Il nuovo Egitto 'democratico' è antisemita commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 07 settembre 2011 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Nel nuovo Egitto da giorni c’è una guerra all’ambasciata israeliana»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 07/09/2011, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo "Nel nuovo Egitto da giorni c’è una guerra all’ambasciata israeliana".
Giulio Meotti
Roma. Il 26 febbraio 1980, il giorno in cui furono avviate le relazioni diplomatiche fra Egitto e Israele, il primo ambasciatore dello stato ebraico presentò le credenziali al presidente Anwar Sadat. Un egiziano di nome Saad Idris Halawa scatenò una protesta chiedendo l’espulsione dell’ambasciatore ebreo. Halawa venne ucciso negli scontri con la polizia e proclamato “matto”. Ora che il trattato di pace di Camp David trema come mai prima, un emulo di Halawa è diventato un “eroe”. Si chiama Ahmad Shehat, ribattezzato “Flagman” (uomo bandiera) dai manifestanti per aver scalatoa fine agostoi diciassette piani dello stabile in cui ha sede la missione diplomatica israeliana al Cairo. Shehat ha bruciato la bandiera israeliana che sventolava da una finestra e l’ha sostituita con il tricolore nerobianco- rosso egiziano. L’uomo ha spiegato che “gli obiettivi della rivoluzione erano abbattere Mubarak, i suoi amici e l’entità sionista”. L’esercito per una settimana ha lasciato che al posto della stella di David sventolasse sull’ambasciata d’Israele il drappo egiziano. Hamdeen Sabahi, candidato alla presidenza, ha chiamato Shehat “l’eroe che ha bruciato la bandiera sionista che ha inquinato l’aria egiziana per trent’anni”. Due settimane dopo il regime militare che ha sostituito al potere Hosni Mubarak ha deciso di assegnare persino una casa e un lavoro a Shehat. Il giovane è stato premiato dal governatore di Sharqiya, Azazy Ali Azazy, che nell’occasione ha consegnato un appartamento e un posto fisso al giovane. Secondo il giornale Al Masri al Ayoum, “l’onoreficenza a Shehat indica un cambiamento nella posizione ufficiale verso Israele”. “Avrei voluto essere al suo posto”, ha detto il governatore Azazy. Da settimane l’ambasciata d’Israele, che sorge vicino all’Università del Cairo e allo zoo, è al centro di una guerra che ricorda quella all’ambasciata americana a Teheran. Manifestanti annunciano assalti all’edificio e i Fratelli musulmani, principale forza nel paese, ne hanno chiesto la chiusura. Ad agosto il cibo kosher, che doveva arrivare ai dipendenti dell’ambasciata del Cairo, è stato requisito a Taba dall’esercito egiziano. Adesso gli uffici israeliani al Cairo si apprestano a essere protetti da un muro di cento metri e alto tre. Uno dei chierici più in vista dei Fratelli musulmani, Salah Sultan, ha appena emesso una fatwa che legittima l’uccisione dell’ambasciatore israeliano. Sultan ha accusato l’ambasciata di “corrompere” i giovani con droghe e prodotti per capelli che ledono le capacità riproduttive. Pochi giorni fa una coalizione di leader egiziani si è riunita al Cairo per discutere “la questione israeliana”. C’erano Amr Moussa, favorito alle elezioni presidenziali; il leader “liberale” del Ghad, Ayman Nour; il capo dei “riformisti” di Kefaya, George Ishaq, e rappresentanti del partito storico “laico” del Wafd. Sotto l’ambasciata israeliana campeggia da giorni una svastica e una scritta in arabo: “Le camere a gas sono pronte”.
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