Quanto è accaduto all'Assemblea Generale dell'ONU a proposito del riconoscimento dello Stato (?) palestinese induce a qualche considerazione ulteriore. A fronte di un serio, onesto e costruttivo intervento di Beniamin Netaniahu che ha, in un certo modo, sfidato il leader palestinese ad un confronto immediato nella stessa sede delle Nazioni Unite per avviare un processo rapido per giungere alla costituzione dello Stato palestinese nella totale sicurezza per quello israeliano, Mahmoud Abbas (in arte Abu Mazen) ha preferito impostare il suo discorso sulla menzogna, sulla mistificazione della storia sulla dissimulazione, sull'insulto. La sua risposta all'invito del premier israeliano è stata la pronta partenza per Ramallah, per raccogliere i frutti della sua accresciuta popolarità in patria. Un leader così è assai poco credibile, degno del suo predecessore che, dopo Camp David, agì in modo subdolo, da utentico lestofante. Ancora oggi, appare chiaro che i palestinesi non vogliono la pace, ma l'eliminazione dello Stato ebraico, come si evince dai riferimenti al 1948 contenuti nell'intervento del capataz palestinese. Il tutto contornato da una standing ovation dei Paesi arabi e di molti Paesi del terzo mondo rappresentati all'ONU. Il palazzo di vetro è ancor peggio dell'UE. Una macchina mangiasoldi che da tempo ha perso la sua credibilità, dove a tutelare il rispetto dei diritti umani sono chiamati Paesi in cui tali diritti sono sistematicamente calpestati e soffocati. L'ipocrisia è a mala pena mitigata dal diritto di veto dei cinque grandi che, in qualche modo, fa da argine alle contraddizioni e all'inettitudine di un organismo che da tempo ha perso la faccia. O l'ONU si rifonda su nuove basi, o l'ordine mondiale finirà per essere irreversibilmente compromesso.