Status Quo-2 Stati: 1 a 0
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
Gli analisti più seri, alla domanda su quale sarà il futuro di quella che con troppa fretta è stata chiamata 'primavera araba', si guardano bene dal disegnare scenari che si limitano ad applaudire il capovolgimento dei regimi autoritari/dittatoriali, come se la trasformazione democratica fosse automatica. Il caso dell'Egitto è esemplare. La cacciata di Mubarak ha aperto diverse soluzioni, ma le forze che si sono affermate sulla piazza lasciano poche speranze in un prossimo governo meno autoritario del precedente. I segnali sono tutti negativi, l'avanzata del fondamentalismo islamico non è più nemmeno vista come un'opzione, tanto è presente nei programmi dei partiti politici che sembrano avere la maggioranza dei consensi in vista delle prossime elezioni. Ancora una volta è Israele la cartina di tornasole per capire quale sarà la strada che l'Egitto si appresta a percorrere. L'attacco al confine con il Sinai, che sta mettendo in luce la co-responsabilità dell’esercito egiziano, ha avuto quale seguito una richiesta di scuse che Israele dovrebbe presentare, come se fossero stati gli israeliani ad attaccare, mentre quella di Israele è stata una azione di legittima difesa contro dei terroristi giunti da Gaza, che hanno potuto agire indisturbati anche grazie alla collaborazione di militari con la divisa egiziana di guardia al confine.
Il secondo segnale è arrivato dall'assalto all'ambasciata israeliana al Cairo, un'azione chiaramente pilotata da forze politiche legate ai Fratelli Musulmani, che cerca di spostare l'attenzione interna sulle lotte per il potere a manifestazioni di odio anti-israeliano contro quello che fino a ieri era stato l'alleato, fino a danneggiare la stessa economia egiziana, dopo che il metanodotto che portava il gas a Israele e Giordania è stato chiuso dopo ben cinque attentati. E' in gioco il trattato di pace fra i due paesi, che Begin e Sadat avevano firmato, confermato poi da Mubarak, e che finora aveva garantito una relativa tranquillità nella regione. Resisterà alle tante richieste islamiste che lo vorrebbero cancellare ?
La violenza che ha segnato il tratto caratteristico della ‘primavera araba’ ha convinto ancora di più l’opinione pubblica israeliana che il problema della sicurezza non sarà risolto da un voto dell’Onu, una istituzione da sempre sbilanciata e ostile a Israele. Anche se la richiesta di essere riconosciuto quale stato indipendente fosse approvata dall’Assemblea Generale, uno stato palestinese accanto a Israele, non dà oggi alcuna garanzia, potendosi trasformare in una nuova Gaza, governato, come è successo nella Striscia, da una entità terrorista. Il West Bank non è Gaza, le dimensioni e la vicinanza rendono per ora impossibile la scelta dell’opzione “Due popoli due stati”, almeno dopo l’esperienza di Hamas a Gaza.
Di fronte a questi segnali preoccupanti, quella che finora si autodefiniva in Israele sinistra pacifista, invece di prendere atto che è praticamente impossibile discutere di pace con chi vuole fare la guerra, e lo afferma chiaramente, è tornata a "raccomandare calma, essere concilianti e moderati il più possibile. E questo va fatto nella speranza che le fiamme non si propaghino, che le masse arabe capiscano che la pace è l' elemento chiave dell'eguaglianza, libertà e democrazia", così terminava l'editoriale di Haaretz di ieri l'altro, e sarebbe stato perfetto se avesse chiuso con un 'amen'. Le piazze arabe si stanno dimostrando, purtroppo, incapaci di altro se non il rovesciamento violento del dittatore in carica, lasciando pesanti dubbi su chi arriverà a succedergli. Invece di uguaglianza,libertà e democrazia, è la lotta tribale che sta avendo il sopravvento sulle speranze di coloro che avevano creduto che gli strumenti per conquistarle fossero contenuti in internet, pronti ad essere usati.
Israele si sta muovendo in modo pragmatico, sia davanti alle richieste di cambiamenti economici interni, in un clima di grande mutuo rispetto fra le parti, sia in campo internazionale, come ha dimostrato la conduzione della Flotilla n°2.
Fintanto che non si formerà una leadership palestinese autorevole e stabile, in grado di neutralizzare le componenti estremiste, ovvero il contrario dell’accordo Hamas-Anp, sarà lo status quo a contraddistinguere la politica israeliana nei prossimi mesi, e forse anche negli anni prossimi venturi.