Teste calde, isolati? Hanno lavorato molto e bene, questi integralisti del randello, sfruttando a dovere questi mesi di caos, con un governo asfittico, di transizione, senza alcuna investitura, guidato da notabili che nel periodo della dittatura sono sopravvissuti benissimo, sdraiati in profittevoli poltrone; con l’economia disfatta e la miseria e l’insicurezza che crescono a vista d’occhio.

Domenica si sono radunati nel campus dell’università di Tunisi, diverse centinaia, armati di coltelli e bastoni inveivano contro il rifiuto delle autorità accademiche di iscrivere una studentessa che indossava il niqab, il velo integrale; e contro la programmazione in televisione di un film, «Persepolis», che giudicano blasfemo. Si sono scontrati con la polizia al grido di «moriremo per Allah» (inquietante programma operativo). Sono spunti perfetti del lento lavoro di erosione che svolgono nella società: mutare i costumi, giorno per giorno, con la persuasione e le minacce, seppellire la laicità. E un giorno la Tunisia si scoprirà inerme, diversa dalla sua storia recente, rassegnata alle corde islamiche.

Sono giovani, usciti dalle banlieues zeppe di miseria e di rabbia, da cui sono uscite le plebi giovanili, i «teppisti», che hanno fatto cadere Ben Ali. E che ora, delusi dalla transizione democratica che ha regalato loro solo retorica e chiacchiere, potrebbero diventare le fanteria della seconda rivoluzione, islamica questa volta. La doppia campagna elettorale, come si vede, procede con regolarità. Cortei, intimidazioni nei confronti dei laici, dei liberali, delle donne che non rispettano i «buoni costumi»; e discorsi rassicuranti del leader del partito, Rashed Ghannouci, politico di antico corso, che fanno balenare il modello turco, la scopiazzatura di Erdogan, Islam e democrazia coniugati nel nome della buona volontà e dello sviluppo. «Ennadha», nel caos di 150 partitini sorti dal vuoto della dittatura, guida tutti i sondaggi per il 23 ottobre. Prepariamoci: nel Maghreb il secondo capitolo sta per essere scritto. Non ci piacerà.

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