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Informazione Corretta Rassegna Stampa
23.09.2011 Gerusalemme capitale di Israele, il caso Zivotofsky alla Supreme Court of Justice
commento di Piera Prister

Testata: Informazione Corretta
Data: 23 settembre 2011
Pagina: 1
Autore: Piera Prister
Titolo: «Gerusalemme capitale alla Supreme Court of Justice»

Gerusalemme capitale alla Supreme Court of Justice
di Piera Prister


Piera Prister, Gerusalemme

Da piu’ di sessant’anni -troppi a dir la verità- la politica americana verso Gerusalemme, capitale d’Israele e’ stata subdolamente ambigua. E’ confortante però l’idea che invece il Congresso, con le sue due rappresentanze di deputati e senatori, per ben due volte abbia votato a favore di Gerusalemme, capitale d’Israele con due leggi, “Capital of Israel Act” del 2002 sotto George Bush, e l’altra indietro nel 1995, “Embassy Act” sotto Bill Clinton. Ma i due presidenti le hanno ignorate non rendendole esecutive contrariamente all’etimologia del termine inglese “act” che, a differenza di “law”,  richiamerebbe all’azione.

 Il caso Zivotofsky versus Clinton della famiglia Zivotofsky avverso Clinton, che si dibatterà quest’autunno alla "Supreme Court of Justice" qui, negli Stati Uniti, sarà una battaglia di civiltà contro tutte le meschinità a cui sono ricorsi i governi americani, ed anche europei, in tutti questi lunghi anni, dalla rifondazione dello stato d’Israele del 1948  ad oggi,  pur di non riconoscere apertamente Gerusalemme come capitale d’Israele.  La Corte Suprema dovrà decidere –ma pare che  non abbia l’autorità in materia che spetta solo al Presidente- sul caso portato avanti dai genitori di Menachem Zivotosfsky, due cittadini americani, che chiedono se il loro figlio nato a Gerusalemme il 17 ottobre 2002 sia nato o non sia nato in Israele, visto che sul suo passaporto si legge Gerusalemme come suo luogo di nascita ma non si legge il nome di Israele, come se Gerusalemme fosse uno stato extraterritoriale. Per esempio, nel mio passaporto americano rilasciato dal Dipartimento di Stato, leggo che  the place of birth is Italy, il luogo della mia nascita è l’Italia, e basta -non è specificata Roma- la citta’ dove sono nata.

E lo stesso dovrebbe valere per il piccolo Menachem,  contro tutti i sotterfugi della politica. O forse che Gerusalemme non si trovi in Israele!? E’ una domanda logica a cui urge dare una risposta facendo ricorso alla maestà della Corte Suprema -così come hanno fatto i genitori del piccoli Menachem- che non potra’ non vedere la’ dove e’ l’inghippo, anche con tutto quello che sta bollendo nel Medio Oriente e alle Nazioni Unite, con un’ Autorità Palestinese sempre più spavalda che con Hamas proclamera’ la formazione di uno stato palestinese con capitale Gerusalemme.

Gli Stati Uniti hanno riconosciuto Israele il 14 maggio 1948, e “ American policy since has been that the status of Jerusalem can be determined only as a part of a broader Middle East peace agreement”. (La politica americana da allora è sempre stata quella che lo stato di Gerusalemme possa essere determinato solo come una parte di un piu’ largo accordo di pace. Rivkin and Casey, Congress’s Power Play over Jerusalem, WSJ 12 sett.2011 p.A17).

Vaghe parole comprensibili ai più, che potevano aver un senso all’epoca della loro formulazione ma ora suonano desuete ed imprecise, aperte a tutte le interpretazioni, come il linguaggio politico o il linguaggio giuridico pieno di cavilli all’Azzeccagarbugli. La verità di fondo è che gli altri stati si sono permessi tutti, senza rispetto, di interferire su questioni spettanti solo ed esclusivamente allo stato ebraico,  manifestando la volonta’ di dettar legge in casa altrui, solo perche’ la controparte, i nemici di Israele posseggono il petrolio e con esso presuppongono di comprare tutto, anche la capitale di un altrui stato. Il caso Zivotofsky versus Clinton inchioderà il Dipartimento di Stato alle sue responsabilità nell’identificare a chi spetta riconoscere Gerusalemme come parte di Israele. Non e’  il potere politico dell’ Establishment, nè il Congresso, nè l’alta Corte di Giustizia che possano decidere in materia, ma solo il Presidente “the sole organ in foreign affairs. The Costitution gives him sole authority to receive Ambassadors and other ministers…since George Washington…this authority has been undersood to include the right to grant or withhold U.S. recognition of a foreign state existence, government and territorial extent.” Così sembra che nemmeno la Corte Suprema possa decidere di questa disputa, solo al presidente spetta il diritto di riconoscere o non riconoscere l’esistenza di uno stato straniero, il suo governo e la sua estensione territoriale, sin dai tempi di George Washington.

 Ma è importante che il caso sia arrivato sui tavoli dei giudici della Corte Suprema, i quali  non potranno sottrarsi all’obbligo morale di fare chiarezza sul caso e sbrogliarne la ingarbugliata matassa, se vogliono avere credibilità. L’etica e la giustizia dovrebbero ispirare le loro sentenze e alla politica dovrebbero essere lasciati i compromessi di chi la rappresenta.

In  questo contenzioso perchè si fa proprio il nome di Clinton?  Perche’ era  il presidente che nel 1995 oppose il suo veto all’Embassy Act votato a maggioranza dal Congresso Americano che autorizzava il trasferimento dell’Ambasciata americana da Tel- Aviv a Gerusalemme. Ma pare che le cose non siano cambiate anche sotto la presidenza di George Bush quando ancora una volta nel 2002 il Congresso di nuovo sfidò il Presidente votando il The US Policy with Respect to Jerusalem as the Capital of Israel Act. In entrambi i casi, sia nel 1995 che nel 2002, il voto del Congresso non fu preso in considerazione e fu del tutto ignorato. E anche sotto Barack Obama si continua…

Cosa c’e dietro? Dietro ci sono chissà quali -ormai arcinoti- patteggiamenti con il petrolio arabo soprattutto ai tempi in cui Arafat era di casa alla Casa Bianca, Arafat che era nato a Il Cairo ma diceva d’essere nato a Gerusalemme. E quell’uomo che gia’ in Europa e in Italia era l’armiere di molti sanguinosi attentati terroristici, con occhi cupidi guardava a Gerusalemme come alla capitale del suo costituendo stato palestinese.

 Il premier israeliano Netanyahu nel suo autorevole discorso al Congresso americano a Washington, nel luglio 1996 dove fu applaudito senza sosta, pose il caso di Gerusalemme come una ed indivisibile capitale d’Israele, “dove le tre religioni monoteistiche possano coesistere in pace sotto la giurisdizione israeliana che permette la liberta’ di religione e di culto”. Disse che non avrebbe tollerato di nuovo, mai e poi mai,  una Gerusalemme divisa dal reticolato le cui spine erano penetrate profonde nel suo cuore, e dall’odio, com’era prima del 1967.

Eppoi anche il Presidente Obama non vorrebbe adesso far ritornare Israele ai confini del ’67 e che cosa vorrebbe significare se non che questo suo “dictatum” varrebbe certamente anche per Gerusalemme!

 Gerusalemme è la città più contesa del mondo da tremila anni. Come in passato vollero conquistarla Babilonesi, Romani, Persiani, Arabi, Crociati, e Turchi cosi’ ora la vogliono i  Palestinesi, ponendo gli occhi rapaci su di lei.  Ma per territorio e per storia, per cultura e religione Gerusalemme, Gerusalemme appartiene di diritto solo a Israele.

Come sia possibile poi, almeno per coloro che hanno un’anima, non aver riguardo per Gerusalemme, ammirarla ed amarla. E non vederne rapiti  la bellezza! Il suo nome è citato innumerevoli volte nella Bibbia e altrettante innumerevoli volte e’ presente nell’arte, nella poesia e nella musica di tutti i tempi attraverso i millenni, e il suo nome risuona cosi’ familiare per tutto l’Occidente. E adesso anche lei vogliono prenderci! No!

Gerusalemme è il cuore d’Israele, il punto di riferimento di tutte le rotte, è l’ago della bussola per milioni e milioni di ebrei della diaspora raminghi per il mondo che, come noi, guardano, tremando nell’anima, a lei come a un tutt’uno con  Israele.  Al  femminile la guardiamo come una madre dispensatrice di tenerezza e, al maschile come un padre che con la sua riassicurante presenza, a Kippur allarga il suo immenso tallit su tutti noi, i suoi figli, per proteggerci dalle brutture del mondo al suono potente dello shofar.

N.B. David B. Rivkin and Lee A. Casey hanno servito il Dipartimento di Giustizia sotto l’amministrazione di Reagan e di H. W. Bush. Sono grandi estimatori di Cesare Beccaria da loro definito “great Italian scholar”.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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