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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Stampa Rassegna Stampa
15.09.2011 Gli ebrei americani abbandonano il Partito Democratico
La cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 15 settembre 2011
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «New York, doppio schiaffo a Obama»

"New York, doppio schiaffo a Obama", il seggio va a un repubblicano, per la prima volta dal 1923. La notizia è su tutti i giornali, la riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/09/2011, con il servizio di Maurizio Molinari. L'impopolarità di Obama danneggia il Partito Democratico.

Bob Turner                                     Maurizio Molinari

Per la prima volta dal 1923 i repubblicani conquistano il seggio della Camera assegnato nel distretto BrooklynQueens a New York e ciò fa temere ai democratici l’indebolimento della coalizione che nel 2008 consentì a Barack Obama l’elezione alla Casa Bianca. L’elezione suppletiva in uno dei collegi più popolosi di New York, si è resa necessaria per le dimissioni di Anthony Weiner, il deputato clintoniano travolto dallo scandalo del cybersex.

Sulla carta per i democratici doveva essere una vittoria sicura ma lo spoglio ha premiato a sorpresa il poco conosciuto repubblicano Bob Turner con il 53% dei voti contro il 46% di David Weprin. Il campanello d’allarme per la Casa Bianca nasce dalla composizione etnica del collegio, dove c’è una folta comunità ortodossa ebraica di orientamento conservatore. I Clinton l’avevano però portato dagli Anni 90 nella coalizione democratica grazie al sostegno per Israele.

I commenti di molti elettori all’uscita dei seggi hanno spiegato il voto repubblicano come gesto di protesta contro la «svolta anti-israeliana di Obama» e ciò conferma quanto rivelato da un sondaggio Ppi secondo cui appena il 22% dell’elettorato ebraico sostiene le scelte su Israele della Casa Bianca. Turner aveva puntato su questo tema la campagna, trovando il sostegno dell’ex sindaco democratico di New York Ed Koch - volto di spicco degli ebrei newyorchesi - che aveva invitato a «mandare un chiaro segnale alla Casa Bianca» votando contro David Weprin, ebreo ma filo-Obama.

Per comprendere le ragioni di scontento dell’elettorato ebraico - che nel 2008 votò all’82% per Obama - bisogna leggere quanto scrive sul «Wall Street Journal» Dan Senor, scrittore e politologo, quando ricorda gli appelli di Obama agli ebrei americani a farsi un «esame di coscienza» sul sostegno a Israele, la scelta di criticare gli insediamenti in Cisgiordania, gli sgarbi di cerimoniale nei confronti del premier Benjamin Netanyahu e la decisione di dirsi a favore del ritorno di Israele ai confini del 1967 considerati indifendibili da ogni governo di Gerusalemme.

Il guru democratico dei sondaggi Steve Goldberg assicura che «il voto di New York è stato su Obama», esplicitando il rischio di una defezione di voto ebraico alle presidenziali del 2012 in Stati dove può essere decisivo, come Florida, Pennsylvania e Ohio. La Casa Bianca minimizza la sconfitta parlando di «voto locale senza conseguenze a livello nazionale» ma ad aumentare i timori di decomposizione della coalizione c’è il sondaggio Gallup che dà in discesa il sostegno anche fra gli ispanici, scesi al 48%, e perfino gli afroamericani, passati dal 97% all’84% a causa dello scontento economico.

Come se non bastasse, la Casa Bianca deve registrare la sconfitta dei democratici nelle suppletive in un collegio della

Camera in Arizona e l’ammissione del capo della maggioranza al Senato, Harry Reid, che «la legge sull’occupazione potrebbe non farcela». Dietro le parole di Reid ci sono i timori degli eletti democratici che non vogliono pagare nelle urne il sostegno alle scelte economiche di un presidente impopolare.

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