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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Elisabeh Gille, Mirador. Irčne Némirovsky mia madre 19/09/2011

Mirador. Irčne Némirovsky mia madre       Elisabeth Gille
a cura di Cinzia Bigliosi
Fazi                                                                      Euro 18

Č una frase dura, che sembra contrastare col tono elegiaco e con i colori nostalgici del libro. Come un caveat minaccioso, una citazione di Georges Perec si fa incontro al lettore giŕ alla prima pagina: «La scrittura č il ricordo della loro morte e l'affermazione della mia vita». Le "memorie sognate" che Elisabeth Gille (1937-1996) dedicň alla propria madre, Irčne Némirovsky, seguono un percorso molto piů accidentato di quanto appaia a prima vista, veramente un confronto serrato tra sopravvivenza e naufragio. Quando il libro fu pubblicato in francese, nel 1992, non esisteva ancora un caso Némirovsky. O meglio, c'era "solo" una scrittrice un tempo di successo, famosa tra le due guerre e poi quasi dimenticata. Il manoscritto della Suite française, che avrebbe imposto nuovamente la Némirovsky all'attenzione del pubblico internazionale, era ancora inedito (sarebbe uscito nel 2004). Scrivere della madre, farla addirittura parlare in prima persona per centinaia di pagine, sembrava piů che altro una forma di cura dell'anima, un modo per rielaborare il trauma degli anni d'infanzia.
Nel 1942, Elisabeth e la sorella Denise, di 5 e 13 anni, persero entrambi i genitori. Irčne morě ad Auschwitz in agosto, il marito a novembre, nello stesso campo di concentramento. Per due anni la governante riuscě a tener nascoste le bambine, che sfuggirono cosě alla deportazione. Poi, nel dopoguerra, la lenta conquista di una normalitŕ – Elisabeth sarebbe diventata traduttrice e responsabile editoriale di successo – e il tentativo di guarire una piaga in realtŕ non sanabile.
Mirador, pubblicato ora per la prima volta in italiano da Fazi, č il racconto di lungo errore. Da Kiev, dov'era nata nel 1903, a Parigi e fino al villaggio della Borgogna dove fu arrestata dai gendarmi francesi, Irčne confida i propri sogni di bambina e adolescente viziata, poi di moglie e di madre, di scrittrice benestante e alla moda. Anche se č un racconto fittizio, un'autobiografia ricostruita dalla figlia con un accurato lavoro di documentazione, i sentimenti, le debolezze, e persino i pregiudizi della protagonista sono resi con efficacia. L'errore della Némirovsky fu la Francia. Per lei, cresciuta in una ricca famiglia ebraica dell'Ucraina, la cultura e la societŕ francese rappresentavano l'ideale perfetto. Di libertŕ, di tolleranza, e anche di emancipazione dal giudaismo, vissuto in maniera profondamente conflittuale. Sentě la Francia come la sua vera patria (aveva abbandonato la Russia con la famiglia giŕ all'approssimarsi della rivoluzione), e il francese, in cui scriveva romanzi accattivanti e impulsivi, come lo strumento docile della sua arte. Quando la Repubblica le negň inaspettatamente la cittadinanza, sembrň solo un incidente di percorso, una nuvola passeggera. Poi l'entrata in guerra, l'occupazione tedesca, l'obbligo della stella gialla, l'impossibilitŕ di pubblicare, fino alla tragedia finale.
Elisabeth segue la disillusione della madre con l'angoscia di chi sa giŕ tutto, di chi č consapevole, a posteriori, del finale che attende tanti inganni. La prosa della Gille, un po' sovraccarica, č impreziosita da decine e decine di rinvii letterari. Puskin, Gogol e Lermontov per la Russia, poi Proust, Gide, Cocteau per la Francia, continue citazioni costellano l'itinerario intellettuale della Némirovsky. A tratti pare un saggio di letteratura nella letteratura, un omaggio idealizzato che la figlia dedica alla madre. Cosa si salva da tutto questo buon gusto destinato a essere stritolato dalla persecuzione? Forse solo il mestiere dello scrivere, in bilico tra morte e vita.

Giulio Busi
Il Sole 24 Ore


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