Dalla STAMPA di oggi, 03/09/2011, riprendiamo il commento di Aldo Baquis a pag.22, un pezzo corretto, pubblicato però sotto un titolo inaccettabile "Il sollievo di Tel Aviv per il rapporto. Netanyahu: non chiederò mai scusa". Che c'entra Tel Aviv ? il governo di Israele è a Gerusalemme, se proprio alla STAMPA non riescono a digerire che la capitale è Gerusalemme e non Tel Aviv, evitino allora di scrivere strafalcioni, bastava scrivere 'il governo Netanyahu'. Invitiamo i nostri lettori a scrivere al direttore Mario Calebresi, per chiedergli se condivide quel titolo (ridicolo, degno del Manifesto e non della Stampa) oppure no. Ecco la sua mail diretta:
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Ecco il pezzo di Aldo Baquis:
Rammarico per le vittime civili sì, ma scuse ad Ankara no. Questa la posizione elaborata dal premier israeliano Benyamin Netanyahu dopo aver saputo delle misure messe a punto dal collega turco Recep Tayyp Erdogan per punire Israele dell’abbordaggio della Marmara, la nave turca che nel maggio 2010 cercò di forzare il blocco navale per Gaza, a bordo della quale nove passeggeri furono uccisi dal fuoco israeliano.
Israele ieri ha accolto con sollievo (e con qualche riserva marginale) il rapporto dell’Onu sull’incidente, redatto da Geoffrey Palmer. Il blocco navale di Gaza è giustificabile, dice il rapporto, e così pure l’arresto di navi in acque internazionali. Sulla Marmara non c’erano aiuti umanitari significativi per i palestinesi di Gaza, ma decine di militanti islamici turchi, determinati a un confronto con la Marina israeliana. La quale, prosegue il Rapporto, ha tuttavia errato nella tecnica di intercettazione della Marmara e ha fatto ricorso a un uso eccessivo della forza. Da qui la necessità che Israele esprima rammarico e provveda a indennizzare le vittime.
«Erdogan si è visto sbugiardato da Palmer - ha affermato una fonte politica israeliana -. Per mesi ha detto al suo popolo che Israele aveva commesso un terribile crimine, mentre il Rapporto Palmer sostiene il contrario. In assenza di spiegazioni accettabili, Erdogan ha preferito alzare ancora una volta i toni verso Israele».
Ma se il ministero degli Esteri israeliano ritiene di aver guadagnato qualche punto sul piano internazionale, il ministero della Difesa vede invece il futuro con apprensione. Nei mesi scorsi proprio il ministro della Difesa Ehud Barak aveva provato a escogitare con Ankara una formula che salvasse l’orgoglio nazionale di tutti. Dizionari alla mano, si era cercata (invano) una parola vaga che in turco suonasse come «scusa formale» e in ebraico come «rammarico».
La Turchia, dicono analisti israeliani, da tempo cerca di imporsi come una potenza regionale e islamica. Israele può al massimo ritardare questa tendenza. Ieri invece gli eventi hanno assunto una accelerazione brusca, che provoca palpitazioni nel ministero della Difesa. Il timore immediato è che i militari israeliani ripresi a bordo della Marmara siano trascinati in Corti internazionali. Ci si interroga anche sul futuro della cooperazione tra intelligence (specie sui progetti iraniani) nonché sulla possibile intenzione, da parte della Marina militare turca, di sfidare, presto o tardi, il blocco navale a Gaza. Di fronte a questi scenari, Hamas (che spera ora in una visita di Erdogan a Gaza) ha già espresso il massimo giubilo.
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