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La Stampa Rassegna Stampa
28.09.2011 Nuove case a Gerusalemme
Cronaca accurata di Aldo Baquis, corredata di sfondoni e scorrettezze della Stampa

Testata: La Stampa
Data: 28 settembre 2011
Pagina: 16
Autore: Aldo Baquis
Titolo: «Israele, un fiume di cemento sulla pace»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 28/09/2011, a pag. 16, l'articolo di Aldo Baquis dal titolo " Israele, un fiume di cemento sulla pace ".


Il quartiere Gilo di Gerusalemme

L'articolo di Aldo Baquis è accurato, non si può dire altrettanto per tutto ciò che gli sta intorno. A partire dalla cartina semi incomprensibile dei confini di Gerusalemme e titolata "Le colonie nella città santa ", per arrivare al titolo, che non lascia spazio a molti equivoci. 'Un fiume di cemento sulla pace', come se costruire un migliaio di appartamenti nella propria capitale potesse minare i negoziati. Quali negoziati? Per negoziare devono esserci entrambe le controparti. Abu Mazen, per il momento, non dà segni di vita, al riguardo.
Il sottotitolo, il cosidetto 'catenaccio', poi, recita : "
Via alla costruzione di mille case a Gerusalemme. Ue e Usa: decisione improvvida ". Non si capisce perchè Usa e Ue possano permettersi un giudizio simile sulla costruzione di nuovi appartamenti in una città che non è sul loro suolo nazionale, nè perchè si tratti di una decisione 'improvvida'.
Visto l'argomento trattato, invitiamo i nostri lettori a scrivere direttamente a Mario Calabresi, direttore de LA STAMPA:
direttore@lastampa.it


Ecco l'articolo:

Ha destato una tempesta internazionale la decisione del ministero degli Interni israeliano di estendere in maniera considerevole, fra Gerusalemme e Bet-lemme, il popoloso rione ebraico di Ghilo. L'annuncio è giunto in un momento delicato: mentre il Quartetto cerca di superare la frattura fra Israele e Anp (innescata dalla richiesta della Palestina di ottenere una piena adesione all'Onu), rilanciando trattative di pace da concludersi entro il 2012. Il Quartetto (Ue, Usa, Russia, Onu) attendeva dunque da Israele e dall'Anp un messaggio esplicito di assenso alla trattativa. E proprio nelle ore in cui Netanyahu convocava il consiglio di difesa per confermare la disponibilità di Israele a «negoziati senza pre-condizioni», una commissione per l'urbanistica alle dipendenze del ministero degli Interni ha approvato l'estensione di Ghilo. Il progetto include 1.100 alloggi, un centro commerciale e di edifici pubblici (fra cui scuole) ed anche di una promenade turistica. Disteso per chilometri sul dorso di una collina, il già popoloso rione di Ghilo rappresenta una sorta di cuneo fra Gerusalemme e Betlemme, in terre che erano sotto controllo giordano fino al 1967. Agli occhi dei palestinesi rappresenta una sorta di barriera umana concepita per separare fisicamente in quella zona Gerusalemme dalla Cisgiordania: dunque contribuisce a impedire la costituzione di uno Stato palestinese indipendente dotato di continuità territoriale. La prima reazione dell'Anp è giunta in pochi minuti. Il premier Salam Fayad ha rilevato che da un lato Netanyahu esige dai palestinesi che non compiano mosse unilaterali (per esempio, chiedendo l'adesione all'Onu) «ma al tempo stesso Israele compie I' iniziativa più unilaterale possibile, rilanciando progetti edili massicci su terre palestinesi». Con termini analoghi, anche il Dipartimento di Stato e Catherine Ashton, la responsabile della politica estera europea, hanno manifestato viva apprensione per l'iniziativa israeliana, ai loro occhi del tutto improvvida. Ma in Israele questi appelli non destano emozione particolare. «A Gerusalemme - ha osservato il premier - costruiscono tutti: sia gli ebrei che gli arabi». Egli non ha peraltro alcuna intenzione di congelare i progetti edili nei Territori: «L'ho già fatto, per un anno, e non è servito a riprendere i negoziati». In occasione del Capodanno ebraico (che inizia oggi) Netanyahu ha registrato un messaggio agli israeliani e ha formulato l'auspicio che nell'anno lunare 5772 che ora comincia «saranno comunque rimessi in moto» i negoziati con i palestinesi. Nel frattempo Israele deve assicurarsi di essere forte: «Questo è il nostro futuro. La pace - ha concluso - si fa con Stati forti».

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direttore@lastampa.it

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