E' lecito tradurre 'Shoah' con 'annientamento' ? commento di redazione del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 01 settembre 2011 Pagina: 3 Autore: Redazione del Foglio Titolo: «Sbianchettare la Shoah»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 01/09/2011, a pag. 3, l'editoriale dal titolo "Sbianchettare la Shoah".
Auschwitz
La notizia era stata già diffusa ieri (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=41214). Non comprendiamo la polemica, il termine 'annientamento' è la traduzione di Shoah. Definire il genocidio degli ebrei 'annientamento' è sicuramente più corretto di 'olocausto'. Ecco il pezzo:
Forse ha ragione Adrien Barrot, filosofo dell’Università di Parigi, che parla di “visione pedagogica dell’antisemitismo”, di una idea troppo astratta e stereotipata, un eccesso, un abuso, una dittatura della memoria. La decisione del ministero dell’Istruzione francese di archiviare l’uso della parola “Shoah” per descrivere lo sterminio degli ebrei appare assurda e scandalosa. Claude Lanzmann, direttore della rivista Les Temps Modernes ma soprattutto autore nel 1985 del documentario “Shoah”, sul Monde ha scritto del tentativo di “relativizzare” il genocidio ebraico, denunciando la nuova politica culturale in corso. Lo storico Pierre Nora parla di un tentativo di “addomesticarla”. Al posto di Shoah, nei manuali scolastici francesi, verrà ora preferito il generico termine “annientamento”. E gli ebrei vengono posti sullo stesso piano degli zingari. Basta quindi con l’unicità della vicenda ebraica. Una circolare del ministero dell’Educazione nazionale, passata piuttosto inosservata ma pubblicata nel bollettino ufficiale del 7 settembre 2010, insisteva già sulla necessità di sopprimere la parola Shoah dai manuali. Una raccomandazione seguita dagli editori scolastici del nuovo anno 2011. Dominique Borne, importante dirigente del ministero, aveva detto di provare fastidio per l’uso di una “parola straniera”. Shoah. Come si è arrivati a tanto? Oggi i memoriali dell’Olocausto sono disseminati nel paesaggio francese, le scuole lo usano per insegnare la tolleranza, si sfornano film in continuazione sulla guerra e gli ebrei, mai quanto oggi la conoscenza dell’Olocausto è capillare in tutta la Francia e in Europa. Dunque? La chiave di lettura, forse, ce la offre un professore dell’Indiana University, uno storico come Alvin Rosenfeld, autore di un libro recente dal titolo “La fine dell’Olocausto?”. Rosenfeld dice che si sta rischiando seriamente la perdita e la perversione di quanto accadde in un banale kitsch di astrazioni sull’umana brutalità. Non più sterminio del popolo eletto su base genetica e religiosa, ma generica parabola della sofferenza umana. Di relativismo in relativismo si è arrivati a Parigi a sbianchettare la parola intraducibile per eccellenza, opaca, senza sillabe, terrificante: Shoah.
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