Moni Ovadia peggio di Sergio Romano e Udg l'autoproclamazione dello Stato palestinese sarebbe un' 'occasione da non perdere' ?
Testata:Corriere della Sera - L'Unità Autore: Sergio Romano - Umberto De Giovannangeli - Moni Ovadia Titolo: «La Palestina all'Onu, il difficile riconoscimento - Occasione da non perdere»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/09/2011, a pag. 59, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " La Palestina all'Onu, il difficile riconoscimento ". Dall'UNITA', a pag. 35, l'articolo di Umberto De Giovannangeli dal titolo " È intifada diplomatica per il riconoscimento dello Stato di Palestina", a pag. 23, l'articolo di Moni Ovadia dal titolo " Occasione da non perdere ", preceduto dal nostro commento. Ecco i pezzi:
CORRIERE della SERA - Sergio Romano : " La Palestina all'Onu, il difficile riconoscimento "
Sergio Romano
L'Assemblea Generale dell'Onu sarà chiamata ad esprimersi sul riconoscimento dello Stato palestinese con una risoluzione che sebbene non vincolante, sarà importante dal punto di vista internazionale. Stati Uniti e Israele si oppongono a questa iniziativa, ma ciò non potrebbe al contrario costituire un vantaggio per lo Stato ebraico? Finalmente il nuovo Stato sovrano riconosciuto sarà chiamato ad assumersi le proprie responsabilità verso la comunità internazionale e quindi anche verso Israele e dovrà rispondere, e nel caso risarcire, dei propri illeciti, incluse attività di terrorismo da parte di gruppi palestinesi. Margherita Sacerdoti margheritasacerdoti@gmail.com
Cara Signora, L a strada verso il riconoscimento dello Stato palestinese è ancora incerta e tortuosa. In linea di principio l'Assemblea dell'Onu dovrebbe esprimersi sulla base di una raccomandazione proveniente dal Consiglio di sicurezza. Ma gli Stati Uniti, se la questione figurasse all'ordine del giorno, si varrebbero del diritto di veto per bloccare l'iniziativa sul nascere. I palestinesi lo sanno e sono alla ricerca di una formula che consenta di portare la questione in Assemblea senza passare attraverso il Consiglio. Secondo qualche osservatore, potrebbero servirsi di una risoluzione del 1950 che autorizza l'Assemblea ad affrontare direttamente le questioni che concernono la pace mondiale. Secondo una inchiesta della Bbc, l'Assemblea diventerebbe competente se qualche Stato invocasse l'applicazione della risoluzione n. 181 con cui l'Onu, nel 1947, deliberò la nascita di due Stati sul territorio della Palestina mandataria. Ma Israele potrebbe obiettare che quella risoluzione fu violata dalla immediata guerra dei Paesi arabi contro lo Stato ebraico ed è quindi ormai nel grande archivio dei progetti falliti. Se questi ostacoli verranno superati e l'Assemblea generale dell'Onu sarà investita della questione, il riconoscimento dello Stato palestinese sarà valido soltanto se votato dai due terzi dell'Assemblea, vale a dire da 128 membri sui 193 di cui si compone oggi l'organizzazione delle Nazioni Unite. Non è un obiettivo impossibile. Gli Stati che riconoscono la Palestina sarebbero oggi 122 e il traguardo è a portata di mano. Resta da comprendere se il riconoscimento del nuovo Stato possa dare un contributo decisivo alla soluzione del problema. Chi è contrario obietta con ragione che non è opportuno riconoscere uno Stato con frontiere incerte e tuttora composto da due entità — l'Olp in Cisgiordania e Hamas nella Striscia di Gaza — che non sono ancora riuscite ad accordarsi sul nome della persona a cui dovrebbe essere affidata la presidenza del governo comune. Ma altri osservano con altrettanta ragione che il Primo ministro israeliano Netanyahu non ha alcuna intenzione di negoziare e che la politica degli insediamenti, continuamente perseguita dai governi israeliani, sta progressivamente erodendo il territorio palestinese. La nascita ufficiale dello Stato avrebbe l'effetto di conferire alla Palestina una maggiore legittimità internazionale, il diritto di accogliere ambasciate che potrebbero descrivere al mondo le sue condizioni di Paese occupato e quello di accedere ai tribunali internazionali. Ma dovrebbe anche, come lei scrive, dare conto al mondo del suo atteggiamento di fronte alle organizzazioni che si servono del suo territorio per proseguire la lotta armata contro lo Stato d'Israele.
L'UNITA' - Umberto De Giovannangeli : " È intifada diplomatica per il riconoscimento dello Stato di Palestina "
Abu Mazen
Indietro non si ritorna. La terza Intifada e alle porte ma usa l'arma della politica e ha una data d'inizio: il 20 settembre. Il giorno in cui un intero popolo avra gli occhi puntati sul Palazzo di Vetro. L'Intifada diplomatica ha un obiettivo dichiarato: ottenere i due terzi dei consensi dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite alla richiesta ufficiale di adesione all'Onu dello Stato di Palestina, indipendente e sovrano accanto adun Israele confinato alle frontiere del 1967. L'attesa nei Territori cresce con l'avvicinarsi della data fatidica. I palestinesi rilanciano, gli Stati Uniti fanno muro. Il 'no' ribadito dall'amministrazione Usa, su questo punto cruciale decisamente schierata con Israele, non ha incrinato la determinazione della leadership palestinese. Nei giorni scorsi il Comitato esecutivo dell'Olp si e riunito insieme ai capi di tutte le componenti palestinesi a Ramallah con il presidente dell'Anp, Abu Mazen, ribadendo la propria decisione di chiedere per la Palestina lo status di ¡194° Stato membro delle Nazioni Unite, limitato dai confini del 4giugno 1967 e con Gerusalemme Est come capitale. Una scelta, afferma un dirigente dell'Olp, Azzam al-Ahmed, definitiva e irreversibile. Nella convinzione, dice all'Unita il segretario generale dell'Olp, Yasser Abdel Rabbo, che ¡ìarrivare a questo obiettivo favorira il rilancio di un processo di pace serio e di nuovi negoziati, con il chiaro obiettivo di una soluzione con due Stati sulle frontiere del 1967.Mac'e il muro di Washington: la nascita di uno Stato palestinese, rimarca la portavoce del Dipartimento di Stato Usa Victoria Nuland, puo avvenire solo attraverso negoziati e noncon un'iniziativa unilaterale. Pertanto, a qualunque iniziativa in tal senso che venisse sottoposta al Consiglio di sicurezza, gli Stati Uniti opporranno il veto, taglia corto la portavoce, aggiungendo che la cosa ¡ìnon dovrebbe sorprendere. Un muro che rischia ora di creare un'ondata di indignazione in tutto il mondo arabo. A supporto del gesto unilaterale davanti all'Assemblea dell'Onu la leadership palestinese ha chiesto ¡ìuna vasta mobilitazione in Palestina, nei campi profughi, nel mondo arabo e in tutti i Paesi del mondo per sostenere il passo alle Nazioni Unite. Tanto che in quei giorni caldissim, Israele intende sigillare i Territori e decretare lo stato di massima allerta su tutto il territorio nazionale. Mentre il Consiglio dell'Olp era riunito, un centinaio di palestinesi con bandiere e cartelli ha sfilato per le strade di Ramallah fino al quartier generale delle Nazioni Unite, dove e stata consegnata la lettera con la richiesta di adesione indirizzata al segretario generale Onu, Ban Ki-moon. A consegnarla e stata Latifa Abu Hamed, 60 anni, rifugiata del vicino campo di Al-Amari, che ha avuto un figlio ucciso dagli israeliani e altri quattro detenuti nello Stato ebraico. ¡ìRivolgo questo messaggio all'Onu per dire che noi abbiamo diritto ad avere il nostro Stato come tutti nel mondo e abbiamo diritto alla fine dell'occupazione ¡í. IL ROUND FINALE Al momento possiamo contare sul voto favorevole di almeno 118 Stati membri delle Nazioni Unite, ma riteniamo di arrivare ad oltre 140 superando cosi i 2/3¡í, degli Stati membri dell'Onu, dice Nabil Abu Rudeinah, raggiunto telefonicamente alla Muqata, il quartier generale dell'Anp a Ramallah. La risoluzione puo contare sul sostegno di potenze globali come Cina, Brasile, Sud Africa, India. A sostegno si schierano, compatti, i Paesi arabi e musulmani, dal Pakistan all'Iran, dall'Egitto post-Mubarak alla Turchia di Erdogan. Quel voto e invece destinato a spaccare l'Europa: a favore si sono gia dichiarati la Spagna, i Paesi scandinavi, verso il si sembrano orientarsi la Francia, il Belgio, l'Irlanda e il Lussemburgo, incerta resta la Gran Bretagna, contrari la Germania, la Polonia, l'Olanda. L'Italia, ultima ruota del carro europeo anche stavolta: l'orientamento e verso il no, ma senza sbandierarlo troppo.Unno a bassa voce. Il tono che piu si addice al profilo undergronud del Cavaliere nello scenario internazionale.
L'UNITA' - Moni Ovadia : " Occasione da non perdere "
Moni Ovadia
Il pezzo di Moni Ovadia è un elenco di menzogne sulla storia di Israele, riprendiamo le più eclatanti: " il popolo palestinese che vive sotto occupazione militare israeliana da quasi cinquant'anni, con milioni dei suoi figli dispersi nell' esilio, espulsi dalle loro terre, con la sua gente privata di ogni diritto, vessata quotidianamente da una colonizzazione perversa ed espropriatrice " (...) " la politica del governo Netanyahu che mira alla strisciante e progressiva espropriazione dell'identità palestinese attraverso la compressione dei suoi spazi di esistenza edi cultura fino a ridurla ad una marginalità impotente ". Ovviamente nemmeno una sillaba sul terrorismo di Hamas, sul rifiuto di Abu Mazen di partecipare i negoziati, sul terrorismo dell'Olp, sul fatto che furono gli arabi, nel '48 a rifiutare lo Stato palestinese, sul fatto che Israele abbia diritto a difendersi dagli attacchi che subisce quotidianamente. Nessuna sillaba, perchè cozzerebbe contro l'immagine fasulla dei palestinesi "piccolo popolo esemplare nella sua dignità e nel suo coraggio". Che cosa c'è di dignitoso e coraggioso nel lanciare razzi qassam contro la popolazione israeliana indifesa, è chiaro solo a Moni Ovadia. Ecco l'articolo:
Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, il 21 settembre, parlerà alle Nazioni Unite in seduta plenaria per chiedere il riconoscimento formale dello Stato palestinese. La comunità internazionale ha un'opportunità preziosa per riparare ad uno dei più gravi torti commessi nella seconda metà del Novecento nei confronti di un piccolo popolo esemplare nella sua dignità e nel suo coraggio, il popolo palestinese che vive sotto occupazione militare israeliana da quasi cinquant'anni, con milioni dei suoi figli dispersi nell' esilio, espulsi dalle loro terre, con la sua gente privata di ogni diritto, vessata quotidianamente da una colonizzazione perversa ed espropriatrice. La comunità internazionale non può perdere l'occasione di dare avvio adun processo riparatore dei guasti e delle devastazioni del colonialismo che sono state all'origine del dramma mediorientale. La decisione di accogliere lo Stato di Palestina nella comunità delle nazioni non potrà non mettere alle corde la politica del governo Netanyahu che mira alla strisciante e progressiva espropriazione dell'identità palestinese attraverso la compressione dei suoi spazi di esistenza edi cultura fino a ridurla ad una marginalità impotente. Proprio in questi giorni un milione di israeliani chiedono giustizia sociale, sono gli indignados. Costoro, in risonanza con le primavere arabe potrebbero rimettere in moto un'energia virtuosa che faccia uscire gli israeliani dalla palude del discredito e dell'isolamento al quale li condannano il reaganiano Bibi e il razzista Lieberman, per farli entrare in un futuro migliore di quello del «ghetto» supermilitarizzato.
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