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Informazione Corretta Rassegna Stampa
05.10.2011 Lo Stato palestinese partner per la Democrazia ?
Le perplessità e riserve di alcuni parlamentari europei

Testata: Informazione Corretta
Data: 05 ottobre 2011
Pagina: 1
Autore: Redazione
Titolo: «»

Dopo il voto di oggi a Strasburgo sulla richiesta palestinese per ottenere lo status di Partner per la Democrazia in seno all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (CdE) e in vista dell'intervento davanti all'Assemblea giovedì prossimo del Presidente palestinese Abu Mazen, alcuni parlamentari, delegati al CdE, hanno espresso con una lettera le loro perplessità e le loro preoccupazioni per la rapidità e la superficialità della procedura di approvazione.
La lettera – riportata a seguire - che dà ampia spiegazione delle riserve sul testo votato è stata sottoscritta da diversi parlamentari tra cui
On. Roland Blum (UMP/France)
Sen. Rossana Boldi (Ldp/EDG),
On. Fiamma Nirenstein (Pdl/PPE),
On. Rudy Salles (EPP/France),
Sen. Giuseppe Saro (EPP/Italy),
On. Giacomo Stucchi (EDG/Italy),
On. Marco Zacchera (EPP/Italy).

3 Ottobre 2011

Cari Colleghi,

assistiamo con perplessità e sconcerto alla rapida approvazione di una richiesta volta a ottenere lo status di Partner per la Democrazia in seno alla Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa. Non crediamo che il modo in cui è stata gestita questa problematica nel suo complesso e la conclusione verso la quale è avviata aiuteranno realmente l’Autorità Palestinese nel suo sforzo di diventare uno stato democratico, obiettivo senz’altro molto auspicabile, per il quale elogiamo il Presidente Mahmoud Abbas (Abu Mazen), al quale formuliamo i nostri migliori auspici per la sua prossima visita alla nostra Assemblea.

Formuliamo altresì ai Palestinesi e agli Israeliani il nostro augurio per un rapido ritorno al tavolo del negoziato, per realizzare gli obiettivi che tutti desideriamo: due Stati per due popoli che vivano l’uno accanto all’altro in pace e sicurezza.

La nostra perplessità è dovuta alla difficoltà di conciliare la realtà dell’Autorità Palestinese con il quadro delineato nel Progetto di Risoluzione che sarà votato martedì. Pur auspicando che le finalità indicate possano essere perseguite senza indugi, riteniamo tuttavia che i numerosi principi e incoraggiamenti ivi elencati avrebbero dovuto essere oggetto di una verifica più approfondita, prima di imboccare la strada dell’innalzamento dello status della delegazione che siede al Consiglio d’Europa. Nutriamo la preoccupazione che le buone intenzioni che sottendono il cambiamento di status possano produrre risultati opposti a quelli attesi e auspicati in ordine al futuro dell’Autorità Palestinese.

L’Autorità Palestinese è drammaticamente divisa in due fazioni: Fatah e Hamas. Nel maggio 2011 c’è stato un controverso patto di conciliazione e oggi, malgrado i numerosi disaccordi, Abu Mazen è fortemente impegnato nel rinnovarlo e renderlo effettivo. Ma Hamas è nell’elenco delle organizzazioni terroriste dell’Unione europea e degli Usa; il suo lavoro si basa su uno statuto anti-semita e anti-occidentale in cui promette di distruggere Israele; da oltre cinque anni tiene il soldato Gilad Shalit in una prigione segreta e nessuno, nemmeno la Croce Rossa, ha mai potuto acquisire informazioni dirette sulle sue condizioni; impone alla popolazione una pesante legislazione islamica, la Sharia.

Il mandato del Presidente Abu Mazen è iniziato il 9 febbraio 2005 e in realtà si è concluso il 9 gennaio 2009. Egli lo ha prolungato di un anno e poi ulteriormente rinnovato. Oggi si sente dire che le elezioni sono in arrivo: auspichiamo che il Consiglio d’Europa possa constatare quanto prima il ritorno dell’Autorità palestinese al sistema elettorale.

In materia di diritti dei cittadini: secondo il Rapporto 2010 di Freedom House, le donne “sono sottoposte a norme sullo status personale assai restrittive, con disposizioni discriminatorie in materia di matrimonio, divorzio e custodia dei figli. La violenza domestica rimane un problema assai significativo e la violenza contro le donne è aumentata negli ultimi anni. Norme e tradizioni discriminatorie regolano l’eredità, gli alimenti, le opportunità di lavoro… Sono molto aumentati anche i cosiddetti “delitti d’onore”, cioè l’uccisione di donne da parte dei parenti come punizione per rapporti  extra-coniugali.” Per quanto concerne Hamas, l’organizzazione islamista ha recepito a Gaza lo hudud, un codice penale unificato del settimo secolo che comprende sanzioni quali amputazioni, flagellazioni e lapidazioni.

L’Autorità Palestinese applica la pena di morte e, secondo Human Rights Watch, ci sono attualmente almeno 21 detenuti in attesa di essere giustiziati. Nel 2011 tre persone sono state giustiziate e altre due condannate a morte. Nel luglio 2011 due uomini sono stati impiccati con l’accusa di “collaborazionismo” con Israele. Al tempo stesso, dobbiamo riconoscere che il Presidente Abu Mazen ha chiesto ai giudici la sospensione delle esecuzioni, sin dal 2005.

Omicidi ‘accidentali’, ma in realtà volontari, sono all’ordine del giorno, senza la possibilità di interventi decisivi da parte delle forze di sicurezza poiché esistono fazioni e milizie reclutate su base politica o familiare che combattono tra di loro nelle strade. Sappiamo che la leadership palestinese cerca di contrastare questo fenomeno e che nondimeno ha un forte impatto sulla società. Palestinesi sospettati di collaborare con Israele sono stati linciati o fucilati in strada, a volte dopo essere stati rapiti dal carcere.

La legge palestinese, basata sul codice penale giordano del 1960, proibisce le attività omosessuali: la comunità gay all’interno dell’Autorità Palestinese ha quindi vita difficile ed è esposta a sanzioni e persecuzioni. Di conseguenza molte persone omosessuali fuggono e cercano rifugio in Israele.

Anche se la legge lo vieta, molti minori (le stime arrivano addirittura al 72%) lavorano in negozi, fattorie, fabbriche e aziende.

In materia di libertà di opinione, abbiamo letto che nel 2006 sono stati uccisi o feriti da gruppi armati o dalle forze di sicurezza almeno 16 giornalisti palestinesi. Le forze di sicurezza dell’Autorità palestinese, scrive Human Rights Watch, hanno arrestato in modo arbitrario e, a volte, compiuto violenze a danni di numerosi giornalisti nella Cisgiordania.

Con riferimento alla condizione dei cristiani, ci sono numerose testimonianze di abusi e, persino, persecuzioni da parte musulmana. A Betlemme, negli ultimi decenni, la popolazione cristiana si è ridotta dal 90% al 15%. Per non parlare di Gaza, dove le persecuzioni sono all’ordine del giorno e arrivano fino all’omicidio.

Si deve precisare che in numerose dichiarazioni della leadership di Fatah si afferma che nel futuro stato palestinese non saranno ammessi ebrei e certamente non possiamo accettare questa condizione come valida premessa per la democrazia e la coesistenza.

Per queste e altre ragioni, pur auspicando un futuro di pace e democrazia per l’Autorità Palestinese e apprezzando l’impegno che sottende la richiesta di un nuovo status presso il Consiglio d’Europa, ravvediamo l’esigenza di uno sforzo enorme per adempiere a tale impegno e, da parte delle Istituzioni europee, la necessità di un approccio più attento e approfondito nel monitorare e accettare questo processo.

On.
Roland Blum (UMP/France)
Sen. Rossana Boldi (Ldp/EDG)
On. Fiamma Nirenstein (Pdl/PPE)
On. Rudy Salles (EPP/France)
On. Giuseppe Saro (EPP/Italy)
On. Giacomo Stucchi (EDG/Italy)
On. Marco Zacchera (EPP/Italy)


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