Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 02/10/2011, a pag. 16, l'articolo di Giordano Stabile dal titolo " Kabul, colpo al vertice degli alleati dei taleban ".
Hamid Karzai, presidente dell'Afghanistan
Haji Mali Khan, con la sua falange di attentatori suicidi, molti reclutati oltre la frontiera pachistana, aveva trasformato il network terroristico Haqqani, alleato dei taleban, nel gruppo più attivo e temuto in questa fase della guerra afghana. Forte dell’appoggio privilegiato dei servizi pachistani, come ha denunciato apertamente l’ex capo di Stato maggiore americano, ammiraglio Mike Mullen, l’organizzazione ha messo a segno i colpi più spettacolari degli ultimi mesi, nel cuore del Kabul: operazioni che hanno inflitto perdite minime agli occidentali ma hanno impressionato l’opinione pubblica afghana. Una brutale occupazione della scena il vista del 2014, quando le truppe della Nato si ritireranno.
Il messaggio di Mullen era una bella strigliata in pubblico ai pachistani, ma forse è servito anche da sprone alle forze Nato. Che ieri, in una missione congiunta con l’esercito afghano nella provincia di Paktia, hanno catturato Mali Khan e il suo braccio destro. Mali Khan era «responsabile degli attacchi suicidi e del finanziamento del gruppo», ha specificato la Nato. Ma era anche famoso per la sua spietatezza, «specie con le popolazioni locali nelle zone controllate dal clan, nelle valli di montagna al confine con il Pakistan», sottolinea Mohammad Zaki Faizi, esperto di terrorismo della «Noorin Tv» di Kabul.
Mali Khan è lo zio di Sirajuddin Haqqani, figlio a sua volta di Jalaluddin, il comandante del clan. Haqqani si è guadagnato la sua fama contro i sovietici nella battaglie sulle montagne tra le province di Paktia e di Khost, come quelle sul passo di Gardez, di Jaji, l’assedio di Khost, i combattimenti sulla collina 3234, contro una compagnia di parà, aiutato da centinaia di volontari arabi, il primo link di una relazione speciale con Al Qaeda. E da Al Qaeda gli Haqqani hanno mutuato la tecnica di blitz con attentatori suicidi.
L’attacco all’hotel Intercontinental, mentre era in corso una riunione sulla transizione della gestione della sicurezza alle forze afghane, quello all’ambasciata americana e al quartier generale dell’Isaf nel centro di Kabul, con 20 ore di sparatorie, hanno fatto ripiombare la capitale in un senso di insicurezza che non si vedeva dalla fine del 2009. Era l’obbiettivo di Mali Khan, organizzatore degli attacchi. Ma anche dell’ala più dura dei taleban. Che hanno aumentato la pressione sulle pattuglie della Nato: sempre ieri, a Bala Baluk, è stato distrutto un mezzo blindato italiano, un Lince, per fortuna senza che fosse ferito nessun militare. Ma i taleban hanno anche messo a segno due omicidi eccellenti in pochi mesi: quello del fratello di Karzai, Ahmed Wali, a Kandahar, e quello dell’ex presidente Burhanuddin Rabbani, leader delle trattative con gli islamisti moderali, a Kabul.
Due colpi micidiali alle speranze di pace. Tanto che ieri lo stesso presidente Hamid Karzai ha annunciato la fine delle trattative. «Dov’è il Consiglio dei taleban, dov’è l’altra parte? - ha chiesto polemicamente -. Non sappiamo con chi parlare. Per questo possiamo dialogare soltanto con il Pakistan». A suo modo una dichiarazione che collima con le accuse a Islamabad dell’ammiraglio Mullen. Nella corsa al dopo 2014 è difficile capire che manovra chi. Karzai chiede al Pakistan di uscire allo scoperto. E mollare gli oltranzisti taleban.
Per inviare la propria opinione alla Stampa, cliccare sull' e-mail sottostante