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Ugo Volli
Cartoline
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Il grande miracolo 25/09/2011

Il grande miracolo
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli


Theodor Herzl, Ben Gurion, Bibi Netanyahu

Da quel che si capisce, per ora la forzatura della leadership palestinese non è riuscita e per il momento lo-stato-che-non-c'è non è stato ammesso all'Onu, dove per altro mancano anche il Granducato di Ruritania, il Paese dei Campanelli, la Terra di mezzo, il Regno delle due Sardegne e anche altri territori più seri, come il Kurdistan, il Tibet, lo stato Sarahui occupato dal Marocco.
Dico "per ora", perché dall'Onu ci si può attendere di tutto, anche la revoca ufficiale del Teorema di Pitagora, dato che si tratta di un matematico greco, dunque nemico personale di Erdogan e comunque pagano, non illuminato dalla luce dell'Islam.
Sia lode alla saggia gestione di Netanyahu, alla pressione degli elettori americani, alla forza calma e determinata dell'esercito israeliano, agli elettori israeliani che si sono scelti un buon governo.
Nel momento in cui scrivo, questa minaccia non sembra più vicinissima.

Ammettiamo pure dunque che questa volta lo "tsunami diplomatico di settembre" (così lo chiamò Ehud Barak) sia scongiurato e magari rimandato di un anno (ma fra un anno ci sono le elezioni presidenziali americane, chissà). Voglio solo suggerirvi una riflessione.
E' possibile che uno stato (e i suoi cittadini) debba vivere in questa maniera? Oggi  la flottiglia per aiutare i suoi nemici, domani Ahmadinedjad che vuole "cancellarlo dalle mappe" e costruisce attivamente l'atomica per realizzare questo dolce desiderio, ieri i terroristi che tendono agguati alla gente che va al mare; dopodomani Erdogan che minaccia di mandare le navi a impedire l'apertura dello sfruttamento dei gas sottomarini, l'altro ieri la giornata della Nabkà, della Nafshà e di che altro il diavolo si inventa, sempre con l'idea di cancellare i confini...
E poi tutti i giorni qualche razzo sul sud, un arabo che spara, o cerca di ammazzare la gente con il bulldozer che gli hanno dato in mano per i lavori stradali, accoltella una persona che ha la disgrazia di farsi trovare sola sulla strada, o almeno tira sassi sulle macchine di passaggio.
E poi tutti che gli fanno lezione, che spiegano che per il suo bene, naturalmente per il suo bene, deve genuflettersi a Erdogan, non demonizzare Ahmadinedjad, chiedere scusa agli egiziani e soprattutto lasciare che i palestinesi si annettano quel che gli pare - perché poi  tutti i problemi finiranno, dato che l'unico malvagio della regione è proprio lui, Israele.
Fin che si tratta di palesi antisemiti, vabbe', è propaganda avversa.
Ma che la stessa cosa la ripetano, col ditino alzato per aria, persone che si proclamano pomposamente "amiche" e magari anche avanzano la loro origine ebraica a prova - come fare a evitare la crisi di nervi e non mandarli "a stendere", come si dice a Torino?

Eppure Israele è forte, è calma, è allegra, è creativa.
Soprattutto è profondamente libera. La sua innovazione tecnologica rivaleggia con la Silicon Valley, la sua economia è stata appena promossa dalle agenzie che non hanno solo bocciato noi, ma anche le banche francesi e lo stato americano, le sue università sono fra le migliori del mondo, la sua politica è vivace e piena di sani conflitti, la sua arte e letteratura sono apprezzate nel mondo; c'è un sacco di gente che ama divertirsi e la vita di Tel Aviv è fra le più frenetiche e intense, ma anche un sacco di gente che vive una vita religiosa intensa e profonda, e c'è posto per tutti e due, con occasionali tutto sommato fisiologici conflitti.

Questo è il grande risultato, il grande miracolo: che Israele non perde la sua vitalità, che nonostante tutti si affannino a buttargli ostacoli fra i piedi, Israele vive e prospera e non si lascia chiudere nell'angolo dell'emergenza.



Ugo Volli


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