Più pericoloso che comico
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Domanda: qual è quel capo di stato musulmano che va in giro atteggiandosi a difensore dei reietti e dei rivoltosi, che si ribella al modello occidentale e gli contrappone la solidarietà islamica, che minaccia di usare le armi a destra e a manca e finanzia e appoggia i terroristi?
Fino a qualche mese fa, avremmo risposto: Ahamadinadjad, l'isterico presidente iraniano, con l'aria spettinata e volonterosamente sconvolta del ragionier Fantozzi cui fosse apparso l'arcangelo Gabriele, che però ora è completamente delegittimato a casa sua e conta come il due di picche (anche se la minaccia iraniana è ben presente, eccome).
Prima ancora di lui la risposta sarebbe stata Gheddafi. Era il più pittoresco di tutti, con tenda, "amazzoni" di scorta, "libretto verde" contro quello rosso di Mao e anche con quelle divise militari tutte decorate e lo sguardo spiritato che facevano tanto Michel Jackson. Oggi sappiamo com'è finito, anzi non lo sappiamo perché non si trova; ma certamente non è più in sella al suo stato cui aveva dato quel buffo nome, Jamāhīriyya, o meglio, per essere completi: ""Grande Jamāhīriyya Araba Libica Popolare Socialista", dove Jamāhīriyya vuol dire "regime delle masse" e abbiamo visto che cosa gli hanno combinato le masse. Diciamo che un po' come i banditi del folklore, come il "Pirata rosso" di Ken, gli resta attaccata una torva simpatia, un'aria bizzarra da musical sudamericano, insomma qualcosa di comico, che non elimina naturalmente le sue colpe.
Oggi la risposta giusta è Recep Tayyip Erdoğan, nato a Istanbul il 26 febbraio 1954 e di mestiere presidente del consiglio turco: la politica di "zero problemi coi vicini" proclamata da Erdogan all'inizio del suo governo, è oggi completamente rovesciata: ci sono scontri con Israele, Grecia, Cipro, Armenia e sotto sotto anche con la Russia; si è rotta l'alleanza con la Siria, c'è guerra sul confine iracheno e competizione con l'Iran, scontro con l'Unione Europea.
Un vero disastro, appena mascherato dalla demagogia filopalestinese. Ci si può chiedere se quest'uomo che sembra un oscuro burocrate, un pacifico impiegato dell'anagrafe attento ai dettagli dei suoi certificati ci faccia o ci sia nella parte dell'incendiario che minaccia guerre a destra e a manca, che vuol dare lezioni a Israele Cipro Armenia Unione Europea o quant'altro.
Che si impegna in cause anche clamorosamente perse in partenza come impedire la presidenza cipriota dell'Unione Europea, prevista l'anno prossimo per il principio della rotazione alfabetica , che non si potrebbe modificare senza mettere nel caos l'organizzazione politica dell'Europa.
Sta facendo una sceneggiata o ci crede veramente?
A me sembra più vera la seconda ipotesi (come del resto nel caso di Ahmadinedjad e Gheddafi). Il suo antisemitismo è documentato da ben prima che facesse il capo di governo. La moglie gira stravelata. Se gli si guardano gli occhi in molte immagini, è difficile sottrarsi all'impressione del fanatismo impietoso. L'impiegato dell'anagrafe può essere anche pericoloso, quando assaggia l'elisir delle emozioni collettive, può diventare qualcuno che si considera investito di una missione ed è disposto a tutto per realizzarla, anche a stragi di massa.
La missione di Erdogan l'hanno individuata in molti, è con qualche approssimazione la restaurazione del califfato ottomano, per il bene della Turchia e dell'Islam. "Mission impossible" se ce n'è una, in un mondo in cui tutte le unità del mondo sembrano sfaldarsi, soprattutto se si considera l'odio che i turchi hanno lasciato nei popoli loro soggetti, ancora a distanza di generazioni dalla fine del loro potere.
Ma non importa. Se Gheddafi era più comico che pericoloso, questo non fa ridere, è banale e grigiastro: più pericoloso che comico.
Ugo Volli