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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Un giorno di vergogna per l'Egitto 11/09/2011
Un giorno di vergogna per l'Egitto
di Zvi Mazel

(traduzione di Angelo Pezzana)


 
Quell'alto palazzo al n° 6 di via Ibn Malek, sulla riva occidentale del Nilo, è ben conosciuto da chi vive al Cairo. La bandiera israeliana ha sventolato da quel 19° piaino sin da quando vi era stata issata trenta anni fa durante un cerimonia commovente. Si era sperato in quel cambiamento, che avrebbe dovuto portare una nuova era di pace con l'Egitto e con altri nostri vicini. Invece non è andata così.Una pace fredda e la continua ostilità dei media hanno sostituito quella bandiera con un drappo funebre.Sebbene siano stati portati in salvo i diplomatici israeliani, malgrado egiziani e palestinesi sbrigassero gli affari correnti come i visti sui passaporti, malgrado ambascitori di altri paesi venissero per scambiare le rispettive opinioni, era evidente che "qualcosa stava per succedere". Quel qualcosa è successo nei giorni scorsi. La bandiera è stata strappata con violenza da un egiziano subito proclamato "eroe", data alle fiamme mentre la folla esultava. Il giorno dopo l' "eroe"  era sulle prime pagine di tutti i giornali, ricevendo persino una onorificenza dal governatore di Giza.
 
Questa grande nazione, così orgogliosa del proprio magnifico passato, ha trovato adesso il suo eroe moderno.Non un filosofo, non uno scienziato, non un fondatore di una azienda di grande successo, non un giocatore di scacchi e nemmeno uno sportivo. Solo un teppista, che si è arrampicato in cima a un edificio per strappare la bandiera di un paese confinante, in mezzo alle grida di una folla eccitata. L'attacco alla stessa ambasciata alcuni giorni dopo prova che la folla sapeva di poter contare sulla complicità benevola dei media e delle autorità.
 
Il mondo ha così potuto vedere come l'Egitto non può garantire la sicurezza e l'integrità di una ambasciata straniera, non può rispettare le regole più elementari della legalità internazionale e il rispetto dei trattati che pure ha firmato. La lezione non sarà dimenticata, nè le immagini di quella folla all'assalto del palazzo, entrare nell'ambasciata dopo avere abbattuto il muro di protezione e devastato l'interno. Di certo nulla che susciti fiducia e che stimoli il turismo, in un momento nel quale l'Egitto ha bisogno più che mai di solidarietà e aiuti da parte della comunità internazionale a causa della sua economia fallimentare.
 
L'Egitto si trova a un bivio. Le dimostrazioni di massa e la caduta di Mubarak non hanno aperto una via alla soluzione dei problemi sociali ed economici del paese. Il Consiglio MilitareSupremo, che regge il paese, ha rivelato tutta la sua debolezza: non è stato capace di indicare al popolo i contenuti di una nuova costituzione, l'elezione di nuove istutuzioni parlamentari, e le riforme sociali ed economiche delle quali ha enormemente bisogno. Al contrario, la situazione da pessima sta diventando grave. Non ci sono partiti liberali in grado di guidare la rivoluzione,e preparare le premesse di un regime democratico in grado rafforzare il rispetto dei diritti umani e quelli delle donne, così come quelli della minoranza copta. I Fratelli Musulmani, invece, e i movimenti ultra nazionalisti,a lungo repressi sotto il regime precedente, ora controllano la piazza e dettano la loro volontà ai militari, mentre è in corso una lotta per impadronirsi del potere. I giovani, ingenui e coraggiosi, che scesero nelle strade il 25 gennaio per chiedere cambiamento e migliori condizioni di vita, hanno perso. L'odio verso Israele è l'unico comun denominatore di queste forze, profondamente divise, che cercano di controllare l'Egitto.
 
Mentre il paese ha urgenza di pensare alla propria economia e dare lavoro e speranza alle masse affamate. Per poterlo fare occorre stabilità, quella che il trattato di pace con Israele garantiva. I due paesi confinanti devono cooperare per combattere i gruppi terroristi che minacciano il lungo confine. Il dialogo ai livelli più alti non si è mai fermato, e gli Usa fanno del loro meglio per garantirne la continuità. Ci vogliono nervi saldi da entrambe le parti del confine per allentare la situazione. Può non essere facile, ma non c'è altra via.
 

Zvi Mazel è stato ambasciatore in Romania,Egitto e Svezia.
Fa parte del Jerusalem Center fo Public Affairs.
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