Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Al Zawahiri: la primavera araba sarà l'inverno dell'Occidente Attentato terroristico contro ambasciata Usa a Kabul, cronaca di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 14 settembre 2011 Pagina: 21 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Attacco talebano al cuore di Kabul»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/09/2011, a pag. 21, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo "Attacco talebano al cuore di Kabul
al Zawahiri
WASHINGTON — Hanno lasciato passare l'anniversario dell'11 settembre e poi sono partiti all'attacco. Un commando jihadista ha lanciato un assalto multiplo a importanti obiettivi nel cuore di Kabul. L'ambasciata americana, il comando Isaf, gli uffici dei servizi segreti. Un'operazione affidata ad un team di 9 terroristi, molti dei quali erano vestiti con il burqa per superare i controlli. Un primo bilancio parla di sei vittime, compresa una bambina, ma il quadro è rimasto confuso fino a tardi. Due degli insorti si sono barricati in un palazzo dal quale hanno continuato a tirare con mitragliatrici e lanciarazzi fino a notte fonda. Non è chiaro se siano stati in seguito neutralizzati. L'azione, anche se c'è stata una rivendicazione dei talebani, è opera del network Haqqani, fazione che mescola qaedisti e locali. Una «forza speciale» capace di colpire nella capitale afghana o dove sia necessario dimostrare che la coalizione — così come il governo — non sono in grado di garantire la sicurezza. Erano da poco passate le 13 locali, quando la centrale piazza Abdul Haq a Kabul si è trasformata in un campo di battaglia. I terroristi, armati di kalashnikov e lanciagranate, hanno aperto il fuoco sui loro obiettivi mentre almeno tre di loro facevano detonare le cinture esplosive. Quindi gli islamisti si sono barricati in una palazzina in costruzione (di proprietà americana) alta 9 piani, da dove hanno continuato a bersagliare l'area circostante. Diversi razzi hanno raggiunto l'ambasciata Usa e uno è finito anche contro il muro di cinta di quella italiana. Nella zona sono arrivati rinforzi, unità scelte e due elicotteri. È iniziato un rastrellamento seguito da nuovi scontri che si sono protratti nella notte, a riprova che gli assalitori hanno ben pianificato l'incursione. Una ripetizione di quanto è avvenuto il 28 giugno, quando un gruppo di estremisti è penetrato nell'Hotel Intercontinental e ha poi ingaggiato una furiosa battaglia. Anche allora le autorità hanno accusato il clan Haqqani. L'organizzazione terroristica — considerata una seria minaccia da parte degli Usa — è guidata da cinque personaggi: Badruddin Haqqani, il responsabile militare; Sirajuddin Haqqani, il leader politico; Nasiruddin e Khalil, nel ruolo di «cassieri»; il mullah Zadran, guida dei combattenti nella regione Est. Il nuovo assalto è un tentativo di dimostrare che la transizione, con un graduale passaggio delle consegne da parte di Usa/Nato alle autorità locali, è un miraggio. E che l'esercito di Kabul è ben lontano dallo standard minimo richiesto malgrado il presidente Karzai sostenga — lo ha ribadito ieri — il contrario. L'altro risvolto dell'attentato è legato all'11 settembre, con gli insorti che hanno voluto ricordare come la guerra sia ancora lunga. Un concetto espresso anche dal neo leader di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, con un messaggio sul web intitolato «L'alba di una vittoria imminente». L'estremista egiziano celebra la rivolta in Nord Africa e cerca di cavalcare la protesta sostenendo che sono stati i colpi del suo movimento — compreso quello dell'11 Settembre — a scatenare il «vulcano arabo». L'America sotto pressione, ha spiegato al Zawahiri, ha costretto i dittatori amici a cedere, e ciò ha portato alla loro fine.
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