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La Repubblica Rassegna Stampa
19.09.2011 Palestina, una pagina piena di menzogne omissive
quella di Fabio Scuto inviato a Ramallah

Testata: La Repubblica
Data: 19 settembre 2011
Pagina: 51
Autore: Fabio Scuto
Titolo: «Palestina, tra bandiere e tensioni la festa è pronta»

Per capire come ai lettori di REPUBBLICA viene sottratta la storia di quanto è avvenuto in Medio Oriente, sarà utile la lettura del pezzo di Fabio Scuto, inviato a Ramallah, oggi, 19/09/2011, a pag.51, con il titolo " Palestina, tra bandiere e tensioni la festa è pronta".
Anche Scuto eccelle nella " menzogna omissiva" quando scrive "
a più di sessant´anni dal voto delle Nazioni Unite che istituiva due Stati su questa terra." e lì si ferma, non sia mai che ricordi che lo stato arabo non nasceva non per colpa di Israele, ma per il rifiuto degli stati arabi, che ritenevano giusto invadere quello ebraico e distruggerlo. Averlo ricordato non sarebbe stato 'politicamente corretto', d'altronde tutto il pezzo gronda cieca simpatia, tutto va bene a madama la marchesa Scuto, l'Anp  è altamente preoccupato che tutto fili liscio.
Scuto legga, tra un applauso e l'altro, il pezzo di Ugo Volli (insieme a quello di ieri), e le analisi di Fiamma Nirenstein sul GIORNALE e di Alan Dershowitz nell'intervista di Alessandra Farkas sul CORRIERE della SERA di oggi, le trova in altre pagine su IC. Magari imparerà qualcosa.

Segnaliamo anche un'altra 'menzogna omissiva' del quotidiano dell'Ing Carlo De Benedetti, accanto al pezzo di Scuto c'è una colonnina che riassume le 'tappe' verso lo stato palestinese, la prima tappa è questa: " 1947, la risoluzione Onu 181 divide la Palestina in due: nel 1948 nasce Israele", tutto qui, completamente cancellato il rifiuto arabo alla divisione e la guerra scatenata per distruggere Israele. Anche grazie a queste menzogne i lettori di REPUBBLICA non hanno gli strumenti per conoscere.

Ecco l'articolo:

dal nostro inviato
I bulldozer lavorano senza sosta per spianare la collina di fronte al mausoleo di Yasser Arafat a fianco della Muqata, il Palazzo presidenziale di Abu Mazen. Preparano una grande piazza per i «festeggiamenti dell´indipendenza». Novantaquattro bandiere di nazioni che hanno già riconosciuto lo Stato palestinese circondano la spianata e le vie adiacenti sono già state dedicate ad alcuni di quegli Stati, come il Cile e il Brasile, fra i primi a sostenere la decisione di Abu Mazen di ricorrere all´Onu per l´indipendenza della Palestina, a più di sessant´anni dal voto delle Nazioni Unite che istituiva due Stati su questa terra.
Il clima a Ramallah, come Nablus, come a Hebron - le principali città della Cisgiordania - il clima è da festa di piazza. Fanno grandi affari venditori delle bandierine palestinesi unite a quella bianca con la scritta Palestine 194, le t-shirt vanno a ruba al mercato, nei bar e nei caffè si preparano i maxi-schermi per vedere in diretta il discorso del presidente Abu Mazen, dal podio dell´Onu, dove chiederà il riconoscimento della Palestina come Stato per «riparare a un´ingiustizia della Storia», come ha già detto nel suo discorso di venerdì scorso, andato in diretta tv, prima di preparare le valigie per New York.
Il dispositivo di sicurezza per questa settimana è a livello «rosso». Gli israeliani hanno mobilitato anche reparti di riservisti per far fronte all´emergenza, per il possibile "deragliamento" delle annunciate manifestazioni dei palestinesi. E che lungo i confini con Libano, Siria e Giordania possano esserci nuove proteste dei profughi che vivono in quei Paesi. Ma nessuno sta parlando di una "terza intifada" nelle strade di Ramallah. I palestinesi hanno imparato la lezione e hanno anche capito che devono concentrarsi su una lotta popolare nello stile della "primavera araba" - cortei, manifestazioni - ma niente kamikaze o a attacchi terroristici come era nel loro precedente modus operandi. Tutte le attività previste a partire da mercoledì prossimo sono state organizzate da uno staff creato ad hoc: U. N. Palestine State n°194. Le manifestazioni stando alle indicazioni degli organizzatori si dovranno svolgere nel centro di ogni città della Cisgiordania evitando le zone di «confine» dove dall´altra parte del Muro saranno schierati i militari israeliani. «Dalla nostra parte non ci dovranno essere né provocazioni né caos», ha ordinato Abu Mazen ai responsabili della sicurezza palestinese, «tenete la gente lontano dai check-point, evitare frizioni con gli israeliani». È una festa, la festa della Palestina, e tale deve restare. Per dare un peso all´ordine del presidente, la leadership palestinese ha reclutato Abdallah Abu Rahma, un avvocato leader del movimento non-violento, come coordinatore delle iniziative. «Dimenticate "la terza intifada"», dice a Repubblica Hafez Barghouti direttore del più importante giornale palestinese, «siamo convinti che oggi solo la resistenza pacifica può portare risultati». Sarà anche per questo che per la prima volta dopo anni Israele ha accettato di rifornire la polizia palestinese di gas lacrimogeni anti-sommossa.
Al check-point Qalandya - il più usato dai palestinesi perché è il più vicino a Gerusalemme - e in altri punti di possibile attrito gli agenti della sicurezza palestinese si sono già «sparsi tra la gente, in borghese, pronti a rompere la testa di chi cercherà di creare disordini». Certo per i palestinesi ottenere il riconoscimento alle Nazioni Unite - a quale livello di status lo scopriremo solo la prossima settimana - non ha alcun potere politico reale immediato, la sostanza sul terreno non è destinata a cambiare dall´oggi al domani e - come sa bene Abu Mazen - è al tavolo delle trattative con Israele che si deciderà il futuro della Palestina. Ma intanto anche solo come "Paese osservatore" riceverà appartenenza almeno 28 organizzazioni internazionali, in primo luogo la Corte penale internazionale dell´Aja dove è possibile denunciare l´occupazione, l´illegalità degli insediamenti - dove vivono 350 mila coloni - giudicati fuorilegge dalla comunità internazionale, l´annessione di Gerusalemme est. La lista è molto lunga.
Ma vi sono anche implicazioni politiche. «Non c´è dubbio, Fatah e Abu Mazen saranno i vincitori assoluti, mentre Hamas perderà», dice ancora Barghouti. «Se le elezioni presidenziali si tenessero oggi Abu Mazen riceverebbe l´80 per cento dei voti. La gente ha capito che Fatah e Abu Mazen hanno spinto senza cedere alle pressioni internazionali per arrivare alla proclamazione dello Stato palestinese».
Nei corridoi della Muqata si mescolano emozioni e aspettative, ansie e tensioni palpabili perché una pagina della Storia sta per essere voltata. «Sa», dice a "Repubblica" uno dei leader palestinesi della prima ora, «Arafat ci ha guidato fino ad avere una terra ma è Abu Mazen che ci ha portato ad avere uno Stato. Nascerà sul 22% del territorio che ci aveva assegnato l´Onu nel 1948, ma finalmente sarà il nostro Paese».

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