Contrordine compagni, o correligionari, o fratelli, o come si chiamano; la guerra non si fa più. Erdogan non andrà a Gaza (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=237538), e contrariamente a quel che era stato detto (http://af.reuters.com/article/commoditiesNews/idAFL5E7K83HY20110908?sp=true), la Turchia non manderà la sua marina militare a scortare le nuove flottiglie antisraeliane, se ce ne saranno. Insomma, la minaccia di scontri militari era una trovata propagandistica. Come l'ultimatum a Israele per le scuse, come la pacificazione con gli armeni dell'anno scorso, come gli ultimatum ad Assad perché smetta di massacrare i suoi cittadini. Tutta propaganda, religiosamente bevuta dalla stampa occidentale. Quest'ultima sparata serviva a preparare il viaggio nei paesi della rivolta araba, dove la Turchia ha da farsi perdonare non solo di essere stata la potenza coloniale che li ha oppressi fino a un secolo fa, ma anche atti più recenti: per dirne una, Erdogan ha cercato di salvare il potere di Gheddafi fino all'ultimo momento. Dunque un po' di sana emozione antisemita aiuta a sembrare simpatico.
Il fatto è che la Turchia non è affatto la grande potenza che cerca di mostrarsi(http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4118699,00.html#.TmZ8w5pCwBg.facebook): sotto un boom gonfiato e momentaneo ha un'economia strutturalmente in difficoltà, la sua linea diplomatica è un fallimento totale, la guerra con i curdi non finisce, i crimini del passato più o meno recente (Armenia, Cipro, oppressione dei Balcani, pulizia etnica, intolleranza religiosa) pesano ancora; l'ammissione in Europa è impossibile. Soprattutto la Turchia non riesce ad essere né l'amica dell'Occidente nel mondo islamico, sua vecchia missione, né il leader del mondo islamico contro l'Occidente. La prima cosa è impedita dall'ideologia islamista di Erdogan e del suo partito; la seconda dalla concorrenza dell'Iran e dalla profonda diffidenza che un progetto neo-ottomano suscita nel mondo arabo: i turchi sono musulmani, ma non certo arabi, hanno una storia di dominazione crudele e inefficiente. Il carattere demagogico e un po' isterico delle sue prese di posizione non aiutano certo a essere presa sul serio.
Tutto bene dunque per Israele? Purtroppo no. Il fatto che la Turchia di Erdogan non abbia la forza di portare sul piano della realtà la sua aggressività verbale contro Israele non elimina la perdita di un alleato importante. Nonostante le agitazioni selvagge delle folle egiziane, nonostante il terrorismo e l'attivismo diplomatico palestinese (che sono accoppiati più che contrapposti), il pericolo principale viene dal Nord, dall'asse fra Iran, Iraq, Siria, Libano . La Turchia, gli americani in Iraq e prima il conflitto fra Iran e Iraq hanno rappresentato a lungo una rottura di questo asse. Oggi questa interruzione non c'è più e il pericolo è reale (http://www.memritv.org/clip_transcript/en/3069.htm). La Turchia si agita molto per guidare l'Islam contro Israele; ma è un po' la mosca cocchiera della favola, che pretendeva di condurre il bue dove già voleva andare. Purtroppo le ragioni per temere uno scontro difficilissimo sono già tutte sul terreno, Erdogan o non Erdogan.