Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 27/09/2011, a pag. 18, l'articolo di Francesca Paci dal titolo " Siria, nasce l’esercito dei soldati disertori: Armati contro Assad".
Bashar al Assad
Mentre il coordinatore umanitario dell’Onu in Siria Ismail Cheikh Ahmed mette in guardia dal rischio «molto probabile» d’una guerra civile nel Paese al tramonto del sesto mese di proteste, gli oppositori al regime degli Assad s’interrogano sull’efficacia del dissenso disarmato. Se i giovani dei Comitati locali ribadiscono l’importanza di manifestare a mani nude, altri si fanno tentare dall’affatto pacifico modello libico, con il tiranno abbattuto a cannonate sotto la copertura internazionale della no fly zone. Attivisti e diplomatici ne parlano da settimane, ma ora il generale dissidente Riad Asaad, riparato in Turchia dopo la defezione, rivela al «Washington Post» la nascita del Libero Esercito Siriano, una milizia «refusenik» che ha messo esperienza e munizioni al servizio dei ribelli.
«È ora di armare la rivoluzione» spiega ad «Al Jazeera» l’ex luogotenente delle Quinte Forze Speciali Muhamad Abdelaziz Tlass. Il Libero Esercito Siriano disporrebbe già di 12 battaglioni - tra cui la Brigata Khalid bin Walid - impegnati a dar filo da torcere alle truppe presidenziali in varie città siriane.
È il momento dell’escalation siriana? Secondo l’ambasciatore Usa a Damasco Robert Ford gli uomini di Asaad sono ancora pochi e la maggioranza dei dimostranti disarmata. Sebbene i falchi insistano che l’esito dell’occhio-per-occhio «non sarà peggiore della carneficina quotidiana perpetrata dal governo», gli altri continuano a preferire il «soft power» d’immagini come quelle della militante diciottenne Zainab al Hosni, la Neda Soltani siriana decapitata - secondo la famiglia e alcune informazioni di Amnesty - dai servizi di sicurezza del regime. A detta dell’opposizione nella regione di Homs, epicentro della repressione, sarebbero stati ritrovati i brandelli di una decina di dissidenti e altri 6 avrebbero perso la vita nelle ultime ventiquattr’ore allungando la lista delle oltre 2700 vittime stimate dalle Nazioni Unite dall’inizio delle proteste.
Evocato da alcuni siriani e paventato da altri, l’intervento esterno appare al momento improbabile. Più verosimile l’irrigidimento del blocco economico sposato ora dalla Turchia, che per piegare l’ex alleato Assad vuole colpire i settori bancario e energetico sulla scia europea e americana.
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