Afghanistan, 10 anni dopo. Duri colpi ad al Qaeda, ma la guerra non è ancora vinta Commento di Carlo Panella
Testata: Libero Data: 07 ottobre 2011 Pagina: 19 Autore: Carlo Panella Titolo: «Dieci anni a Kabul. Talebani ancora forti»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 07/10/2011, a pag. 19, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Dieci anni a Kabul. Talebani ancora forti".
Carlo Panella, Afghanistan
Dieci anni esatti di guerra in Afganistan: migliaia di militari occidentali morti sul campo, tra loro 44 italiani, migliaia di vittime civili ma anche migliaia di Talebani e militanti di Al Qaeda uccisi. Ne valeva la pena? È stato giusto condurre la guerra in Afganistan? La domanda è lecita, la risposta non immediata, i dubbi legittimi, ma basta soffermarsi ad analizzare le ragioni di quel conflitto e con facilità, ma anche con sofferenza, si giunge ad una conclusione univoca: sì, è stato giusto. Il 7 ottobre del 2001, quando sono iniziate le operazioni belliche degli Usa e degli alleati, l’Afganistan era governato dai Talebani che affliggevano la popolazione con una dittatura feroce e medioevale e che avevano offerto a Osama binLaden un santuario sicuro e protetto per organizzare non solo l’11 settembre di New York, ma anche gli attentati che di lì a poco hanno fatto strage in mezzo mondo, a Bali, a Londra, a Madrid, in Arabia Saudita e in Marocco. Se il mondo civile avesse permesso che Talebani e al Qaida agissero indisturbati, il Jiahd perverso di al Qaida avrebbe potuto spaziare indisturbato seminando morte in tutto il mondo, Italia inclusa. Oggi, dopo dieci anni di guerra, possiamo affermare che Al Qaeda è stata colpita a morte. Non solo è stato ucciso Osama Bin Laden, ma anche i suoi principali uomini d’arme sono caduti. L’ultimo, l’imam Awlaqi, cittadino Usa, che aveva tentato di fare saltare il26 dicembre 2009 il volo Amsterdam-Detroit, è stato ucciso pochi giorni fa in Yemen da un drone che Obama ha ordinato di lanciare, una esecuzione sommaria che fa impallidire le contestazioni umanitarie e legaliste dello stesso Obama ai rigori di Guantanamo. Detto questo, va anche però rilevato che oggi in realtà l’Afgani - stan non è pacificato: i Talebani non sono affatto stati sconfitti, sì che possono portare a termine attentati sin nel cuore di Kabul, come quello che il 21 settembre ha ucciso l’ex presidente Burhanuddin Rabbani. Le ragioni di questa “non vittoria” Usa e Nato in Afganistan sono fondamentali, perché ci conducono al cuore del problema. L’ammiraglio Mike Mullen, capo degli Stati Maggiori Usa, il 23 settembre ha apertamente accusato parte dei servizi segreti del Pakistan (Isi) di avere rapporti organici con il networkHaqqani, il nucleo piùduro e spietato dell’alleanza talebana. Questa alleanza perversa tra settori delle forze armate del Pakistan e i Talebani (ma anche con al Qaida, come si è visto dal rifugio da questi settori dell’Isi offerto a Bin Laden ad Abbottabad) è una realtà nota agli analisti da anni e incontrovertibile, tante sono le prove a suffragarla. Una realtà che costringe a prendere atto che il problema del terrorismo islamico va ben al di là della vicenda di al Qaida e che quindi non scomparirà con la sua sconfitta. Una realtà forgiata dai principi del fondamentalismo, prodotta da una ideologia jihadista e oscurantista, che ha lo spessore di uno scisma religioso maturato negli ultimi decenni nel corpo dell’Islam. Una realtà che verrà sconfitta solo quando - e se - il corpo dell’Islam si deciderà finalmente a reagire non solo sul piano militare, ma anche contrastando i principi religiosi intolleranti e violenti che la animano. Sino a quando questo non avverrà - e al di là delle parole, questo non sta avvenendo - il terrorismo islamico come una araba fenice continuerà a agire e a seminare morte e l’occidente, sarà costretto a difendersi, armi alla mano, come ha fatto con onore per dieci anni in Afghanistan.
Per inviare la propria opinione a Libero, cliccare sull'e-mail sottostante