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Ugo Volli
Cartoline
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Il prode Anselmo e la 'creazione di eventi' 26/09/2011

Il prode Anselmo e la "creazione di eventi"


Abu Mazen

Cari amici, nella vita privata ve ne siete accorti certamente, ma è vero anche nella vita pubblica. Certe persone (certe forze politiche, certe istituzioni), seguono per lo più un copione sempre uguale, quello che nelle sue analisi di microsociologia il grande Erving Goffmann chiamava uno "script". C'è il tale che fa sempre lo sciupafemmine e se ne torna a casa con le pive nel sacco; c'è lo Stato (la Turchia) che dice io sono grande io dico quel che bisogna fare e tutti mi seguiranno, e poi rimetto a posto io i prepotenti che mi dicono di no... salvo dimenticarmene domani e invece di passare ai fatti, ricominciare con gli ultimatum. C'è quello che non riesce a non litigare, l'altro che si inserisce sempre in relazioni che lo distruggono, il partito che non riesce a dire altro che no... Insomma, ci sono i copioni che molti seguono: sempre uguali, sempre ripetuti, sempre insoddisfacenti (se no non si ripeterebbero). Vi consiglio di leggere a proposito quel vecchio divertentissimo libro di Eric Berne, intitolato "A che gioco giochiamo" pubblicato da Bompiani. Sono sicuro che i vostri amici (e soprattutto i nemici) vi appariranno in una luce diversa.

Un giocatore che ripete sempre lo stesso copione, almeno negli ultimi anni è la "Palestina". Avete notato che della scommessa all'Onu non si parla già più? E' tornato a casa il prode Anselmo (pardon Abu Mazen), nonostante la filastrocca:

Passa un giorno, passa l’altro / Mai non torna il prode Anselmo ,/ Perché egli era molto scaltro / Andò in guerra e mise l’elmo... // Mise l’elmo sulla testa / Per non farsi troppo mal / E partì la lancia in resta /A cavallo d’un caval.

Ha avuto il suo bel trionfo, con "migliaia di persone" ad accoglierlo dopo aver rinnovato all'Onu il suo no alla trattativa, ed è tutto finito qui. O meglio, è andato a finire nei gorghi dell'Onu, dove tutto si perde, viene sminuzzato, riemerge, senza nessun rapporto con la realtà dei fatti (ancora si discute se bisogna fare qualcosa per fermare la repressione siriana, a sei mesi dalle prime stragi...). Ha detto che bisognerà organizzare grandi manifestazioni per rivendicare lo stato (arriverà in pacchetto chiuso, consegnato all'ufficio postale di Ramallah...). Ma le grandi manifestazioni di folla erano già state annunciate per il primo settembre, poi per il 20, poi per il discorso dello stesso presidente dello stato-che-non-c'è... Prima o poi si faranno.

Vi ricorda qualcosa? Massì, la Nakba, l'invasione di Israele delle masse arabe arrabbiate e combattenti. Dopo la Nakba, il disastro che non era andata tanto bene si erano inventati  la Nafshà (o qualcosa del genere, insomma la sconfitta del '67) che non aveva raccolto grandi folle neppure essa. Non vi viene in mente altro. Certo, la Flottiglia, anzi la Freedom Flottilla, come si dice in perfetto itagliese: doveva "liberare" Gaza, fare sfracelli, erano 10 navi, 15, con 200 croceristi, no, 500, incluso Moni Ovadia e un ebreo di New York che si era poi rivelato né di New York né ebreo, come pure una reduce della Shoà tirata fuori per l'occasione. Be', davanti a Gaza si è presentato un motoscafo, uno di quei ferri da stiro che i cumenda di provincia usano per sembrare importanti, il resto dell'armata del buon Anselmo è disparu, missing, insomma avevano da fare le ferie e se la sono data. Con la richiesta di ricevere uno stato dall'Onu (pacco celere, pronta consegna, fermoposta), è andata alla stessa maniera (http://www.jpost.com/DiplomacyAndPolitics/Article.aspx?id=239129).

Cialtroneria? Pressappochismo? Chiacchiere a vuoto? Anche. Ma dietro c'è di più, una precisa strategia comunicativa, che nel linguaggio delle PR (le "relazioni pubbliche", che poi sarebbe la pubblicità con altri mezzi) si chiama "creazione di eventi". Sapete, la Fiat deve lanciare una macchina nuova e fa una kermesse popolare a Torino, un cantante di serie B deve lanciare il nuovo disco e si fa fotografare in pose compromettenti, il partito che non si nota deve recuperare visibilità e fa "una grandissima manifestazione", l'attore in crisi si fidanza con la starlette, la banca in crisi organizza una mostra d'arte o un congresso. Eccetera.  Spesso gli eventi sono del tutto virtuali, la manifestazione non interessa a nessuno, l'attore in crisi ha altri gusti e con l'attricetta non si sogna di andare a letto, la mostra d'arte fa schifo. Ma non importa, è solo un  pretesto per i giornali. A convincerli a parlare ci sarà poi la pubblicità per l'editore, la vacanza premio per il giornalista, magari una leggina quando si parla di politica.

Il copione fisso dei palestinesi è questo, la creazione di eventi che sono destinati al fast food dei media occidentali. Sono eventi basati sul niente, che non hanno conseguenza; ma servono a fanatizzare i propri aderenti, a convincere gli europei delle "ragioni" palestinesi (a forza di ripetere, ogni menzogna diventa una ragione, come spiegava Goebbels), a infastidire e riempire di ostacoli l'agenda politica israeliana. Il problema (per loro, ma un po' per tutti) è che la "creazione di eventi" palestinese è ripetitiva, dunque stupida; li inchioda in un ruolo di perdenti lacrimosi senza prospettive; ne fa una maschera immobile, come i nevrotici analizzati da Berne che ripetono sempre lo stesso gioco.

Ugo Volli


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