sabato 21 settembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Stampa Rassegna Stampa
03.10.2011 Negoziati: Israele accetta di riprenderli, l'Anp rifiuta
Cronaca di Aldo Baquis

Testata: La Stampa
Data: 03 ottobre 2011
Pagina: 14
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Netanyahu: negoziati con i palestinesi»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 03/10/2011, a pag. 14, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Netanyahu: negoziati con i palestinesi ".

Nella foto a destra, "Uno Stato ebraico, che cosa dovrebbe significare ? Chiamatelo come volete, ma non lo accetto e lo dico in pubblico ".
Abu Mazen, 27/04/2009


Gerusalemme, Bibi Netanyahu, Abu Mazen

Israele ha accettato la proposta del Quartetto di tornare al tavolo dei negoziati senza precondizioni. Qual è stata la risposta dei palestinesi? La solita. Non sarebbe nemmeno da scrivere, è una non-notizia. Abu Mazen ha rifiutato, pretende prima il congelamento delle costruzioni in quelle che lui definisce 'colonie', Gerusalemme compresa.
Anche Repubblica ha riportato la notizia, con una cronaca di Fabio Scuto fondamentalmente corretta, fatta eccezione per il catenaccio, che recita : "
Ma Netanyahu insiste: 'Altri 1100 alloggi in Cisgiordania' ". Scuto ripete questa frase anche nel suo articolo. I 1100 alloggi saranno a Gilo, un quartiere di Gerusalemme, non in Cisgiordania. Gerusalemme è la capitale di Israele, non è ben chiaro per quale motivo uno Stato non possa costruire abitazioni nella propria capitale.
Ecco l'articolo:

Un passo avanti, due indietro: la ripresa di negoziati di pace israelo-palestinesi, perorati con forza ed autorità dal Quartetto il 23 settembre scorso, non sembra avvicinarsi nemmeno dopo l’annuncio di Benyamin Netanyahu di aver ieri ottenuto dal proprio governo il tanto atteso «via libera».

Ma se il premier israeliano sperava di sentire da Ramallah espressioni di incoraggiamento, si è presto dovuto ricredere. I dirigenti palestinesi sono invece partiti alla controffensiva esigendo da Israele passi concreti «e non più solo belle parole», aprendo il fuoco anche in direzione del rappresentante regionale del Quartetto: l’ex premier britannico Tony Blair che ormai a Ramallah viene beffardamente definito «un membro di second’ordine del governo israeliano».

A coronare il quadro scoraggiante sono sopraggiunte una profonda crisi di fiducia della cancelliera tedesca Angela Merkel nei confronti di Netanyahu («reo» di aver annunciato l’estensione di progetti edili ebraici a Gerusalemme Est proprio mentre la Germania su sua richiesta stava conducendo uno sforzo diplomatico per bloccare la domanda della Palestina di piena adesione all’Onu), e un’altra crisi di fiducia dell’Anp nei confronti degli Stati Uniti dopo aver appreso che il Congresso potrebbe congelare 200 milioni di dollari di aiuti ai Territori per «punire» Abu Mazen della sua iniziativa alle Nazioni Unite. Un ex ministro palestinese, Cadura Fares, ha osservato che la ragion d’essere dell’Anp era di pilotare i palestinesi dei Territori «verso la pace e verso uno Stato indipendente». Se adesso gli Usa vogliono prosciugare le casse dell’Anp, l’intero progetto politico di Oslo verrà messo in dubbio. Forse che Stati Uniti ed Israele hanno nei Territori un’opzione migliore di quella rappresentata da Abu Mazen e dal suo premier Salam Fayad?

Dieci giorni fa, quando la questione della Palestina era approdata al Consiglio di Sicurezza, il Quartetto aveva chiesto a israeliani e palestinesi di produrre uno sforzo particolare per rilanciare negoziati senza precondizioni nell’intento di concludere un accordo di pace entro il 2012. Ieri, dunque, forse anche per placare le ire della Merkel, Netanyahu ha dato il suo assenso anche se, ha precisato, Israele ha alcune riserve. Ma i portavoce palestinesi hanno replicato che l’Anp non tornerà a negoziare con lui se non si impegnerà preventivamente a congelare gli insediamenti e a stabilire le linee armistiziali antecedenti il 1967 come punto di partenza per la definizione di futuri confini di pace.

Mentre Gerusalemme e Ramallah si palleggiavano queste dichiarazioni, il viceministro israeliano degli Esteri Dany Ayalon era in escursione sulle alture di Ghilo’ da dove si ammira sia il panorama di Gerusalemme (con la Knesset e la Città vecchia) sia, guardando verso Sud, quello di Betlemme. Le sue terre si trovano entro i confini municipali di Gerusalemme, ma anche in territori cisgiordani che erano sotto controllo giordano fino al 1967. A Ghilo’ risiedono 45 mila israeliani e adesso si progetta la costruzione di altri 1100 alloggi. «Questo è un rione di Gerusalemme» ha precisato Ayalon. «Abbiamo costruito qua in passato, costruiamo adesso, costruiremo anche in futuro». Non proprio le parole capaci di acquietare in questi giorni le apprensioni dei dirigenti palestinesi.

Nel frattempo l’Anp moltiplica gli attacchi personali (sia in pubblico, sia anonimi) nei confronti di Blair. Secondo Bassam al-Salhi, un dirigente dell’Olp, «quell'uomo ha perso la sua credibilità». Un funzionario palestinese ha sostenuto che Blair ha sperperato 100 mila dollari all’anno per crearsi nell’American Colony di Gerusalemme Est una lussuosa base operativa: non per favorire la pace, «ma per cercare di aggiudicarsi la presidenza dell’Ue, o la guida dell’Onu». Fra così tanti rancori e veleni, la celere ripresa di negoziati di pace appare dunque molto remota.

Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sull'e-mail sottostante


lettere@lastampa.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT