lunedi` 25 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






Il Foglio Rassegna Stampa
10.09.2011 Controllare la successione di Bashar al Assad
ecco perchè l'Iran ha smesso di appoggiare il suo alleato in Siria

Testata: Il Foglio
Data: 10 settembre 2011
Pagina: 1
Autore: Redazione del Foglio
Titolo: «Perché Teheran scommette sulla caduta degli Assad»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/09/2011, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Perché Teheran scommette sulla caduta degli Assad".


Mahmoud Ahmadinejad, Bashar al Assad

Roma. L’Iran prende le distanze dall’alleato siriano, per controllare la successione a Bashar el Assad, sul quale ormai nutre poche speranze. Mentre Onu, Stati Uniti e Unione europea continuano a mostrarsi incapaci di impedire i massacri in Siria – quaranta morti giovedì, decine ieri nel 26esimo venerdì di protesta, 2.400 le vittime da marzo – Mahmoud Ahmadinejad si propone come mediatore tra opposizione e regime. “Assad dovrebbe fermare la repressione e trattare con l’opposizione – ha detto il presidente iraniano – una soluzione militare non sarà la risposta giusta, i problemi vanno risolti col dialogo”. La situazione è surreale: il responsabile della “soluzione militare” che ha soffocato nel sangue la rivolta dell’Onda verde iraniana nel 2009 ora dà lezioni di dialogo all’alleato siriano.
La novità, però, ha una spiegazione: il regime di Teheran, che ha terminali profondi nei gangli del potere a Damasco e che ha messo i suoi pasdaran al fianco dei generali siriani nella repressione più dura, sente che Assad sta per crollare. Già il 28 luglio, il quotidiano Jomhouri Eslami, specchio fedele delle posizioni dell’ayatollah Ali Khamenei, scriveva che “la questione cui Assad e i suoi devono rispondere è semplice: quanto a lungo possono reggere un confronto militare? Può una violenza à la Gheddafi convincere il popolo siriano a smetterla di manifestare?”.
E’ ormai chiara la volontà iraniana di mettere un’ipoteca sul futuro politico della Siria, che potrebbe portare Teheran sino al punto di stimolare un putsch militare o una congiura di Palazzo che salvaguardi – in raccordo con qualche oppositore – una partnership di rilievo strategico. La Siria, integrata nel meccanismo militare iraniano, ha un’economia largamente dipendente dagli aiuti di Teheran (almeno tre miliardi di dollari per la raffineria di Banias, una fabbrica di automobili e cooperazione per telecomunicazioni, edilizia e progetti agricoli). Damasco, in cambio, offre a Teheran una piattaforma indispensabile per la sua politica di potenza regionale.
L’Iran sta costruendo una base navale militare al porto di Latakia, di fianco a quella che stanno ultimando i russi. A Damasco c’è la centrale operativa – cui fanno riferimento i terroristi di Hamas, Fplp e Jihad islamico – che i pasdaran usano per le operazioni estere. Soltanto la Siria, infatti, può fare da “porto franco” per i traffici bloccati dalle sanzioni dell’Onu. Se anche i governatori scappano Dalle notizie che filtrano in occidente si comprende che il punto debole di Assad è proprio l’esercito: i disertori manifestano in molte città, il nuovo governatore militare di Hama, Mohammed al Bakkour, è fuggito all’estero, portando con sé documenti sulle stragi che intende presentare al tribunale dell’Aia. Anche il governatore di Deir Ezzor ha disertato. Il tenente colonnello Hussein Harmush, che disertò a giugno, sarebbe a capo di una brigata di centinaia di ufficiali ribelli che dalla Turchia appoggiano le proteste (per vendetta, ieri, suo fratello Mohammad è stato arrestato e ucciso). Un quadro di dissoluzione del regime confermato dall’ultimo ordine di Assad, che, stando al quotidiano al Qods, avrebbe proclamato lo “stato di guerra”, mobilitando tutte le truppe contro “la minaccia terrorista”. Riconoscendo, così, l’ingovernabilità del paese.

Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mai


lettere@ilfoglio.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT