Riportiamo dalla STAMPA del 04/09/2011, a pag. 22, l'intervista di Alain Elkann ad Aharon Appelfeld dal titolo "Sarò vecchio quando smetterò di scrivere".
Aharon Appelfeld, Alain Elkann
Aharon Appelfeld è tranquillo a Gerusalemme, a casa sua, con sua moglie: ha appena finito di scrivere ed è soddisfatto dell’uscita del suo ultimo libro, da poco pubblicato.
Di che cosa parla il suo romanzo?
«Si svolge nell’Ottocento. Tratta di un ebreo aristocratico che vive solo sulle montagne, dove possiede terreni e campi. È una tipologia di ebreo che non era molto conosciuto: un ebreo di campagna, molto forte, alto, rispettato dalla gente. La gente parla con lui alla pari».
Dove si svolge il romanzo?
«Nelle campagne austroungariche. Il fratello di questo personaggio e la sua famiglia vengono trucidati da alcuni fanatici e lui si vendicherà contro chi li ha uccisi uccidendoli a sua volta. Insomma, è una storia molto drammatica, ma per fortuna il libro è stato ricevuto bene dal pubblico e dalla critica in Israele. Diciamo che è un’inchiesta su chi sono gli assassini e quando il protagonista lo saprà li ucciderà a sua volta».
Che cosa sta succedendo oggi in Israele?
«È sempre un Paese drammatico, dove accade sempre qualcosa. Siamo circondati dall’Egitto, la Siria, il Libano, l’Iran, l’Iraq... Paesi oggi in grande ebollizione. Siamo preoccupati per l’Egitto e la Siria, soprattutto perché abbiamo frontiere comuni, e questo ci spaventa. Speriamo che la pace con l’Egitto e la Giordania possano continuare, ma non siamo certi di niente per quanto riguarda i Paesi che confinano con noi. Ultimamente ci sono stati anche incidenti con l’Egitto e un grande spargimento di sangue in Siria».
Lei crede in una nuova possibilità democratica dei Paesi del Medio Oriente?
«Io penso che sia un processo lungo. Non può accadere tutto in un anno. Sono Paesi che sono stati abituati per decenni alla dittatura e non penso che da un giorno all’altro possa subentrare improvvisamente la democrazia».
Che cosa pensa di quanto sta accadendo?
«Seguo molto gli avvenimenti, guardo la televisione, ascolto la radio, leggo i giornali, cerco di capire, ma sono incerto. So che c’è molta tensione, perché l’incertezza crea tensione».
Qual è la sua opinione riguardo la recente protesta degli studenti israeliani?
«Intanto non sono solo studenti, ma giovani che hanno fino a 30 anni e che vengono da una media borghesia. In Israele c’è una diversità, una sproporzione crescente tra ricchi e poveri e la classe media - la maggioranza in Israele, soprattutto giovani - non è in grado di comprarsi una casa, di guadagnare a sufficienza, quindi è una protesta della maggioranza dei giovani. Una protesta di 300 mila persone, molto pacifica: hanno ballato, cantato e non vi è stata alcuna violenza, e questo è un segnale un molto importante. Per la prima volta non si parla più dei poveri, ma della classe media».
I suoi figli hanno partecipato a questa rivolta?
«Sì, hanno protestato anche loro».
E ci saranno cambiamenti, secondo lei?
«Sì, perché la dimostrazione è stata vastissima e per la prima volta hanno partecipato tutti, senza distinzione di partiti: la destra, la sinistra, i religiosi. Non so se tutti i problemi saranno risolti ma sono certo che tutto si svolgerà in modo pacifico. La protesta non è quella di chi muore di fame, ma di gente che vuole vivere una vita normale e che guarda come esempio i Paesi occidentali».
Pensa che la rivoluzione di primavera egiziana abbia avuto un’influenza su quanto accaduto in Israele?
«In qualche modo sì, solo che in Egitto hanno parlato di ritrovare diritti umani, diritto alla libertà e alla democrazia ma queste cose in Israele esistono già. Israele è un Paese democratico e forse in Israele ci si è occupati più di problemi sociali».
Ma questo non è lo stesso desiderio anche dei palestinesi e di altri Paesi limitrofi?
«Sì, però ci sono due Paesi palestinesi: il cosiddetto West Bank, che io spero un giorno troverà un linguaggio comune con Israele, e il secondo che è Gaza, è estremista e vuole la distruzione di Israele. Il fanatismo è una passione purtroppo molto forte. Israele deve fare molta attenzione».
E come reagisce il primo ministro Netanyahu a questa protesta?
«Ha avuto una reazione, secondo me, positiva, perché ha capito e ha nominato un gruppo di economisti molto importanti per occuparsi di questa grande questione e cercare soluzioni, per cui penso sinceramente che qualcosa succederà».
Come scrittore alla vigilia dei suoi ottant’anni, lei come si sente?
«Non mi sono mai sentito come un vecchio scrittore. Uno scrittore non può essere vecchio, perché vecchio vuol dire stanco e io non posso essere stanco. Scrivo ogni giorno al mio tavolo e, se scrivi, significa che sei ancora giovane. Nel momento in cui smetterò di scrivere sarò vecchio».
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