Gerusalemme, Shin Bet, Idf e polizia sventano attentato più di un mese fa ma Hamas continua a pianificare attacchi contro Israele
Testata: Il Foglio Data: 08 settembre 2011 Pagina: 4 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Israele sventa un attacco, ma per settembre Hamas ha un piano grandioso»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/09/2011, a pag. 4, l'articolo dal titolo "Israele sventa un attacco, ma per settembre Hamas ha un piano grandioso".
Shin Bet idf Hamas
Gerusalemme. Ventiquattr’ore in più di tempo e la bomba sarebbe esplosa, a Gerusalemme, il 21 agosto scorso, tre giorni dopo l’attacco a Eilat agli autobus dei soldati (sei morti). Ieri si è saputo che un’azione congiunta delle forze israeliane – lo Shin Bet, l’Idf e la polizia – che va avanti da mesi ha permesso di sventare un attacco che era lì lì per andare a segno: l’esplosivo (un estintore imbottito) era già arrivato a Gerusalemme dalla Cisgiordania, laddove procede a ritmi indefessi la stabilizzazione di cellule legate a Hamas. Le forze israeliane ne hanno già intercettate tredici, la più grande era quella che aveva organizzato l’attentato fallito. Il copione è drammaticamente uguale a quello di tanti altri attacchi – come quello del 23 marzo scorso alla stazione degli autobus di Gerusalemme – una sintesi dei rapporti tra i palestinesi di Hamas e Damasco, dove vive gran parte della leadership del gruppo, al riparo dai tank del regime di Bashar el Assad: gli operativi a Hebron, la regia in Siria, il “martire” a Gerusalemme. Secondo lo Shin Bet, le cellule di Hamas si sono date molto da fare negli ultimi mesi per organizzarsi in Cisgiordania, ma gli attacchi non sono l’unico obiettivo di questa militarizzazione. Il jackpot consiste nel rapimento di un soldato dell’esercito israeliano, una merce di scambio inestimabile, come già si è visto con il caporale Shalit, cinque anni di prigionia, tante negoziazioni aperte, tutto tempo guadagnato per armarsi e organizzarsi – il tempo è fondamentale per la strategia jihadista, il tempismo anche. Questo è un mese cruciale per la causa palestinese. Il 20 settembre inizia la riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di fronte alla quale il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, chiederà al segretario generale dell’Onu, Bank Ki-moon, di riconoscere la Palestina come membro. La vittoria assicurata ai voti rappresenta un simbolo più che la costituzione di un vero stato palestinese (per la quale bisognerebbe andare al Consiglio di sicurezza, dove però gli Stati Uniti metterebbero il veto), comunque quanto basta per riportare indietro di anni i negoziati del Quartetto, i bilaterali tra Israele e l’Autorità nazionale palestinese, cioè tutta quella diplomazia che cerca di governare i rapporti tra Gerusalemme e i suoi vicini, mettendo almeno all’angolo Hamas, in quanto non rispetta le condizioni per il dialogo: il disarmo e il riconoscimento dello stato d’Israele, primi fra tutti. Il subbuglio diplomatico – per il quale Gerusalemme ha molte responsabilità, essendosi mossa in ritardo rispetto alla questione posta da Abu Mazen e con il premier, Benjamin Netanyahu, ancora incerto sulla linea da assumere, anche a causa delle pressioni per aderire alla linea dura del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman – serve a Hamas per organizzare il post voto. Finita la farsa dell’accordo con l’Anp – patrocinato dal nuovo Egitto, accolto dai più come l’inizio di una stagione promettente e naufragato come tutti e i tanti patti “storici” siglati dalle fazioni palestinesi – ricomincia la fase armata. Un documento dell’esercito trapelato sui media ha svelato gli strumenti di difesa messi in campo da Gerusalemme per evitare la terza Intifada. L’operazione dello Shin Bet fa parte di questi, ma l’offensiva terroristica non si fermerà a un estintore pieno di esplosivo.
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