Vi invio copia di una lettera indirizzata al giornale Avvenire , in merito ad un articolo del 3 settembre , a firma di Luigi Geninazzi, titolato “ Attorno ad Israele un vuoto ad alta tensione”
Gentile Direttore
ho letto con interesse l'articolo di Luigi Geninazzi in data 3 settembre sulla
situazione di vuoto venutasi a creare attorno ad Israele. Il giornalista
descrive compiutamente alcuni aspetti generali critici della situazione attuale
dello Stato ebraico, limitandosi opportunamente ad una descrizione
obiettivante, senza cioè esprimere giudizi di valore sull'operato di tizio o
caio. Tuttavia , nell'ultima parte dell'articolo, Geninazzi definisce la
richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese che l'ANP presenterà
all'assemblea delle Nazioni Unite in questi termini :" Una mossa disperata
quella di Abu Mazen, giustificata però dall'intransigente rifiuto di Netanyahu
di riaprire il negoziato di pace." Queste espressioni :disperata , giustificata
, intransigente rifiuto di Netanyahu di riaprire il negoziato di pace, sono
frutto di una totale interpretazione personale del giornalista, scarsamente
fondabile su fatti accertabili, ma che hanno il preciso significato di
affermare che Israele ha torto. Perchè disperata? Se la mossa di Abu Mazen è
disperata, vuol dire che avrebbe preferito negoziare e che forse credeva in
questa possibilità. Ma ,mi scusi Direttore, la richiesta del diritto di ritorno
nello Stato di Israele dei discendenti dei fuoriusciti palestinesi del 1948,
vale a dire anche di qualunque bambino che nascerà la prossima settimana ,
magari a Roma, Le sembra una richiesta che Abu Mazen possa continuare a fare in perfetta buona fede , cioè ritenendola accettabile per un paese delle
dimensioni demografico-territoriali di Israele? Sarebbe come se in Italia 40
milioni di persone, senza arte nè parte , e credendosi latori di crediti da vantare nei nostri confronti, dovessero installarsi nel nostro territorio, non certo con le migliori intenzioni.
Mi fermo qui per ragioni di spazio. Mi duole però dover cominciare a pensare (ho 62 anni e sono un insegnante in pensione) che la colpa che si attribuisce ad Israele sia soprattutto quella di essere nato.
Distintamente
Andrea Cafarelli
Verona 3 settembre 2011