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Riportiamo da SHALOM n°9 di settembre, a pag. 14, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " Israele, paese ebraico e democratico. Un binomio possibile ".
Come mai Israele è l’unico paese al mondo al quale non è consentito decidere quale deve essere la propria capitale ? Non se lo chiede qualche irato sionista, ma J.J. Goldberg, sul numero di ferragosto del Forward, uno dei fogli più liberal degli ebrei americani, che leggiamo nell’edizione speciale inserita nell’edizione domenicale di Haaretz, il quotidiano israeliano che, se non ricordiamo male, non ha mai sollevato questo problema prima d’ora. Il fatto che arrivi sotto gli occhi del giornale più critico del sionismo contemporaneo deve far riflettere. Se domande di questo genere cominciano a trovare spazio fra chi si è nutrito fino ad ora di multiculturalismo, di politicamente corretto quale sale indispensabile nel descrivere il conflitto con il mondo arabo-palestinese, allora i segnali che arrivano da Israele sul dibattito su che cos’è e che cosa debba caratterizzare lo Stato ebraico sono qualcosa di più di una lotta fra i vari partiti all’interno della Knesset, sono un indicatore che il momento è giunto per una ridefinizione dei valori che furono alla base della rinascita di Israele e che tiene conto, dopo sei decenni di indipendenza, che è giunto il momento di porre mano a qualche cambiamento. Non è da una sola parte politica che provengono dei progetti di legge che daranno, se trasformati in leggi dello Stato, una immagine nuova di Israele. Non arrivano, per dirla tutta, solo dal Likud, e nemmeno soltanto da Israel Beitenu, del tanto vituperato Avigdor Lieberman, ma tra i proponenti di queste riforme ci sono le firme dei deputati del Partito Laburista, che fa parte della coalizione di governo, è vero, ma dal lungo passato di sinistra, e poi c’è l’opposizione, con Kadima, altro partito che condivide questo nuovo vento riformatore in arrivo. Che cosa cambierà ? Cominciamo dalle Ong israeliane, che dovranno rendere trasparenti i finanziamenti stranieri, così finalmente si saprà chi dirige, condizionandola con il denaro, la loro politica di critica unidirezionale contro il governo israeliano e, di non minore gravità, contro Tzahal, l’esercito di difesa. Ci sarà pure una spiegazione se qualche fondazione musulmana o uno stato arabo ritengono utili ai loro fini le attività di una Ong israeliana. Finalmente si conosceranno chi sono. Una misura antidemocratica ? La lingua araba, parlata dal 20% della popolazione, è stata finora classificata come lingua ufficiale dello Stato al pari di quella ebraica. Non succede, in questi termini, in nessuno altro stato del mondo, l’arabo godrà di uno statuto speciale, come succede, per esempio in Italia, con il tedesco e il francese nelle regioni dell’Alto Adige e in Valle d’Aosta. E’l’ebraico la lingua che viene insegnata in tutte le scuole israeliane, non l’arabo. Una misura antidemocratica ? Diventerà obbligatorio suonare l’inno nazionale, l’Hatikva, nelle cerimonie ufficiali, in parte succede già oggi, ma non sempre ovunque, non nelle università, per esempio, dove vige una legge non scritta che vieta qualunque atto che possa “offendere” gli studenti non ebrei. Tra questi, ascoltare l’Hatikva. Una misura antidemocratica ? Verrà impedito a chiunque fa parte di associazioni terroristiche di intervenire a manifestazioni che riguardano il campo dell’educazione. Una misura antidemocratica ? Israele sarà la nazione-stato del popolo ebraico. Nulla di nuovo, penserà qualcuno, in fondo non era il progetto di Theodor Herzl, non era il nome contenuto nella dichiarazione Balfour ? Ma questo insistere su “popolo ebraico” ha sempre suscitato critiche fra coloro che vedevano in questa sottolineatura una specie di primato ebraico che escludeva i cittadini arabi. Una questione di lana caprina, perchè se uno vuole essere cittadino di paese arabo ha solo da andarci. Se invece sceglie di vivere in uno a maggioranza ebraica, si adatti a farne parte, e rimanerci, visto che, oltre ad altre considerazioni, quel 20% di arabi israeliani si guarda bene dal volersi trasferire nel futuro Stato palestinese. Una misura antidemocratica ? E’stato detto che con queste proposte di legge avrà più peso l’aspetto ebraico di quello democratico, il che è falso, perché l’identità di un popolo non può essere disgiunta, o prevalere, né dall’uno né dall’altro. Israele è un paese democratico perché questa è la scelta fatta dai padri fondatori, e tale è rimasta inalterata malgrado le terribili situazioni di guerra nelle quali si trova ancora oggi la società israeliana. Diventeranno leggi dello Stato ? la coalizione eterogenea che le sta proponendo fa pensare di si, senza alzare grandi lai, si troverà d’accordo anche quella sinistra che finora aveva temuto l’indebolimento delle strutture democratiche del paese. Israele è lo stato degli ebrei, e visto che garantisce uguali diritti a tutte le minoranze che ci vivono, forse anche la parte più restia ad accettarle, finirà per riconoscerle utili al rafforzamento dello Stato. E che fra ebraico e democratico, come è stato dimostrato finora, non vi è alcuna incompatibilità. Altro discorso quello sulla laicità della società nel suo insieme,un problema sempre più presente, e che dovrà essere affrontato con determinazione quanto prima. Non è detto che l’identificazione fra ebraico e democratico non affretti anche questo cambiamento. |
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